Il cacciatore di giganti, la recensione in anteprima del fantasy targato Bryan Singer con Nicholas Hoult
La moda di riadattare per lo schermo fiabe per bambini in chiave action-fantasy sembra non avere più fine in quel di Hollywood. Così dopo la Biancaneve di Tarsem Singh e quella di Rupert Sanders con Kristen Stewart, passando per l’imminente Hansel & Gretel – Cacciatori di Streghe, con Il cacciatore di giganti, nelle sale dal 28 marzo, abbiamo avuto un’ulteriore conferma: la favole non sono più destinate solo ai più piccoli. Anzi. Mostri, giganti, creature strane e orrorifiche rendono l’ottavo lungometraggio di Bryan Singer un prodotto la cui principale pecca consiste forse nel non sapere bene su quale fascia di pubblico poter contare. Con un budget che ha sfiorato i duecento milioni di dollari, a fronte di un incasso negli States che è arrivato a malapena a sessanta in un mese (lì la pellicola è uscita il primo marzo) e bollato con un rating PG 13 (minori di tredici anni, accompagnati dai genitori) Il cacciatore di giganti si è ritrovato mutilo di una buona parte di potenziali spattatori, i giovanissimi amanti del fantasy, troppo grandi per accontentarsi della versione della storia contenuta in Bongo e i tre avventurieri della Disney (film del 1949 a episodi, uno dei quali era Topolino e il fagiolo magico) e troppo piccoli per subire la visione imponente degli orridi giganti che si muovono in una sceneggiatura che non lesina in quanto a violenza.
Cinque anni dopo aver diretto Operazione Valchiria, Bryan Singer (I soliti sospetti, X-Men) torna dietro la macchina da presa con una storia che unisce due note fiabe, Jack e la Pianta di Fagioli, il racconto popolare inglese, e Jack l’Ammazzagiganti di Orwell Hampton. Tutto ha inizio quando un giovane e orfano agricoltore, apre involontariamente una porta tra il nostro mondo e quello di una spaventosa razza di giganti. Liberi di vagare sulla Terra per la prima volta da centinaia di anni, queste orrende creature reclamano i territori un tempo perduti, costringendo il giovane Jack (Nicholas Hoult), a prendere parte ad una feroce battaglia per fermarli. Lottando per un regno, per i suoi abitanti e per conquistare l’amore di una principessa coraggiosa, Isabelle (la delicata Eleanor Tomlinson), Jack si ritroverà faccia a faccia con questi inarrestabili guerrieri che credeva esistessero solo nelle leggende che, anni prima, gli leggeva suo padre.
Un progetto decisamente imponente, come le enormi creature che lo caratterizzano, che rielabora i contenuti delle fiabe a cui si ispira arricchendole di crudezza e pragmatismo. Merito anche degli effetti visivi curati dalla Digital Domain, la società fondata da James Cameron, e del 3D nativo (il film è stato interamente girato con le RED Epic, le videocamere utilizzate anche da Peter Jackson ne Lo Hobbit, che consentono riprese stereoscopiche con risoluzione a 5k fino a 120, fps). Ma anche dei luoghi epici in cui Singer ha avuto accesso per girare, tra cui Hampton Court, la reggia di Enrico VIII appena fuori Londra e la Cattedrale di Norwich, nel Norfolk.
Persino i giganti risultano piuttosto credibili grazie all’animazione in motion capture (tecnica che ha avuto come apripista l’ Andy Serkis/Gollum nella trilogia de Il Signore degli anelli). Spesso anche più del giovane protagonista, il bambino cresciuto che in About a Boy recitava al fianco di Hugh Grant, Nicholas Hoult, nuovo idolo delle adolescenti. Con lui Eleanor Tomlinson che abbiamo visto di recente in Educazione siberiana di Gabriele Salvatores e gli strepitosi comprimari Stanley Tucci, al suo ennesimo e riuscito travestimento, ed Ewan McGregor, assolutamente in parte nei panni del guerriero coraggioso e navigato a capo dell’esercito reale. Qualche semplicismo di troppo nella storia e lo scarso approfondimento dei personaggi a volte lasciano precipitare Il cacciatore di giganti verso il basso, ma nel complesso l’ennesima fatica di Bryan Singer risulta godibile e capace di intrattenere.