I Trade Point Affrontano le sfide globali
INTERVISTA A GAETANO VISALLI. L’intervento dei Trade Point presso gli Stati del mondo
Abbiamo a lungo scritto dei TRADE POINT e della loro storia che li vide nascere per decisione dell’UNCTAD, (Agenzia dell’ONU) con il successivo conferimento del progetto alla World Trade Point Federation.
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Quali sono le sfide globali che l’Agenzia di Milano si troverà ad affrontare?
“La trasformazione globale iniziata nei primi anni novanta dello scorso secolo sta cambiando la fisionomia mondiale dei cittadini, e quindi anche degli Stati del mondo, in modo sempre più rapido e profondo. Il mondo diventa sempre più complesso, fonte di maggiori sfide e anche meno sicuro, nel senso che le decisioni di carattere statistico, organizzativo e politico,
subiscono continue modifiche che non permettono le grandi organizzazioni che la storia ci ha proposto nel corso dei tempi.
Tale trasformazione si manifesta, dunque, a livello globale in cinque elementi:
1. La popolazione invecchia e si arricchisce, il ceto medio si rafforza e al contempo si accentuano le disparità sociali.
2. Il peso economico e il potere politico si spostano verso l’Asia. La sostenuta crescita economica mondiale diventa sempre più vulnerabile alle sfide e alle debolezze del processo di globalizzazione.
3. La rivoluzione tecnologica con le sue applicazioni incide su quasi tutti gli aspetti della società. L’invasione digitale provoca cambiamenti radicali e dirompenti.
4. L’aumento del consumo energetico e i nuovi modelli di produzione rendono sempre più difficile
gestire le scarse risorse.
5. L’interdipendenza fra i Paesi, fatto accertato sulla scena internazionale, non va di pari passo con il potenziamento della governance globale. Ergo l’ordine mondiale diventa più fragile e imprevedibile.”
Quindi cosa potrebbe derivare da tutto ciò?
“Dal mio punto di vista e dalle analisi effettuate a livello internazionale, ma anche dai riscontri avuti dai tavoli di concertazione effettuati con vari governi, si determineranno tre “rivoluzioni” strutturali: economica e tecnologica, sociale e democratica, e infine geopolitica.
Queste tre “rivoluzioni” renderanno la governabilità degli Stati del mondo sempre più complessa e meno sicura.
1) Una rivoluzione economica e tecnologica: la convergenza delle tecnologie e la proliferazione di strumenti disponibili per le masse trasformeranno le economie e le società, offrendo enormi opportunità in termini di produttività, aumento del benessere e partecipazione consapevole e attiva (il cosiddetto «empowerment»). Gli sconvolgimenti sociali, tuttavia, potrebbero determinare anche una ulteriore crescita della disoccupazione, accentuare le disuguaglianze e provocare l’impoverimento del ceto medio nei paesi sviluppati, compresi quelli europei.
2) Una rivoluzione sociale e democratica: a mano a mano che diventano più partecipi e più connesse, le persone saranno più creative, più dinamiche e meno legate allo stesso lavoro per tutta la vita, ma saranno anche più esigenti e più critiche. Un’evoluzione di questo tipo potrebbe consentire ai paesi di svecchiare radicalmente i «contratti sociali» e di inventare nuove forme di governance. Al tempo stesso, tuttavia, diventerà più difficile elaborare contratti collettivi e definire impostazioni comuni avvalendosi di strutture tradizionali come i partiti politici o i sindacati. La tendenza a contestare l’ordine costituito potrebbe rafforzarsi ulteriormente, così come il ricorso a iniziative meno tradizionali e più locali. Saranno sempre più forti le pressioni per una maggiore rendicontabilità e trasparenza nei vari livelli di governance.
3) Una rivoluzione geopolitica: l’inarrestabile ascesa dell’Asia metterà presto fine ai circa due secoli di predominio mondiale da parte del continente europeo e degli Stati Uniti d’America.
Contestualmente all’emergere di altre potenze in Africa e in America latina, il mondo diventerà sempre più multipolare. La globalizzazione proseguirà, ma sarà guidata da nuovi attori con valori diversi. Questo potrebbe portare a nuove forme di contrapposizione tra i principali protagonisti sulla scena mondiale.
Quale potrebbe essere la soluzione?
“E’ necessaria una nuova piattaforma per una crescita economica duratura e sostenibile.
