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La legge di Moore e quella di Murphy in finanza: chi vince?

  • REDAZIONE TRENDIEST
  • 25 Aprile 2018
gordon moore
gordon moore
Editoriale di Alessandro Pedone sulla legge di Moore e quella di Murphy tratto dal sito di ADUC – 24 aprile 2018
Riportiamo solo alcuni punti significativi di questo interessantissimo articolo pubblicato da ADUC, associazione a tutela dei risparmiatori. L’intero articolo è a questo link

LA CRESCITA DELLA TECNOLOGIA

L’enorme evoluzione avvenuta nel mondo della finanza negli ultimi 50 anni, come in molti altri settori, è stata resa possibile solo grazie ad un altrettanto enorme crescita, esponenziale, della tecnologia.
Uno degli aspetti più problematici della finanza, il mondo dei derivati, si è potuto sviluppare esclusivamente grazie al moltiplicarsi delle capacità computazionali dei calcolatori.
Il primo mercato al mondo nel quale si scambiano le opzioni, una particolare forma di contratti derivati, il CBOE (Chicago Board Option Exchange) fu aperto poco prima che Fischer Black, Myron Scholes, e Robert Merton pubblicassero il loro famosissimo e importantissimo paper, nel 1973, nel quale proposero un modello matematico per determinare il prezzo dei contratti derivati (… segue sull’articolo originale)

Indice dei Contenuti:
  • La legge di Moore e quella di Murphy in finanza: chi vince?
  • LA CRESCITA DELLA TECNOLOGIA
  • Serve una legislazione adattativa


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La legge di Moore


La Legge di Moore, proposta per la prima volta da Gordon Moore (uno dei fondatori di Intel, l’enorme multinazionale dei microprocessori) nel 1965 sosteneva che il numero di transistor che si possono inserire in un singolo chip raddoppia ogni anno (successivamente Moore ha rivisto la “legge” sostenendo che la capacità raddoppiava ogni due anni).
E’ stupefacente come questa presunta “legge” che sembra sfidare ogni “vera” legge della fisica abbia resistito così bene per decine di anni. Ogni volta che sembrava si fosse raggiunto qualche limite fisico invalicabile, qualche scoperta entusiasmante ha aggirato questo limite e la capacità computazionale ha continuato a raddoppiare circa ogni due anni (… segue sull’articolo originale)

La legge di Murphy

L’incredibile velocità con la quale si evolve la tecnologia, sintetizzata dalla legge di Moore, ha un’implicazione sulla quale in genere non riflettiamo abbastanza: la tecnologia viene adottata senza che sia possibile fare una riflessione approfondita sui rischi che questa implica.
Ad esempio, una delle prossime grandi rivoluzioni tecnologiche imminenti, che sperimenteremo nei prossimi 5 anni è l’avvento degli standard di telecomunicazione racchiusi sotto la sigla “5G” o quinta generazione. Non è questa la sede per approfondire questo argomento, ma l’introduzione di una tecnologica in grado di far comunicare così tanto velocemente così tanti utenti contemporaneamente cambierà completamente il modo in cui noi pensiamo alla connessione fra persone e fra oggetti. Sarà un tassello fondamentale verso quel concetto di “infosfera” teorizzato dal filosofo dell’informazione Luciano Floridi. Ovvero una sorta di sfera di accesso ai dati, sempre disponibile in ogni parte della globo, verso la quale saremo sempre più interconnessi e ci affideremo per svolgere i nostri compiti quotidiani così come oggi ci affidiamo alle infrastrutture tecnologiche di base.
In parte è già così. La maggioranza di noi non può immaginare di svolgere il proprio lavoro quotidiano se non avesse un accesso ad internet. In un futuro molto più breve di quello che ci immaginiamo, questo sarà ancora più vero per quasi tutte le nostre attività quotidiane, poiché l’interconnessione sarà non solo fra le persone, ma fra le macchine.
Il problema è che i rischi legati a queste tecnologie non possono essere approfonditamente analizzati perché l’introduzione avviene con una rapidità impressionante. E’ qui che interviene la così detta “Legge di Murphy” la quale “postula” – ironicamente – che “se qualcosa può andare storto, sicuramente lo farà”.
La legge di Murphy nasce nell’industria aerospaziale postbellica all’epoca in cui gli scienziati cercavano il modo di superare la barriera del suono.
Ad oggi (come sostiene il grandissimo Andrew Lo nel paper (2) del quale questo modesto scritto vuole essere solo un tributo e che cerca – indegnamente – di sintetizzare) gli ingegneri finanziari cercano i modi per far muovere i mercati finanziari ad una velocità superiore a quella del pensiero.
C’è però una differenza fondamentale fra le due industrie. Gli ingegneri aerospaziali possono testare le loro scoperte e valutare tutto ciò che “potrebbe andare storto”.
Gli ingegneri finanziari, invece, possono fare test solo sui mercati finanziari passati. Non è possibile testare le innovazioni nei mercati finanziari reali che sono sempre diversi così come il fiume nella famosa metafora di Eraclito.
Da questo punto di vista è impressionante che nei mercati finanziari siano accaduti relativamente poche “catastrofi-tecnologiche”. I mercati finanziari sono molto più resilienti degli aeroplani e l’interesse personale degli operatori tende ad far approfittare dei possibili problemi tecnologici per vantaggi individuali che – nel complesso – riequilibrando il sistema. Talvolta però, i problemi tecnologici generano dei malfunzionamenti sistemici che i comportamenti individuali non riescono più a compensare.
E qui che possono nascere problemi molto più grandi. Un’analisi approfondita dei casi del passato, sembra suggerire che questi problemi tecnologici “sistemici” si stiano verificando con una frequenza in accelerazione. In altre parole, sembra che la legge di Moore stia incrementando i rischi legati alla “Legge di Murphy”.

