Michele Comite e la visibilità degli attori con disabilità
Michele Comite, regista di Down, sottolinea con fermezza l’importanza di dare visibilità agli spettacoli che includono attori con disabilità nel circuito canonico delle stagioni teatrali. Secondo il regista, una maggiore esposizione di queste rappresentazioni può contribuire a un cambiamento significativo nella società. Comite afferma: «Se si desse visibilità agli spettacoli con attori con disabilità nel circuito canonico di una stagione teatrale, anche la società cambierebbe». Questa affermazione mette in evidenza il potere del teatro come strumento di inclusione e consapevolezza sociale.
Il suo lavoro con il Collettivo Clochart mira a sfidare le convenzioni e a mostrare il potenziale artistico degli attori con disabilità, rompendo il pregiudizio che spesso circonda questi talenti. L’inclusione nel palcoscenico non è solo una questione di rappresentanza, ma piuttosto un passo fondamentale per la normalizzazione della diversità all’interno delle espressioni artistiche.
Comite racconta che l’incontro con Giorgia Benassi, una delle protagoniste dello spettacolo Down, è nato da un’incredibile sinergia umana e professionale. La scelta di lavorare con attori con disabilità è vista come un’opportunità preziosa, non solo per loro, ma per l’intero pubblico, che può beneficiare di storie autentiche e toccanti. La regia di Comite non cerca solo di intrattenere, ma di sensibilizzare e ispirare un cambiamento culturale attraverso l’arte.
Con il suo approccio, Comite si propone di sfuggire al concetto di «diversità» come un’eccezione, trasformandolo in una presenza naturale nel panorama teatrale. È un invito a riflettere su quanto sia fondamentale riconoscere e valorizzare il talento di tutti gli artisti, indipendentemente dalle loro abilità, affinché le loro storie possano essere narrate e comprese.
La nascita dello spettacolo Down
Down è un’opera teatrale che prende vita da una storia ricca di emozioni e sfide, riflettendo l’attesa di una nuova vita nel grembo di Cinzia e le preoccupazioni che scaturiscono dalla scoperta che la loro figlia, Giorgia, nascerà con la sindrome di Down. La visione di Michele Comite, regista e drammaturgo, si è ispirata parzialmente alla vita reale di Giorgia Benassi, protagonista dello spettacolo al fianco di Viviana Pachin, nel ruolo rispettivamente di madre e figlia.
Comite ci racconta di come la sceneggiatura di Down sia emersa attraverso un amalgama di esperienze personali, testimonianze e una profonda ricerca. «La sceneggiatura prende spunto dalla vita di Giorgia, sebbene non corrisponda in tutto e per tutto alla realtà», spiega Comite. Le emozioni e le tensioni rappresentate nel dramma si intrecciano con le esperienze vissute dalla famiglia Benassi, mirando a realizzare un racconto autentico e coinvolgente.
Il regista ha voluto rappresentare una dimensione drammatica in cui i genitori, di fronte all’incertezza, devono affrontare le proprie paure. «Abbiamo deciso di rappresentare un padre che a un certo punto fugge», prosegue Comite, un elemento drammaturgico che, pur essendo frutto di invenzione, riflette situazioni reali comuni a molte famiglie che si trovano ad affrontare la disabilità dei propri figli.
Raccontare la storia di Giorgia attraverso il teatro non è solo un atto artistico, ma anche un modo di dare visibilità a una realtà spesso nascosta e poco compresa. Questo spettacolo offre uno specchio in cui gli spettatori possono vedere le lotte e le conquiste di una persona con disabilità e dei suoi cari, avvicinandoli a una comprensione più profonda delle esperienze umane e delle diverse forme di amore e accettazione.
L’impatto emotivo di Giorgia sul palco
L’esperienza di Giorgia Benassi sul palcoscenico di Down è profonda e complessa, un viaggio che trascende il semplice atto di recitare. Giorgia porta con sé una storia personale che aggiunge un ulteriore strato di autenticità al suo approccio artistico. Michele Comite descrive come Giorgia, pur essendo consapevole delle sue difficoltà, riesca a raccontare la sua vita con serenità, una capacità che affascina il pubblico. «Tutto quello che ci ha raccontato, Giorgia l’ha fatto con la semplicità e la serenità di chi ha già elaborato le proprie difficoltà, le paure, le frustrazioni», spiega Comite, evidenziando la sua maturità emotiva.
Il palcoscenico diventa quindi un luogo di condivisione, dove Giorgia esprime non solo la sua storia, ma anche il coraggio e la resilienza di molte persone con disabilità. La regia e la drammaturgia riescono a trasmettere al pubblico il profondo legame tra arte e vita reale. Comite sottolinea l’importanza di questa rappresentazione: «C’è qualcosa di personale che lei rivive sempre quando è in scena, e credo che questo faccia parte dell’essere umano». La connessione emotiva che Giorgia stabilisce con il pubblico è palpabile e rappresenta un grande atto di generosità, che invita gli spettatori a riflettere sulle loro esperienze e su quelle degli altri.
