Telegram e bot: la nuova tendenza per spogliare foto di donne online
PRESA DI POSIZIONE UFFICIALE DI TELEGRAM MESSENGER DEL 17/10/2024
Riceviamo da Remi Vaughn addetto stampa di Telegram Press la seguente precisazione che ripubblichiamo integralmente:
Tutti i bot di pornografia deepfake e i canali associati segnalati a Telegram sono stati rimossi.
Sebbene i moderatori rimuovano già milioni di contenuti dannosi ogni giorno, la moderazione è l’obiettivo principale di Telegram per il 2024. Come parte di questo impegno continuo, Telegram ha recentemente migliorato i suoi strumenti di segnalazione degli utenti per identificare specificamente più tipi di contenuti per migliorare ulteriormente la capacità dei moderatori di elaborare le segnalazioni e moderazione basata sull’intelligenza artificiale.
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Bot e deepfake su Telegram: un fenomeno preoccupante
La proliferazione di bot e deepfake su Telegram rappresenta un trend allarmante nel panorama digitale contemporaneo. Negli ultimi anni, l’applicazione ha guadagnato notorietà per la sua facilità d’uso e per la capacità di consentire la creazione e la diffusione di contenuti audio-visivi manipolati, specialmente quelli a sfondo sessuale, spesso privi del consenso delle persone interessate. Questi strumenti di intelligenza artificiale e machine learning sono accessibili a chiunque, e la loro disponibilità su Telegram ha contribuito a un incremento esponenziale della loro diffusione.
Ajder, un ricercatore attento a queste problematiche, ha messo in evidenza come Telegram si distingua per il suo utilizzo improprio. Grazie alla funzione di ricerca integrata nell’app, gli utenti possono facilmente reperire comunità, chat e bot dedicati alla creazione di deepfake. Non solo l’app fornisce gli strumenti necessari, ma consente anche di condividere questi contenuti con una facilità senza precedenti. La situazione è diventata così insostenibile che i canali e i gruppi dedicati a tal tipo di contenuto sono diventati sempre più comuni.
A fine settembre, ci sono stati segnali di tentativi da parte di Telegram di limitare la diffusione di questi bot. Tuttavia, la reazione dell’azienda appare incerta e affetta da ambiguità, lasciando gli utenti nella confusione. Anche quando alcuni bot sono stati rimossi, molti canali sono stati pronti a ripristinare i servizi attraverso nuovi link, suggerendo che la rabbia e la frustrazione di chi cura questi contenuti non sono indicative di una vera deterrenza.
Questo contesto solleva interrogativi non solo sulla responsabilità dell’azienda, ma anche sulla sicurezza degli utenti. Le vittime, spesso ignare di come le loro immagini possono essere pubblicate e diffuse, si trovano ad affrontare una battaglia difficile contro un sistema che sembra più propenso a facilitare l’abuso piuttosto che a difendere i diritti individuali. Le conseguenze di tali abusi possono essere devastanti, e vengono amplificate dalla natura ombrosa in cui operano molti di questi gruppi e bot. La mancanza di controllo e vigilanza rende difficile anche per le vittime affrontare la situazione, sottolineando la necessità di un intervento più deciso da parte di Telegram e altre piattaforme simili.
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La risposta delle aziende tecnologiche e dei legislatori
La questione dei deepfake e dei bot su piattaforme come Telegram ha sollevato preoccupazioni a diversi livelli, spingendo legislatori e aziende tecnologiche a prendere posizione. Inizialmente, la risposta è stata frammentaria: mentre un certo numero di stati negli Stati Uniti ha messo in atto leggi che puniscono l’uso di deepfake non consensuali, molte aziende continuano a navigare in un mare di ambiguità normativa e operativa. Sebbene 23 stati abbiano approvato legislazioni specifiche, il quadro rimane confuso e incompleto, con leggi che variano notevolmente in base alla giurisdizione.
Dal lato delle aziende tecnologiche, si è assistito a un tentativo crescente di affrontare il problema dei deepfake. Diverse piattaforme social hanno implementato politiche più severe contro la distribuzione di immagini e contenuti erotici manipolati senza consenso. Tuttavia, nonostante questi sforzi, app dedicate al deepfake continuano a essere disponibili su store come Apple e Google, rendendo difficile il monitoraggio e la moderazione della situazione. Un esempio emblematico è costituito dalla proliferazione di deepfake di celebrità su piattaforme come X, dove tali contenuti vengono condivisi senza conseguenze evidenti.
Secondo Kate Ruane, direttrice del progetto per la libertà di espressione presso il Center for Democracy and Technology, le piattaforme più importanti hanno recentemente concordato principi per affrontare il problema, ma la vera sfida rimane quella di implementare efficacemente queste misure. La mancanza di chiarezza riguardo ai termini di servizio di Telegram ha sollevato dubbi su quanto la piattaforma sia realmente impegnata nella protezione degli utenti da abusi di questo tipo. Mentre altre aziende hanno redatto normative più dettagliate, Telegram è stato criticato per la sua lacunosità in tal senso.
