Thierry Breton, il commissario europeo con ambizioni sulle grandi aziende tecnologiche
Profilo di Thierry Breton
Macroniano di ferro, Thierry Breton, 69 anni, incarna la figura del tecnocrate di alto livello capace di muoversi con disinvoltura tra i mondi dell’industria, della politica e della tecnologia. Nato a Parigi nel 1955, figlio di un funzionario del nucleare, si è laureato in ingegneria elettrica e informatica alla prestigiosa Supélec.
Dopo una breve esperienza come insegnante al liceo francese di New York e una parentesi imprenditoriale con la sua startup Forma Systems, ha intrapreso una carriera manageriale che lo ha portato ai vertici di giganti come il gruppo informatico Cgi, France Telecom, Thomson e infine Atos, colosso europeo dei servizi digitali che ha guidato dal 2009 al 2019.
Ma Breton non è solo un uomo d’azienda. Tra il 2005 e il 2007, è stato chiamato dall’allora presidente Jacques Chirac a ricoprire l’incarico di ministro dell’Economia, delle finanze e dell’industria nel governo de Villepin. In questa veste, si è distinto per una politica volta a riformare le finanze pubbliche e ridurre il debito, mantenendo però un occhio attento alla crescita e all’innovazione.
Forte di questo background, è arrivato a Bruxelles nel 2019 come candidato di Emmanuel Macron, assumendo la guida di un super-portafoglio che comprendeva il Mercato interno, l’industria, il digitale, la difesa e lo spazio. La sua carriera è stata caratterizzata da decisioni forti e dirette, nel tentativo di spingere l’Unione Europea verso una maggiore autonomia strategica e una regolamentazione più severa nei confronti dei giganti tecnologici.
Carriera nel settore pubblico e privato
Thierry Breton ha costruito una carriera impressionante tanto nel settore pubblico quanto in quello privato, riflettendo un ampio spettro di competenze e un forte legame con l’innovazione tecnologica. Dopo la sua breve esperienza come insegnante negli Stati Uniti, ha fondato la startup Forma Systems, dove ha potuto mettere in pratica le sue idee imprenditoriali. Tuttavia, il suo ingresso nel mondo della grandi aziende gli ha permesso di lasciare un’impronta significativa.
La sua prolifica carriera manageriale è culminata nel ruolo di CEO di Atos, dove ha guidato il colosso europeo dei servizi digitali per un decennio. In questa posizione, ha gestito importanti trasformazioni aziendali e ha contribuito a posizionare Atos come uno dei leader nel settore della tecnologia informatica a livello europeo.
Breton ha anche ricoperto importanti ruoli governativi. Sotto Jacques Chirac, ha servito come ministro dell’Economia, delle Finanze e dell’Industria, dove ha attuato politiche economiche mirate a ridurre il debito pubblico e stimolare la crescita. Questo periodo è stato cruciale per la sua successiva carriera europea, in quanto ha acquisito una profonda comprensione delle dinamiche economiche e delle sfide del continente.
Nel 2019, la sua nomina a commissario europeo ha segnato una nuova fase della sua carriera. Qui ha potuto combinare la sua esperienza imprenditoriale con le sue competenze politiche per affrontare questioni critiche come la regolamentazione dei giganti tech e l’autonomia strategica dell’Unione Europea. Con una visione chiaramente orientata verso il futuro, ha cercato di garantire che l’Europa non rimanesse indietro in un mondo sempre più digitale e tecnologico.
Iniziative chiave come commissario europeo
Tra le iniziative più importanti portate avanti da Thierry Breton durante il suo mandato come commissario europeo, spiccano il Digital Markets Act e il Digital Services Act, che rappresentano un tentativo audace di regolamentare le attività delle grandi tecnologie. Queste nuove normative intendono limitare il potere monopolistico delle aziende tech, garantendo così una maggiore equità nel mercato digitale europeo. L’obiettivo è quello di promuovere una concorrenza leale e proteggere i diritti dei consumatori, affrontando al contempo le problematiche legate alla privacy e alla sicurezza online.
Un’altra iniziativa fondamentale è il Chips Act, attraverso il quale Breton ha cercato di rilanciare la produzione europea di semiconduttori. Questo è cruciale in un contesto globale caratterizzato da tensioni commerciali e forniture intermittenti. La produzione locale di semiconduttori non solo mira a garantire l’indipendenza tecnologica dell’UE, ma rappresenta anche uno stimolo significativo per l’innovazione e la crescita economica all’interno del continente.
Inoltre, Breton ha spinto per un piano di aumento della produzione di munizioni e armi europee a sostegno dell’Ucraina, sottolineando l’importanza di una difesa europea robusta in un momento di incertezze geopolitiche. Questo piano non solo mira a rafforzare la capacità di difesa europea, ma ha anche un impatto diretto sulle industrie degli armamenti nel continente.