Considerare la crescita un fenomeno ciclico destinato a ripetersi è pericoloso. Gli elevati livelli di debito costituiscono un serio handicap, in Europa e altrove, e i paesi emergenti non potranno fungere necessariamente da forze trainanti dell’economia mondiale. L’obiettivo di un rinascimento mondiale potrà essere garantito in buona parte dall’innovazione, non solo a livello digitale e tecnologico, ma anche a livello sociale e nella definizione e attuazione della governance.
Quindi sarà necessario:
– Mobilitare gli investimenti pubblici e privati per contribuire a rilanciare l’economia mondiale.
Una maggiore convergenza degli investimenti pubblici e privati, anche attingendo al risparmio privato, stimolerebbe la creazione di posti di lavoro e contribuirebbe a sostenere il modello di economia sociale di mercato.
– Creazione di un mercato unico mondiale.
Il mercato unico dei beni e dei servizi è tutt’altro che attuato, soprattutto a causa delle resistenze di gruppi interessati a mantenere lo statusquo. Di fatto, anche nei settori più prossimi al completamento dell’efficientizzazione, come l’industria, occorre un aggiornamento costante che tenga conto degli sviluppi del mercato.
Il divario si sta addirittura allargando nel settore dei servizi, che è quello con il maggiorpotenziale di crescita economica. Occorrono iniziative forti per invertire queste tendenze.
– Rafforzare la governance a livello globale.
Per gestire e ridurre il debito pubblico negli Stati del mondo, così come pure per risanare definitivamente il sistema bancario, occorreranno unità e determinazione a livello politico. Gli obiettivi a breve e medio termine consistono nel coordinare e attuare le grandi riforme economiche negli Stati. Il programma a più lungo termine comprenderà un migliore coordinamento delle politiche fiscali e occupazionali globali per rispondere al rafforzamento della sorveglianza economica e di bilancio, nonché l’eventuale creazione di capacità di finanziamento adeguate con risorse da destinare a qualsiasi stato del mondo,secondo piani e programmi definiti, e da gestire a livello centrale.
– Sviluppo di un vero programma per l’energia e per la e lotta contro i cambiamenti climatici.
Occorre affrontare in modo rapido e globale la questione della frammentazione del mercato dell’energia e della transizione verso le fonti energetiche rinnovabili mediante politiche che mirino a ridurre l’attuale pericolosissima dipendenza da fonti non governate da processi e programmi di stabilità internazionale. Occorre rafforzare la sicurezza dell’approvvigionamento e la riduzione della competitività sulle fonti primarie, con l’obiettivo di ridurre le emissioni in virtù dei rischi associati ai cambiamenti climatici, offrendo alle Nazioni che sono vincolate a determinati processi produttivi “inquinanti”, modelli, finanziamenti ed organizzazione idonee ad affrontare il mercato globale con nuovi
derivati da processi “verdi”.
– Una vera e propria rivoluzione digitale.
I processi di ammodernamento degli Stati devono mettersi al passo con i protagonisti principali del settore per riconquistare almeno in parte pari competenze nell’innovazione tecnica e industriale, specialmente nel settore digitale dell’economia che è in rapida crescita. Sarà di fondamentale importanza mettere gli operatori in condizione di svolgere attività di ricerca di alto livello e di entrare più agevolmente nel mercato. Le persone dovranno adottare nuovi modelli di consumo, di lavoro e di comunicazione.
– Costruire uno spazio Mondiale della ricerca e dell’innovazione.
Attualmente la frammentazione delle attività di ricerca e sviluppo nei settori pubblico e privato conduce a inefficienze, alla mancanza di una massa critica e a una molteplicità di standard per i prodotti. La mobilità degli scienziati tra università e industria, associata a iniziative audaci, sarà probabilmente la soluzione per razionalizzare gli investimenti e massimizzare
l’innovazione.
– Ripensare l’istruzione.
Il rendimento degli investimenti nell’istruzione deve essere nuovamente oggetto di valutazione approfondita in tutto il Mondo. Seppure elevati, gli attuali livelli di spesa non impediscono l’aumento degli squilibri fra offerta e domanda di competenze, l’analfabetismo digitale, l’abbandono scolastico o la mancanza/insufficienza di scuole (in diverse Nazioni del mondo), con la conseguente esclusione di molti lavoratori giovani, o anche più anziani, dal mercato del lavoro. Una formazione linguistica inadeguata frena la mobilità dei lavoratori. In alcuni casi, i vantaggi conseguiti da processi di “formazione nazionale” che permettono al proprio interno un guadagno nelle competenze abilitanti fondamentali, vanno persi rispetto ad altre economie di punta o emergenti che adottano modelli di formazione diversi. Le nuove politiche di istruzione e formazione continua
dovrebbero puntare a un’eccellenza, omogenea a livello mondiale, duratura e a una maggiore partecipazione della forza lavoro.