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Le azioni intraprese da Telegram, in risposta a un maggior scrutinio da parte delle autorità, sono state percepite come tardive e insufficienti. Dopo la detenzione del fondatore Pavel Durov, la piattaforma ha iniziato a modificare alcuni aspetti dei suoi termini di servizio e ha cercato di collaborare con le forze dell’ordine, ma molte domande restano senza risposta. In particolare, la trasparenza sulle politiche di rimozione dei contenuti dannosi e sull’effettiva applicazione di norme contro i deepfake rimane scarsa.
In questo contesto, la necessità di approcci più coordinati e tempestivi da parte delle aziende tecnologiche e dei legislatori è diventata evidente. Un’azione concertata è fondamentale non solo per proteggere i diritti delle vittime, ma anche per stabilire un esempio che possa influenzare l’intero ecosistema delle applicazioni e della comunicazione online.
Le conseguenze per le vittime di abusi online
Le conseguenze dell’abuso di deepfake e bot su piattaforme come Telegram si riflettono in modo devastante sulle vite delle vittime. La difficoltà di gestire situazioni di questo tipo è amplificata dalla rapidità e dall’anonimato con cui tali contenuti possono essere creati e distribuiti. Le vittime, spesso ignare del fatto che le proprie immagini possano essere manipolate, si trovano in una situazione di vulnerabilità che può minare gravemente la loro salute mentale e il loro benessere generale.
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Elena Michael, cofondatrice e direttrice di #NotYourPorn, evidenzia la particolare sfida che affrontano le vittime nel cercare giustizia. L’assenza di un controllo efficace rende difficile raggiungere i responsabili e ottenere un supporto adeguato. La frustrazione aumenta quando le vittime si accorgono che, mentre vivono una crisi personale, le piattaforme social non si mostrano proactive nel proteggere i loro diritti. Questo gap di responsabilità crea una realtà dove le persone che subiscono abusi sono costrette a combattere una battaglia solitaria contro un sistema che sembra più predisposto a garantire la libertà d’azione agli abusi piuttosto che a tutelare le vittime.
Il peso emotivo di tale situazione può portare a seri problemi psicologici. Sentimenti di isolamento, imbarazzo e vergogna si intrecciano, rendendo complicato per le vittime cercare supporto da amici o familiari. Inoltre, la paura di essere giudicate può deterre molte persone dal denunciare l’accaduto, creando così un ciclo di silenzio e impotenza. Michael osserva che sarebbe fondamentale per le aziende tecnologiche sviluppare strategie di intervento che non siano reattive, ma proattive, aiutando le vittime sin dalle prime fasi dell’abuso.
Un altro aspetto preoccupante è che l’effetto collaterale della violazione della privacy e della diffusione di contenuti non consensuali può estendersi oltre le sole vittime dirette. Le famiglie e gli amici possono trovarsi coinvolti, spesso senza volerlo, in una rete di stigma e imbarazzo. L’impatto sociale di questi attacchi si propaga, influenzando non solo le vite delle persone direttamente colpite, ma anche quelle di chi le circonda. Questo scenario complesso richiede un approccio multidimensionale, che consideri non solo le esigenze delle vittime, ma anche quelle del più ampio contesto sociale.
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La lotta contro l’abuso di deepfake e bot su Telegram non è solo una questione legata alla tecnologia, ma una problematica che tocca il cuore della dignità umana e dei diritti individuali. Sollecitare un intervento più robusto e coordinato da parte delle piattaforme, unendo forze con legislatori e associazioni, sembra essere l’unica strada percorribile per garantire un ambiente online più sicuro e giusto per tutti.
Il ruolo di Telegram nella diffusione di contenuti dannosi
Telegram si è rivelato un terreno fertile per la diffusione di contenuti dannosi legati ai deepfake e abusi digitali. La sua architettura, che offre funzioni di ricerca e hosting per bot, rende questa piattaforma particolarmente vulnerabile all’abuso. Come sottolinea Ajder, il ricercatore che ha monitorato la presenza di bot deepfake su Telegram, “l’app non solo offre gli strumenti per creare contenuti manipolati, ma ne facilita anche la condivisione”. Questa combinazione di fattori ha portato a una proliferazione di canali e gruppi dedicati alla produzione di deepfake di ogni genere, aggravando il problema della mancata protezione delle vittime.
