Sergej Polunin, il miglior danzatore in circolazione, avrebbe danzato per una sola replica il ruolo di Solor ne La Bayadère. Ma…

SERGEIJ POLUNIN, IL MIGLIOR DANZATORE DEL NOSTRO TEMPO
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Siamo stati invitati al Teatro Nazionale di Belgrado per un evento unico: Sergej Polunin, il miglior danzatore attualmente in circolazione, avrebbe danzato per una sola replica il ruolo di Solor ne La Bayadère. Peccato che poi il teatro abbia deciso di chiudere i battenti con pochissimo preavviso millantando irregolarità della struttura e quindi problemi di sicurezza; ma chi scrive è ugualmente riuscita ad incontrarlo nel suo camerino, dopo le ultime prove prima del presunto spettacolo.

Lui, la star, l’unico ed irripetibile Sergeij Polunin. Ucraino di nascita, classe 1989, figlio di un operaio e di una casalinga, prende le sue prime lezioni di danza a tre anni; nel 1999 partecipa ad un’audizione per l’Istituto Statale di Coreografia di Kiev e viene accettato anche se troppo giovane, finché nel 2003, grazie ad una borsa di studio della Rudolf Nureyev Foundation, entra a far parte della British Royal Ballet School e si trasferisce quindi a Londra: distinguendosi ben presto per le sue doti, viene inserito in una classe di allievi di due anni più grandi di lui. A soli diciannove anni viene nominato Primo Ballerino, il più giovane nella storia del Royal Ballet. Ne segue una stagione professionalmente molto positiva, ma anche l’inizio di una profonda crisi personale che nei successivi due anni si manifesterà con vari segnali di irrequietezza e ribellione da parte dell’artista: comincia a palesare la propria insofferenza anche pubblicamente, finché nel 2012 la situazione diventa tanto insostenibile per lui da spingerlo a rassegnare, nello stupore generale, le sue dimissioni dalla compagnia. Non riuscivo a trovare un equilibrio, dal punto di vista della danza sentivo di non poter decidere su nulla. Mi trovavo in un posto fantastico e lavoravo con persone fantastiche, ma si pagai il prezzo di non poter decidere. L’artista in me stava morendo. Inizia quindi ad esibirsi in giro per il mondo, senza unirsi stabilmente a nessuna compagnia; Igor Zelenskij, Direttore Artistico del Teatro Stanislavskij e del Teatro dell’Opera di Novosibirsk, nonché ex Primo Ballerino del Mariinskij, gli offre il ruolo di Primo Ballerino nella sua compagnia, ma allo stesso tempo gli garantisce piena libertà di esibirsi altrove e di impegnarsi in altri progetti. Il suo repertorio è vasto ed eterogeneo, da ruoli più prettamente classici, come Il Lago dei Cigni, Lo Schiaccianoci, Giselle, ai nuovi classici come Mayerling e Alice’s Adventures in Wonderland. Predilige ruoli tragici ed apprezza la danza contemporanea in quanto lontana da quella serie di atteggiamenti insulsi imposti senza spiegazione all’accademia. Ho bisogno di tirare fuori quello che ho dentro e per farlo non devo avere troppe costrizioni, afferma. Nel 2014 acquista nuova fama internazionale anche tra i non ballettomani, quando, diretto da David LaChapelle, danza una coreografia di Jade Hale-Christofi su Take Me To Church di Hozier. Definito Il ballerino più naturalmente dotato di questa generazione dal New York Times, che lo descrive anche come Un ballerino favoloso, con una tecnica d’acciaio ed una meravigliosa linea, mentre il Telegraph Il James Dean del balletto mondiale. Non si risparmia nemmeno come modello, vantando numerose esperienze e collaborazioni con fotografi e stilisti, combinando danza e moda in servizi fotografici ma anche in cortometraggi e performances dal vivo: danza per la Milano Fashion Week, apre la sfilata uomo di Ports 1961, diventa testimonial per Pal Zilieri, appare nella campagne di H&M e Diesel, oltre che nel prestigioso Calendario Pirelli. Pur portando avanti la sua carriera di ballerino classico ed i suoi progetti nel mondo della danza, Polunin si dedica anche al cinema, sua grande passione fin dall’infanzia, studiando anche recitazione: nel 2007 interpreta il giovane Rudolf Nureyev nelle scene di danza del documentario a cura della BBC Rudolf Nureyev: from Russia with Love, ma è nel 2017 che entra nel cinema delle grandi produzioni. Recita nel film Red Sparrow, diretto da Francis Lawrence, Kenneth Branagh gli conferisce il ruolo del conte Andrenyi nel suo Assassinio sull’Orient-Express, la Disney lo ingaggia ne Lo Schiaccianoci e i Quattro Regni. Viene inoltre scritturato nel cast di The White Crow per la regia di Ralph Fiennes sulla vita di Rudolf Nureyev, dove impersona il collega Jurij Soloviev, partner abituale di Gabriela Komleva, e nel 2020 è il protagonista de L’Amante Russo diretto da Danielle Arbid.
