Come ottenere il rigetto della richiesta di alimenti post separazione grazie a Facebook
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Il Tribunale è quello di Santa Maria Capua Vetere, la data quella del 13 giugno 2013.
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Il fatto: I giudici della prima sezione civile attraverso un decreto hanno negato “gli alimenti” ad una donna che li aveva richiesti dopo la perdita del posto di lavoro, nonostante in precedenza e cioè in sede di separazione consensuale dal marito, vi avesse rinunciato.
Il marito si difende da tale imprevista richiesta di alimenti grazie a Facebook, producendo in giudizio fotografie prelevate dal profilo.
La donna aveva infatti pubblicato in diverse occasioni immagini che la ritraevano con il nuovo compagno, convivente, un professionista del suo stesso territorio. Foto che rappresentavano non solo l’unione della coppia ma anche uno stile di vita che rappresentava un certo benessere.
I Giudici hanno ammesso le prove, chiarendo che le fotografie e le informazioni pubblicate sul profilo personale del social network “Facebook” sono utilizzabili come prove documentali nei giudizi di separazione e che a differenza delle informazioni contenute nei messaggi scambiati utilizzando il servizio di messaggistica (o di chat) fornito dal social network, che vanno assimilate a forme di corrispondenza privata, e come tali devono ricevere la massima tutela sotto il profilo della loro divulgazione, quelle pubblicate sul proprio profilo personale, proprio in quanto già dì per sé destinate ad essere conosciute da soggetti terzi, sebbene rientranti nell’ambito della cerchia delle c.d. “amicizie” del social network, non possono ritenersi assistite da tale protezione, dovendo, al contrario, essere considerate alla stregua di informazioni conoscibili da terzi.
Si ricorda che questa stessa considerazione si rileva dalle dichiarazioni e/o decisione del Garante per la Protezione dei dati Personali italiano dove dice che anche quando si tratti di un profilo di tipo chiuso ma con informazioni visibili non solo agli amici, ma anche agli amici degli amici, ciò debba considerarsi comunicazione ad una quantità indeterminata di soggetti e come tale da considerarsi “diffusione” e quindi utilizzabili in giudizio. (Relazione Garante 2010 sull’accesso del datore di lavoro sul profilo del dipendente licenziato per diffusione di segreto aziendale).
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