Nel tentativo di affrontare la situazione, Telegram ha recentemente intrapreso azioni per rimuovere alcuni bot problematici. Tuttavia, ciò non ha impedito a molti canali di rispondere rapidamente a queste misure, ripristinando l’accesso a nuovi bot tramite link alternativi. Questo circolo vizioso evidenzia una complessità intrinseca del problema: mentre Telegram tenta di contenere il fenomeno, gli utenti trovano sempre modi per aggirare i filtri e le restrizioni. Questo scenario illustra quanto sia difficile monitorare e regolare un ambiente come quello di Telegram, dove gli abusi proliferano in un contesto di anonimato e mancanza di accountability.
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Le vittime di questi abusi si trovano in una posizione estremamente vulnerabile. L’anonimato che caratterizza molti dei gruppi e bot su Telegram complica ulteriormente la loro situazione, rendendo difficile per le autorità perseguire i trasgressori. Elena Michael, cofondatrice di #NotYourPorn, ha evidenziato come sia complicato per le vittime farsi sentire in un contesto di scarsità di supporto e responsabilità da parte delle piattaforme. Molti utenti riescono a utilizzare Telegram senza consegnare informazioni identificative, creando una barriera al riconoscimento e alla segnalazione dei contenuti abusivi.
La situazione attuale di Telegram solleva importanti interrogativi sulla sua responsabilità nel garantire un ambiente sicuro per gli utenti. Le politiche di rimozione dei contenuti dannosi sono percepite come inefficaci, portando a una continua critica riguardo all’approccio dell’azienda nella gestione dei contenuti non consensuali. Mentre alcune piattaforme competitor hanno adottato misure più severe, Telegram sembra ancora indecisa su come affrontare il problema in modo efficace.
È necessaria una maggiore trasparenza relativamente alle politiche del servizio e un impegno concreto per tutelare gli utenti da contenuti abusivi e profondi. Le vittime non dovrebbero essere costrette a portare da sole il peso di tali esperienze devastanti. L’adozione di misure proattive da parte di Telegram non solo aiuterebbe a proteggerle, ma contribuirebbe anche a stabilire un precedente importante per l’intero settore delle comunicazioni digitali rispetto alla lotta contro gli abusi online.
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Proposte per una maggiore sicurezza e responsabilità delle piattaforme
Considerando l’allarmante proliferazione di contenuti dannosi e deepfake su Telegram, è fondamentale avviare un dibattito consapevole sulle strategie che le piattaforme possono adottare per garantire una maggiore sicurezza. Le attuali politiche di moderazione appaiono inadeguate e richiedono una revisione significativa per tutelare gli utenti da abusi e sostenere le vittime. Un approccio proattivo è di vitale importanza per affrontare efficacemente questa problematica.
In primo luogo, le piattaforme devono implementare sistemi più rigorosi per l’identificazione e la rimozione di contenuti abusivi. Ciò potrebbe includere l’adozione di algoritmi avanzati di intelligenza artificiale che siano in grado di rilevare deepfake e altre forme di contenuti manipolati. Investire in tecnologia automatizzata non solo permetterebbe una reazione rapida alla diffusione di contenuti problematici, ma contribuirebbe anche a sollevare i carichi pesanti che gravano sugli utenti e sulle vittime nel tentativo di fare segnalazioni.
In secondo luogo, le aziende dovrebbero stabilire collaborazioni attive con gruppi di diritti delle vittime e organizzazioni no profit, come #NotYourPorn. Queste associazioni possono fornire insights vitali riguardo alle esperienze delle vittime e aiutare a progettare politiche più efficaci. La creazione di un dialogo aperto e costruttivo fra piattaforme e comunità interessate è essenziale per comprendere meglio l’impatto reale che i deepfake hanno sulla vita delle persone.
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In aggiunta, è necessario sviluppare una maggiore trasparenza riguardo alle politiche di servizio e alle pratiche di rimozione dei contenuti. Gli utenti dovrebbero avere accesso a informazioni chiare su come segnalare abusi e quali misure vengono adottate per affrontarli. Comunicare in modo trasparente non solo aumenterebbe la fiducia degli utenti nelle piattaforme, ma potrebbe anche fungere da deterrente per potenziali abusi.
Infine, la formazione degli utenti sull’uso sicuro di queste tecnologie è cruciale. Le piattaforme dovrebbero promuovere campagne educative volte a sensibilizzare gli utenti sui rischi dei deepfake e sulle risorse disponibili per il supporto e la segnalazione di abusi. La consapevolezza è un potente strumento di difesa che può aiutare gli utenti a riconoscere e affrontare i fenomeni abusivi.
L’impegno a favore di una maggiore sicurezza e responsabilità implica un approccio multidimensionale e collaborativo. Solo attraverso iniziative concertate che uniscano tecnologia avanzata, trasparenza, collaborazione e educazione degli utenti sarà possibile creare un ambiente online più sicuro e giusto per tutti, riducendo il rischio di abusi e offrendo un adeguato supporto alle vittime.
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