Ma l’impatto di Down va oltre l’interpretazione individuale di Giorgia. Comite evidenzia come lo spettacolo abbia portato a un riconoscimento più ampio della sua storia, non solo come una narrazione personale, ma come un’esperienza collettiva. «Sicuramente la forza di condividere la sua storia ha dato a Giorgia un forte coraggio, e questo grande atto di generosità il pubblico lo percepisce», afferma il regista. L’abilità di Giorgia di esprimere le sue emozioni sul palcoscenico, unita alla direzione attenta di Comite, ha trasformato Down in un’opera toccante e significativa, capace di toccare profondamente gli spettatori.
La responsabilità sociale del teatro
Il teatro ha un ruolo cruciale nel riflettere e influenzare la società, e Michele Comite è ben consapevole di questa responsabilità. Attraverso il suo lavoro con il Collettivo Clochart, egli sottolinea il potere del palcoscenico di affrontare questioni rilevanti e spesso trascurate. In particolare, la rappresentazione di storie che coinvolgono attori con disabilità diventa non solo un atto artistico, ma un gesto di impegno sociale. Comite afferma: «Noi adulti abbiamo una grande responsabilità nell’insegnare ai bambini a prendersi cura dell’altro non soltanto attraverso le parole ma anche i comportamenti».
Questo impegno si traduce in un invito a superare pregiudizi e stereotipi, creando un confronto diretto con la realtà di persone che vivono con disabilità. L’arte, in questo senso, diventa un veicolo di comprensione, empatia e accettazione, contribuendo a modificare la percezione sociale delle diversità. Comite e il suo team puntano a far emergere l’essenza umana al di là delle limitazioni fisiche o cognitive, tramite performance che sfidano le convenzioni e invitano alla riflessione.
La sensibilizzazione che deriva dalla rappresentazione di storie personali, come quella di Giorgia Benassi, è un passo fondamentale per promuovere una maggiore inclusione. Come sottolinea Comite, «il riconoscimento del talento di tutti gli artisti, indipendentemente dalle loro abilità, è essenziale affinché le loro storie possano essere narrate e comprese». Questa visione non si limita a garantire la presenza di attori con disabilità sul palcoscenico, ma mira a creare un dialogo aperto e onesto tra pubblico e artisti.
Il teatro, quindi, si fa portavoce di una narrazione che incoraggia le società a riflettere sui propri valori e sulle proprie pratiche. Comite crede fermamente che un maggiore accesso e visibilità per gli artisti con disabilità possa catalizzare un cambiamento profondo nella cultura, promuovendo l’inclusività come norma piuttosto che come eccezione.
Verso una nuova produzione: Vibro d’amore
Il futuro del Collettivo Clochart si profila entusiasmante con la nuova produzione intitolata Vibro d’amore, un’opera che si propone di affrontare un tema spesso trascurato: la sessualità. Michele Comite, regista e drammaturgo, affronta questa sfida con la stessa sensibilità e dedizione che ha caratterizzato il suo lavoro su Down. La produzione utilizza il linguaggio del teatro danza per esplorare le molteplici sfaccettature dell’amore e dell’intimità, invitando gli spettatori a riflettere su come queste esperienze possano essere vissute e comprese da persone con disabilità.
«In Vibro d’amore stiamo lavorando con Giorgia per scoprire parti del suo corpo e sensazioni legate alla sessualità», spiega Comite, rivelando un aspetto educativo e di crescita personale nell’azione scenica. Questa nuova produzione non è solo un’opportunità per Giorgia di esplorare nuove dimensioni della sua esistenza, ma rappresenta anche un passo significativo verso la sensibilizzazione del pubblico su un tema che suscita ancora notevoli tabù.
La preparazione per Vibro d’amore implica un lavoro intensivo, sia fisico che emotivo. Comite sottolinea come la crescita di Giorgia, sia come artista che come individuo, stia avvenendo in un contesto di sostegno e rispetto. «Quando siamo in residenza per le prove, Giorgia si trova a dover affrontare situazioni lontane dalla sua zona di comfort, un’opportunità per spronarla ad andare oltre e scoprire nuove capacità», aggiunge il regista. Questo lavoro contribuisce non solo al suo sviluppo artistico, ma anche alla sua autonomia personale, elemento cruciale per la sua crescita.
Da quest’esperienza, emerge un messaggio di empowerment, in cui l’amore e la sessualità non sono temi da nascondere, ma da vivere e celebrare. In una società che spesso stigmatizza le persone con disabilità in contesti intimi, Vibro d’amore si prefigge di rompere tali stereotipi, promuovendo una visione inclusiva e positiva. L’opera si propone di creare punti di incontro, esprimendo l’universalità del desiderio di connessione umana, indipendentemente dalle singole differenze.