– Migliorare l’attuazione delle strategie e la responsabilità politica.
Spesso, a causa della maggiore complessità della governance e del proliferare di informazioni, i cittadini perdono di vista i programmi e le promesse annunciati dalle autorità politiche a livello nazionale Internazionale. Ne consegue una mancanza di fiducia che può minacciare la coesione politica e sociale. Occorre definire a tutti i livelli dei metodi inclusivi ed efficienti per tutelare e rafforzare la democrazia senza compromettere i valori e l’equità dei sistemi di governance attuali. L’interazione fra gli Stati del mondo e con i cittadini deve essere oggetto di una riforma radicale, che potrebbe essere incentrata sui seguenti aspetti: definizione più chiara delle priorità, rispetto sistematico della sussidiarietà, trasparenza, sistemi di comunicazione
più chiari e sistemi di governance più moderni, con un maggiore allineamento e una divisione più chiara dei compiti tra le istituzioni”.
Quindi l’Agenzia dei Trade Point che si occupa dello sviluppo e del coordinamento politico, economico e sociale con sede a Milano, come interverrà?
“Dal 2022 verrà avviato il progetto che prevede, sulla base dei dati in possesso, la creazione di una nuova “organizzazione degli Stati” che risponda alla logica del “processo riorganizzativo edinnovativo”. Per cogliere l’innovazione organizzativa il modello sarà avviato con azioni che tenderanno a creare il rapporto dialettico “sistema – attore”: così facendo, dal confronto fra
organizzazione–sistema e attore–azione sarà rilevata la connotazione innovativa del cambiamento che sarà proposto dal progetto a livello globale. A questo punto l’organizzazione di ogni Stato apprenderà un nuovo modello di azione, coordinato e gestito dalla nostra Agenzia, e potrà fare le valutazioni, in primo luogo, con le proprie logiche e politiche interne. Gli Stati rileveranno ed evidenzieranno, a questo punto, sia le proprie carenze che le opportunità di partecipazione ai processi di cui alla domanda precedente, proposti in modo globale. Proprio dalle opportunità, si avrà la modifica dei modelli burocratici (a cui, tra l’altro, tendiamo come coscentizzazione dei processi statali), in modo da permettere l’utilizzo del nostro modello burocratico, la cui forza riposa nella capacità di rendere massima la prevedibilità del comportamento dei soggetti agenti, sì da rendere massimo anche il conseguimento dei fini.
In tal modo, interessi, relazioni, ragioni di scambio, attese di ricompense e miglioramento socioeconomico e culturale, si comporranno in una rappresentazione chiara del singolo contesto statale, inserito in quello globale, che farà da elemento portante per affermare e distinguere una propria identità in relazione a quella degli altri, ma in modo armonico.
Con il nostro modello, l’analisi del cambiamento rinvia ad una modifica nel senso dell’agire degli Stati; li spinge a prendere posizione innanzi alla ricerca del possibile; ad individuare suggerire, proporre alle altre Nazioni, i cento modi in cui è possibile far sì che le proprie opportunità non risultino mortificate, neutralizzate, annullate da effetti più o meno perversi ed inattesi, dal contesto globale”.
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Un vero programma, dunque, da gennaio 2022, per:
• promuovere la stabilità e lo sviluppo in tutto il mondo;
• potenziare il sistema globale promuovendo efficacemente un quadro multilaterale che sia consono al nuovo mondo multipolare pur continuando a basarsi su valori universali;
• approfondire e globalizzare i partenariati strategici esistenti. Tali partenariati promuoveranno l’integrazione economica, ma anche rafforzeranno, con dimensioni di sicurezza, investimenti incrociati e gestione dei flussi umani. Le potenze mondiali emergenti non saranno isolate, ma coinvolte e incoraggiate ad assumere maggiori responsabilità a livello internazionale.
• La riduzione dei conflitti a qualsiasi livello fra Stati.
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