Nonostante i suoi sforzi e le sue ambizioni, il “metodo Breton” – decisionista e, in alcune occasioni, muscolare – ha sollevato qualche critica. Non tutti ai piani alti della Commissione Europea hanno apprezzato il suo approccio diretto, evidenziando le tensioni interne mentre si cercava di bilanciare le esigenze di innovazione e regolamentazione.
Controversie e dimissioni
Le dimissioni di Thierry Breton hanno scosso le fondamenta della Commissione Europea, evidenziando le tensioni politiche che caratterizzano le istituzioni europee. L’ex commissario, noto per il suo stile di leadership assertivo e per le sue posizioni intransigenti sulle politiche tecnologiche, ha deciso di lasciare il suo incarico in un momento cruciale, sollevando interrogativi su dinamiche interne e relazioni tra Stati membri.
Nella lettera di dimissioni pubblicata su X, Breton ha accusato la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, di aver esercitato pressioni sulla Francia per ritirare la sua candidatura, in cambio di un ruolo di maggiore prestigio. Questa accusa ha messo in luce una possibile tensione tra i leader europei, contribuendo a un clima di incertezza e disarmonia nelle politiche dell’Unione.
Le controversie attorno a Breton non sono nuove. Durante il suo mandato, sono emerse critiche sul suo approccio, definito da alcuni decisionista e persino muscolare. Nonostante le sue iniziative siano state generalmente accolte positivamente per la volontà di rafforzare l’autonomia strategica dell’Europa, le modalità con cui ha perseguito i suoi obiettivi hanno creato frizioni con altri membri della Commissione, preoccupati per l’efficacia della cooperazione politica e per le reazioni dei vari Stati membri.
Al momento, il governo francese e la presidente von der Leyen non hanno rilasciato dichiarazioni ufficiali riguardo alle accuse di Breton. La mancanza di un commento chiaro alimenta le speculazioni su un possibile ripensamento delle alleanze politiche all’interno dell’Unione e sulla futura direzione delle politiche tecnologiche in Europa.
Le dimissioni di un protagonista del calibro di Breton segnano dunque non solo la fine di un capitolo, ma anche l’inizio di interrogativi su come l’Europa intende affrontare le sfide sempre più pressanti del mondo tecnologico, porgendo l’attenzione su chi sarà il suo successore e quali politiche seguiranno nella gestione delle relazioni con i big tech.
Futuro delle politiche tecnologiche in Europa
Il futuro delle politiche tecnologiche in Europa si presenta complesso e incerto, soprattutto dopo le dimissioni di Thierry Breton, una figura chiave nel panorama regolamentare europeo. Breton ha imposto un’impronta decisiva nella gestione dei temi legati alle nuove tecnologie, rendendo evidente la necessità di un approccio strategico e coordinato. La sua partenza solleva interrogativi su come l’Unione Europea continuerà a perseguire la sua agenda per la digitalizzazione e la regolamentazione del settore tech.
Le iniziative attuate durante il mandato di Breton, come il Digital Markets Act e il Digital Services Act, rappresentano solo un punto di partenza. Affrontare la crescente influenza delle tecnologie emergenti richiederà un impegno costante da parte dei successivi leader europei. La pressione per garantire una concorrenza equa e proteggere i dati dei cittadini sarà al centro delle discussioni future. Inoltre, l’implementazione efficace di queste normative richiederà coordinamento non solo a livello dell’UE, ma anche tra i diversi Stati membri, ognuno con le proprie leggi e regolamenti.
L’eventuale successore di Breton sarà fondamentale nel plasmare le future politiche europee. Dovrà non solo saper continuare il lavoro avviato, ma anche essere capace di affrontare le nuove sfide, come l’automazione, l’intelligenza artificiale e la cybersicurezza. La crescente interdipendenza tra le economie globali richiederà un approccio proattivo e una cooperazione internazionale, anche con gli attori non europei, per garantire che l’Europa rimanga competitiva in un mondo sempre più digitalizzato.
Inoltre, la questione del sostegno alle industrie hi-tech europee, attraverso iniziative come il Chips Act, sarà cruciale per rafforzare la capacità produttiva dell’Unione e garantire la sua indipendenza economica. La ricerca e l’innovazione dovranno continuare a ricevere attenzione e investimento, per posizionare l’Europa come leader nella tecnologia del futuro e nell’industria digitale.
Non va dimenticata la necessità di formazione e aggiornamento delle competenze tecnologiche nei cittadini europei. Garantire che la forza lavoro sia preparata per le sfide del futuro sarà un aspetto determinante per il successo delle politiche tecnologiche in Europa e per la creazione di un ambiente favorevole all’innovazione.