Anna Laura Millacci su Facebook denuncia il compagno Di Cataldo. Foto shock di un episodio di violenza controverso e raccapricciante
Non è la prima volta e temo non sarà l’ultima, che i social network diventano teatro di immagini violente, a testimoniare rapporti sentimentali e vissuti difficili, che implicano pesanti risvolti giuridici e responsabilità di ordine penale.
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Penso per esempio alla turbolenta relazione sentimentale tra i due cantanti Rhianna e Chris Brown, alle loro liti frequenti, che hanno spesso trovato spazio su Twitter e al volto tumefatto e irriconoscibile della cantante barbadiana, apparso tempo fa sui social media.
Da ieri sera circolano sui social network e poi sono state riprese con ampia eco da tutti i media online e offine immagini di Anna Laura Millacci, artista visual e compagna da 13 anni di Massimo Di Cataldo cantante di musica pop, che aveva raggiunto la notorietà negli anni 90.
Le immagini, che secondo quanto affermato dalla stessa vittima testimoniano una violenza raccapricciante subita dalla Millaci venti giorni fa da parte del compagno Massimo di Cataldo, sono più che inquietanti ed esprimono una violenza devastante che, sempre secondo quanto affermato dalla Millacci, le avrebbe causato anche un aborto.
La violenza denunciata pubblicamente dalla Millacci sul proprio profilo Facebook risalirebbe e venti giorni fa.
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Massimo Di Cataldo a sua volta ha risposto sempre attraverso il social network negando la violenza che gli viene attribuita e dichiarandosi incredulo davanti agli atti e alle affermazioni pubbliche della compagna. Di Cataldo aggiunge di voler tutelare in tutte le sedi, facendo quindi presumere azioni legali, la propria figura di uomo e personaggio pubblico.
Questi in sintesi i fatti, così come si sono svolti pubblicamente e come da ieri sera stanno infiammando i social network.
Non mi addentro ulteriormente in quanto accaduto, perché la vicenda avrà presumibilmente un seguito di natura processuale come fanno intendere gli stessi protagonisti e le indagini che sta svolgendo la polizia dopo la diffusione delle immagini a mezzo del social network.
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Vorrei invece fare qualche considerazione in merito a quanto, anche davanti a vicende dolorose come queste, risulti sempre più evidente, che la nostra vita personale e professionale, privata e pubblica non sarà mai più la stessa dopo l’introduzione dei social network, che giorno dopo giorno stanno cambiando le nostre abitudini sociali e quelle norme non scritte, ma convenzionalmente accettate da tutti, che regolano i rapporti umani in ogni ambito e che sono state fino ai nostri giorni il fondamento della nostra società.
Abbiamo sempre ritenuto che l’autorità di pubblica sicurezza fosse l’ente deputato a ricevere la denuncia di atti violenti, di soprusi, o torti subiti e che in ogni caso ogni atto di natura penale, o civile contra legem dovesse necessariamente essere discusso e giudicato nelle aule dei tribunali.
Questa regola non scritta, che da millenni è stata convenzionalmente accettata da tutti e che è alla base della nascita degli ordinamenti giuridici serve a garantire il giudizio di una figura oggettivamente estranea a quanto accaduto, ma serve anche a garantire una possibilità di difesa a ognuno di noi rispetto a fatti di cui potremmo venire accusati.
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Ognuno di noi ha diritto a indagini, a un giusto processo e a una difesa.
Quest’ultimo passaggio, mi sembra che venga sempre più a essere dimenticato in una dinamica sociale come quella innescata dai social network, in cui le nostre vite e le nostre vicende diventano trasparenti e molto più pubbliche di quanto non lo fossero in passato. Mettiamo online tutto, baci, passione, felicità, ruoli e conquiste professionali, ma anche, dolore, rabbia, delusioni, abbandoni, violenza e soprusi subiti. Si finisce prima su Facebook che in una stazione di polizia a denunciare un’aggressione o un danno subito.
Questa trasparenza dilatata in cui ci muoviamo sui social media, consente a tutti di osservare gli altri, come se fossero dentro un gigantesco acquario e sta totalmente cambiando le nostre abitudini e il modo di vivere i legami sentimentali e di amicizia, oltre che quelli legati alle nostre attività professionali ed economiche.
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Sottolineo questa rivoluzione a 360 gradi della nostra società e delle regole sociali, perché ho bene presente che indietro non si torna.
Vero indietro non si ritorna e questo mi fa pensare, che presto cambieranno e in parte sono già cambiate le regole giuridiche e morali, che ci siamo dati fin qui.
A livello personale, mi rimane una sola grande perplessità. Tutta questa trasparenza ci renderà più cinici, abituati a vedere e minimizzare gli episodi di violenza e la loro gravità, o ci renderà esseri umani, uomini e donne più responsabili nel valutare tutte le implicazioni e la responsabilità delle nostre azioni?
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