Cartelle esattoriali 2026 con discarico automatico come funziona e cosa cambia per i contribuenti italiani

Come funziona il discarico automatico delle cartelle esattoriali
Dal 1° gennaio 2026, il meccanismo di discarico delle cartelle esattoriali subirà una trasformazione significativa, passando da un processo manuale e discrezionale a uno automatico, vincolato al superamento di un quinquennio di tentativi di riscossione infruttuosi. Ciò significa che, se l’Agenzia delle Entrate-Riscossione non riesce a incassare un credito entro cinque anni dalla presa in carico, la cartella verrà automaticamente restituita all’ente originario che l’ha emessa, come Regione o Comune, per una possibile nuova fase di recupero. Questo sistema mira a snellire la gestione del magazzino crediti e a rendere più trasparente la situazione dei debiti inesigibili.
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Fino al 31 dicembre 2025, infatti, l’accesso al discarico richiedeva una complessa procedura amministrativa con valutazioni soggettive, comportando lunghe attese e iter burocratici. Dal 2026, invece, la nuova norma stabilisce una prassi automatica: non sarà più necessaria alcuna istanza per ottenere il discarico. La cartella esattoriale dichiarata inesigibile dopo cinque anni sarà semplicemente “scaricata” dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione e rimandata all’ente creditore.
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In pratica, il sistema prevede che la riscossione continua solo per un periodo limitato e che, trascorso questo termine, la responsabilità di ulteriori azioni di recupero torni all’ente originario. Importante sottolineare che non si tratta di una cancellazione automatica del debito, ma di una modifica nella gestione della riscossione, con una immissione di responsabilità più diretta negli enti locali o statali.
L’ultima opportunità per gli enti creditori
Una volta trascorsi i cinque anni dall’affidamento senza esito positivo, l’ente creditore riceve nuovamente la cartella esattoriale e diventa direttamente responsabile delle ulteriori azioni per il recupero del credito. Questa fase rappresenta l’ultimo tentativo utile per riscuotere il debito, che potrà essere perseguito con metodi diversi rispetto a quelli adottati dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione.
Gli enti, siano essi Regioni, Comuni o altri soggetti pubblici, hanno a disposizione una serie di strumenti coercitivi per incassare le somme dovute. Tra questi figurano il fermo amministrativo sull’automobile, il pignoramento di beni mobili o immobili, nonché il prelievo forzoso su stipendi, pensioni e conti correnti bancari del debitore.
Questo passaggio evidenzia che, anche dopo il discarico automatico, il debito non si estingue automaticamente, ma passa in gestione diretta al creditore, il quale può decidere se proseguire con le azioni di riscossione oppure, in alternativa, dichiarare il credito inesigibile e procedere all’archiviazione. Nella maggior parte dei casi, data la necessità degli enti di mantenere i propri equilibri finanziari, la scelta tenderà a essere il tentativo attivo di riscossione.
Si tratta dunque di un sistema che non alleggerisce il debito reale del contribuente, ma sposta il peso gestionale e operativo del recupero su chi detiene il credito, con un possibile ricorso a soggetti privati specializzati nella riscossione. Pertanto, la tutela del credito pubblico resta prevalente rispetto alla semplificazione procedurale.
Crediti inesigibili e impatto sul sistema di riscossione
I crediti inesigibili rappresentano una quota consistente e complessa nel sistema della riscossione fiscale italiana, incidendo profondamente sulla gestione e sull’efficacia degli strumenti di recupero. Si definiscono inesigibili quei debiti tributari e contributivi che, dopo ripetuti tentativi di riscossione – in particolare il quinquennio previsto per il discarico automatico – risultano impossibili da incassare per mancanza di mezzi del debitore, irreperibilità o condizioni oggettive di difficoltà economica.
Questi crediti includono, ad esempio, posizioni di soggetti nullatenenti, contribuenti deceduti senza eredi, o casi nei quali il debito è troppo esiguo per giustificare i costi della riscossione. L’accumulo di tali posizioni ha generato un “magazzino crediti” di proporzioni enormi: secondo i dati più recenti, il valore residuo dei carichi affidati dall’anno 2000 al 2024 raggiunge circa 1.273 miliardi di euro, di cui quasi la metà sono ormai classificati come persi o inesigibili.
Oltre 290 milioni di crediti ancora devono essere gestiti, distribuiti in circa 173 milioni di atti, con un coinvolgimento diretto di circa 21,8 milioni di contribuenti. Tuttavia, la parte effettivamente aggredibile – ossia recuperabile – si aggira intorno ai 568 miliardi, a cui si aggiungono 167 miliardi di crediti con profilo di riscossione incerto.
Il sistema del discarico automatico si pone come strumento funzionale a ridurre il peso amministrativo legato alla gestione di queste posizioni, liberando risorse per concentrare l’attività sul recupero di crediti più concreti e sostenibili. Resta evidente, però, che la loro presenza condiziona la capacità dello Stato di incassare e ridurre il debito complessivo, alimentando un circolo vizioso di inefficienza e costi elevati.
Affrontare la problematica dei crediti inesigibili è fondamentale per migliorare la qualità del sistema della riscossione e per garantire un equilibrio più efficace tra tutela delle finanze pubbliche e sostenibilità per i contribuenti.