Bumble: app di incontri dove le donne comandano
Il corteggiamento amoroso è sempre più virtuale, richiedendo di conseguenza non solo un manuale di nuove maniere, ma anche apposite applicazioni e piattaforme online come le app di incontri.
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La 25enne Whitney Wolfe nel 2012 è stata una delle fondatrici di Tinder, l’application per incontri più famosa al mondo; nel 2014 si è divisa dal team dopo una discussa causa per molestie sessuali e discriminazioni avviata contro la società azionista IAC – che ha visto coinvolti l’allora CEO Sean Rad e il responsabile marketing Justin Mateen – e nel dicembre 2014 ha deciso di fondare Bumble, un’app ispirata a Tinder ma a sostegno del mondo femminile.
Il meccanismo di selezione è lo stesso: gli iscritti cercano il partner scorrendo una serie di fotografie proposte in base alla geolocalizzazione e solo in caso di gradimento reciproco possono avviare una conversazione in chat.
Su Bumble, però il primo passo, ovvero il primo messaggio, lo possono scrivere solo le donne. E per farlo hanno a disposizione un tempo massimo di 24 ore dopo il quale la connessione tra i due “matchati” scompare.
Agli uomini la possibilità di estendere un match al giorno per altre 24 ore. Nei primi sei mesi di vita la start-up ha messo in contatto oltre 20 milioni di persone – Tinder ne collega 26 milioni al giorno – e in Italia l’app è già stata scaricata da circa 10mila utenti.
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L’obiettivo di Bumble è quello di aiutare gli iscritti a creare rapporti più sicuri, decentralizzando l’uomo dal gioco della conoscenza – si abbassa l’ansia del rifiuto e la pressione della performance -, spingendo la donna a prendere il controllo dell’azione fino a sentirsi più sicura.
Molte tuttavia sono state però le critiche alla creatura di Whitney Wolfe, e tante anche da parte del pubblico femminile che, si sa, è sempre così difficile da accontentare.
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