Cambiare il numero di cellulare, era già tutto previsto.
Modena, 2 novembre 2014
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Cara Cinzia,
ti scrivo in un giorno luttuoso, che mai fu più adatto a vivere una giornata tremenda, che in futuro abbinerò, ricordando ed onorando i miei affetti perduti, alla mia morte interiore.
Tutto è cominciato come sempre, con io che entro in cucina e trovo già la stuoia all’americana stesa sul tavolo dal mio lato, con la tasca ricamata con la ‘T’ gonfia del tovagliolo, la tazza posata in centro con dentro la fetta tonda di limone odoroso, e la linguetta della bustina del mio tè preferito che ciondola come sempre dal lato sinistro, mentre il manico leggermente arricciato è rigorosamente a destra, infine cinque ciambelle di pasta frolla, che sono i miei biscotti preferiti, posti sul piattino da un lato, ed il bollitore riempito d’acqua e pronto per essere acceso.
Ti sembrerà una descrizione maniacale, ma mio marito Anselmo, per sedici anni mi ha fatto trovare al risveglio, la colazione così preparata; i pochi giorni in cui non ha potuto per cause di forza maggiore, cioè per la febbre che lo teneva a letto, quasi se ne disperava più dell’influenza che lo imprigionava tra le lenzuola, come non dandosi pace per una mancanza di accudimento di cui non era ovviamente colpevole, ma che mi avrebbe creato il piccolo disagio di provvedere da sola a quel rito.
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Insomma Anselmo, è stato il marito perfetto, adorava cucinare quanto io lo detestavo, mentre mi prodigavo ad onorare i suoi succulenti piatti, devo dire dandogli parecchia soddisfazione della sua perizia tra i fornelli. Questo permetteva pure di intrattenerci in cene gradevolissime con coppie di amici, con cui scambiavamo gli inviti, in cui io, quando toccava a noi aprire casa e ricevere, mi limitavo ad apparecchiare la tavola ed aprire la porta d’ingresso, mentre lui gestiva l’accoglienza corposa del desco da imbandire, riscuotendo per la sua attività di vivandiere sincero successo e complimenti unanimi.
Una coppia tranquilla, con uno scorrere di vita per nulla clamoroso, il viaggio ogni estate oltre cortina, le frequentazioni fidate, finché proprio quella famosa mattina che doveva essere precisa a tutte le precedenti, esplode una bomba in cucina.
No, no, tranquilla! Non è esploso il boiler e nessun incidente domestico ha danneggiato nulla, in verità qualcosa è esploso, il mio cuore, allo sguardo di Anselmo ed alla successiva frase ‘ti devo parlare’.
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Tante volte mi era stato raccontato della famosa confessione che precede un addio, eppure non avrei mai creduto né che toccasse un giorno a me, né che potessi provare quel dolore pazzesco, come se un pugno ben assestato nello stomaco mi facesse piegare le ginocchia e precipitare a terra.
Accendo il fuoco sotto il bollitore comprato durante una stupenda vacanza in Irlanda, ed Anselmo inizia a parlare nel suo solito modo lieve, mettendosi ogni tanto le mani tra i capelli, con quel fare che ho visto milioni di volte, ma è la prima volta che pronuncia frasi di quel tipo.
Mi lascia, non vuole più stare con me. Mi accusa di essere stufo di farmi da badante, che sono pigra e capricciosa, e altre amenità su questa linea d’onda.
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Io ascolto impietrita, con il boiler che soffia e dovrei girare la manopola del gas, oppure tirarlo via dal fuoco, certo penso che devo farlo, ma non ci riesco, perché sono impietrita.
Anselmo mentre mi sta cuocendo a fiamma alta, si avvicina e spegne la fiamma vera, mi viene in soccorso incurante che mi sta mandando al reparto cardiologia dell’ospedale più vicino casa, perché le fitte che sento sono così forti e serrate, che penso sia prossimo un infarto.
Invece non avviene, cara Cinzia, perché non si muore d’amore anche se ne agonizziamo e sembriamo pronte al ricovero. Anselmo continua a parlare, ritorna dov’era prima di chiudere il fuoco, davanti a me, e termina con l’accusa più atroce ‘non mi hai dato un figlio. Sono ancora in tempo ad essere padre’.
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Qui la mia apatia, ha un sussulto, mi sblocco di botto e gli urlo ‘bastardo! Il figlio non lo hai voluto neppure tu. Era un reciproco accordo già da fidanzati, tacitamente continuato nel matrimonio. E mai te ne sei lamentato’!
Ora, però, lo aggiunge all’inveire che aiuta a sciogliere il laccio e andare via.