Brevi esempi

(… vedere l’articolo originale)

Serve una legislazione adattativa

Nel già citato paper dal quale questo articolo è ispirato, il prof. Andrew Lo sottolinea come sia fondamentale che la legislazione nei mercati finanziari sia di tipo adattativa.
In un precedente lavoro, Lo insieme ad altri colleghi, aveva analizzato la legislazione americana alla luce della scienza dell’informazione, considerando le norme giuridiche come “codice” di un software, il software della società. Un punto di vista estremamente interessante che consente anche di avere parametri oggettivi di qualità della legislazione così come ci sono nella qualità del software.
Da questo punto di vista, la legislazione è molto carente. Nel campo finanziario, in particolare, lo è anche perché non è in grado di adattarsi alle condizioni dei mercati che – come abbiamo visto – mutano in modo estremamente rapido.
E’ molto interessante la proposta del professor Lo di istituire un organismo permanente che indaghi sugli incidenti sistemici che avvengono nel mondo finanziario, in modo simile a ciò che avviene negli USA nel mondo dei trasporti con il National Transportation Safety Board (NTSB). Questo ente non ha alcun potere come autorità pubblica, ciò lo rende libero di poter valutare (ed eventualmente criticare) anche l’incidenza che la regolazione stessa ha avuto nello specifico incidente.
Anche nel mondo finanziario avremo bisogno di un gruppo di esperti affidabili ed il più possibile senza interessi che abbia ampi poteri per valutare le cose che sono andate storte in modo che i legislatori possano sempre di più scrivere leggi sulla base delle evidenze e non sulla base delle emozioni loro e dei loro elettori.

Cosa possiamo imparare a livello individuale?

Ho voluto scrivere questo articolo un po’ come “tributo” a quello che considero, fra gli economisti in attività che si occupano di mercati finanziari, quello che ha il pensiero più organico e coerente, con il potenziale più elevato d’impattare positivamente nel cambiamento dei comportamenti degli operatori.
La sua teoria dei mercati adattativi, a modesto avviso di chi scrive, è quella di gran lunga più aderente alla realtà e capace di spiegare molte più cose di quanto non faccia la teoria più utilizzata, quella dei mercati efficienti. E’ anche molto più pratica rispetto alla teoria del prospetto che sta alla base della finanza comportamentale (molto più aderente alla realtà rispetto ai mercati efficienti, ma molto scarsa in termini di strumenti operativi).
A livello individuale, conoscere ed abbracciare la teoria dei mercati adattativi implica, fra le altre cose, avere un approccio più sistematico ai mercati finanziari, non credere, ovviamente, alla favola del bravo gestore che saprebbe fare meglio del mercato, ma neppure alla favola opposta che prevedere di stare con la stessa composizione di portafoglio per tutto l’”orizzonte temporale”, qualsiasi cosa accada. E’ fondamentale avere una strategia operativa che si basi su una filosofia d’investimento il più possibile aderente alla realtà, la quale – come abbiamo visto – tende a mutare molto rapidamente e questo è un dettaglio che non ci possiamo permettere di trascurare.
Alessandro Pedone

(1) Scholes, Myron S. (2006). “Derivatives in a Dynamic Envi- ronment,” In Lim, Terence, Lo, Andrew W., Robert C. Merton, Myron S. Scholes, and Martin B. Haugh. 2006. The Derivatives Sourcebook. Boston: Now Publishers.
(2) MOORE’S LAW VS. MURPHY’S LAW IN THE FINANCIAL SYSTEM: WHO’S WINNING??Andrew W. Lo – ournal Of Investment Management, Vol. 15, No. 1, (2017), pp. 17–38 –


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