Il blocco del sito web effettuato dal provider ospitante, nuova giurisprudenza da Cruz Villalon contro la pirateria e la pedofilia in arrivo in Europa?
Non si tratta di un parere vincolante, ma ci sono pochi dubbi sul fatto che avrà il suo peso nelle prossime decisioni dell’UE: Pedro Cruz Villalon, illustre giurista, docente universitario di diritto e Avvocato Generale della Corte di Giustizia Europea, interpellato in merito dai giudici austriaci, ribalta la sentenza UE del 2011 secondo cui le autorità giudiziarie degli Stati membri non hanno il potere di obbligare gli internet provider a bloccare i download illegali.
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Di conseguenza, secondo Cruz Villalon, chiunque non ottemperasse alla richiesta dell’autorità giudiziaria sarebbe perseguibile di complicità nel reato di violazione del copyright.
Il chiarimento dell’Avvocato Generale si pone dunque nel solco delle pronunce di alcuni giudici italiani che avevano ordinato di oscurare un gruppo di siti (rendendone impossibile l’accesso) attraverso cui era possibile scaricare materiale protetto dal copyright senza il consenso dell’avente diritto. Il che risulta peraltro in linea con quanto previsto dal diritto europeo: a protezione della proprietà intellettuale, gli Stati membri devono consentire agli interessati la facoltà di richiedere l’inibizione al traffico telematico dei siti web se esso viene sfruttato da terze parti per aggirare il diritto d’autore.
In caso di pronuncia favorevole al richiedente, e solo in quel caso, il provider deve attenervisi, il che porta a due conclusioni: la prima è che il provider venga considerato, a tale scopo, un intermediario nella fornitura di beni e servizi, e la seconda è che esso non possa agire autonomamente, e cioè in assenza di un provvedimento ingiuntivo.
Sebbene venga dipinto come un equilibrato bilanciamento di esigenze opposte ma protette entrambe da diritti fondamentali, il parere di Cruz Villalon è destinato ad essere criticato, osteggiato e aggirato in tutti i modi possibili, in quanto accusato di porsi dalla parte del copyright e contro la libertà d’impresa dei provider e della libertà d’informazione e d’espressione degli utenti del web.
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Tuttavia, c’è da precisare la ribadita incompatibilità coi diritti fondamentali di una restrizione generalizzata e aprioristica all’accesso a siti che infrangano il diritto d’autore: ciò pone il provider al riparo da conseguenze penali laddove dimostri di aver adottato tutte le misure ragionevolmente adeguate ad evitare quella violazione.
In sostanza, il discrimine è dato dalla connessione tra l’attività del provider e quella degli operatori del sito web che infrange il copyright: in assenza di tale connessione, il primo non può essere considerato complice dei secondi.
Infine, l’oscuramento è in se una misura aggirabile in modo relativamente semplice, quindi è compito del giudice valutare caso per caso quali provvedimenti adottare. Il tutto in attesa di una sentenza che dia finalmente un’indicazione giurisprudenziale netta.
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