Inutile dire che ha negato vi fosse un’altra ed è superfluo aggiungere che con un’altra l’hanno visto a tempo di record, ed in un ristorante molto frequentato, appena due giorni dopo.
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Pensa, mi ha lasciato il suo adorato cane, da cui mai si separava, tranne che nei nostri viaggi, in cui lo pensava e nominava quotidianamente. Immagina il suo senso paterno, se con poca grazia non ha più visto una bestiola adorata!
Non ho da chiedere consigli, o meglio, forse la tenue speranza che tu scriva che magari è stato un colpo di testa, ed Anselmo rincaserà, anche se lo dubito fortemente visto che ha cambiato pure numero di cellulare!
Un abbraccio da Tiziana, che ha imparato a prepararsi la colazione e vive da abbandonata infelice.
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Milano, 4 novembre 2014
Cara Tiziana,
pur essendo vaccinata al dispiacere che leggo dalle vostre lettere, per il ruolo istituzionale di dare un parere che sia il più possibile efficace e lucido, non posso come sempre esimermi dal provare amarezza nel constatare come l’abbandono colga di sorpresa, e dunque mai preparati a gestirlo.
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Tu e Anselmo siete una coppia da manuale, dove l’anonimato e la normalità coniugano due coniugi che sono il dritto e il rovescio: insomma perfetti per stare insieme.
Molto spazio dedichi nel tuo racconto al suo gestire la cucina, compito un tempo assolutamente muliebre, e oggi sempre più di dominio maschile.
Descrivi con un’accuratezza maniacale la perfezione identica giorno dopo giorno, fino a quel sedicesimo anno di nozze, con cui lui appronta la colazione: mi sorprende tutto, dal particolare del manico della tazza a favore della tua presa, alle cinque, e non una di troppo, ciambelline, alla tonda fetta di limone che giace sul fondo.
Anselmo ti ama così: accudendoti.
Peccato che un bel giorno, come l’avesse previsto, si dilegua, e cambia pure il numero di cellulare.
Peccato che in quel giorno molesto dell’abbandono, diventi tu quella molesta alla sua vita; sei pigra, perché lui è costretto a farti la colazione e a cucinare per te e i vostri ospiti.
Peccato che è lui che lo vuole e occupa con gioia quello spazio, mentre tu apparecchi la tavola e fai la padrona di casa.
Perché? Perché sicuramente sai farlo meglio del marito che è nell’essere vivandiere che si realizza, scodinzolando come un cagnolino di fronte ai complimenti che tu continuamente gli tributi gratificandolo, e che naturalmente nemmeno i vostri ospiti, quando ricevete, gli lesinano.
Trovo inoltre osceno rinfacciare una mancata paternità come un reato, quando l’avete discusso d’amore e d’accordo, addirittura dai tempi del fidanzamento.
Tant’è vero che questo proponimento è scivolato placido e senza intoppi, fino a quella ferale mattina.
E a proposito di cane, mi domando e ti domando quale amore poteva riporre e continuare ad avere un uomo dopo la separazione nei confronti di un pargolo, se lascia il proprio cane a te anche se non è il tuo, e c’è una bella differenza.
E non lo vede più. Perché?
Perché ha tagliato un cordone che non vuole ricucire, ed è talmente convinto di questo, che alla più ovvia delle domande rivolta da chi è abbandonato ‘hai un’altra’ nega risolutamente, salvo poi, passate appena quarantotto ore, esibire il motivo della fuga in un ristorante ben frequentato e dove avrà la certezza ti verrà riferito.
Stai certa, mia Tiziana, che la nuova compagna non sarà lui che la nutrirà, anzi mi aspetto l’esatto contrario.
Credo che Anselmo abbia voglia di ruoli ribaltati, di essere coccolato e disimpegnato, ed è in questo quadro che il Fido quadrupede è stato abbandonato insieme a te al suo destino.
Poco male: in questa triste storia, da amante degli animali, saperti con un muso affettuoso e uno sguardo dolce che si posa su te al mattino, nei tuoi risvegli solitari, mi aggrada perché allevia ed allevierà la tua solitudine temporanea.
Scrivo temporanea perché sarà il tempo ad aggiustare tutto, e che tu abbia trovato un nuovo amore o meno, so per certo starai meglio di adesso.
Non cercavi un consiglio, ma uno sfogo, comunque chiudo con uno sempre valido.
Se Anselmo busserà alla porta per rientrare, ascolta se il cuore farà un capitombolo.
Se accade, fallo accomodare senza troppi perché.
Se invece resta normale, chiudi piano la porta, magari con un sorriso.
Un forte abbraccio dalla scrittora.
tacco e stacco: alla prossima!|
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