Definito L’enfant terrible della danza, fa quello che vuole, compreso tatuarsi in diversi punti del corpo, cosa che non va molto d’accordo con il mondo del balletto, ma la sua estrema bravura fa sì che non abbia mai avuto problemi a lavorare. Non è solo tecnicamente un mostro impeccabile di perfezione, ma è anche un grande interprete, qualità spesso trascurata nella formazione accademica russa, dove quello che conta è solo la tecnica. La situazione politica del suo paese di adozione, la Russia, fa sì che negli ultimi anni non lo si veda mai in Occidente, ed è un vero peccato, perché, senza dubbio, come lui nessuno: elegantissimo, tecnicamente più che pulito e preciso, praticamente inarrivabile. Una grande fortuna poterlo incontrare a Belgrado. Ci accoglie gentilissimo e sorridente, vestito molto semplicemente e con ai suoi piedi divini i boots, tipici stivaletti imbottiti usati dai ballerini per tenere caldi piedi, appunto, e caviglie.
Sergeij, innanzi tutto grazie per il tuo tempo. Parlaci un po’ di questa Bayadère, cosa ne pensi, specialmente del ruolo di Solor, il protagonista maschile che interpreti.
Bayadère è stato il primo balletto che ho danzato una volta entrato in Corpo di Ballo (al Royal Ballet di Londra, NDR), sia come solista che come Primo Ballerino. Nella stagione in cui sono arrivato c’era in programma proprio Bayadère con la coreografia di Natalija Makarova. Il mio insegnante alla scuola del Royal Ballet scherzava sempre dicendomi che era un balletto perfetto per me, perché lavoravo molto duramente a lezione e facevo tutti quei salti. Ho danzato prima nel Corpo di Ballo, ma anche la variazione dell’Idolo d’Oro, poi qualche anno dopo il ruolo di Solor, che ho preparato per circa sei mesi, che è tanto tempo. E’ un ruolo difficile quando arrivi direttamente dalla scuola: non sai ancora controllare la resistenza fisica. In accademia fai un assolo di un minuto e sei morto; così mi stancavo tantissimo. Poi ho imparato, con l’esperienza diventa più facile: il corpo impara da solo. Guardavo i Mondiali di Atletica e notavo che chi corre le lunghe distanze non è giovane come i velocisti. Penso che nella danza sia la stessa cosa: impari con l’età a non soccombere sul palco! Appena entrato in compagnia facevo i salti senza sapere bene come respirare e questo ti stanca tanto. Bayadère è stata un’ottima scuola per me, per affrontare le mie prime parti, come l’Idolo d’Oro e poi Solor, che è stato il ruolo che ci ho messo di più in assoluto a preparare. Ora non danzo con una compagnia da molto tempo, forse sono sei-otto anni, perché ho fatto le mie produzioni e qui devi avere abilità diverse; qui invece è tutto molto classico. Devi fare certe cose poche volte, ma le devi fare. E’ bello avere una compagnia ed è bello sentirsene parte, ci lavori, diventi un tutt’uno, devi fare le prove, sollevare le ragazze, quindi devi anche essere in forma. Non importa quante volte vai in palestra: quando ero a Mosca ci andavo, facevo lezione, a volte anche da solo, ma qui devi fare anche piccoli movimenti, il che è molto diverso. Inizi a sentire tutto, schiena, gomiti, muscoli che si attivano solo quando provi, specialmente con una ballerina, è un lavoro molto specifico. E’ stata un po’ un’esperienza scioccante per il mio corpo. E’ molto difficile quando lo fai per la prima volta, ma una volta fatta la prima, si riattiva tutto e fai tutta la stagione tranquillamente, non devi nemmeno esercitarti più di tanto: hai fatto lo spettacolo, sei in forma, quindi riscaldamento, prove, e vai in scena. Diventa una routine, tutta la stagione passa velocemente e non è più così pesante. Danzerò una sola replica di Bayadère qui: la Serbia ha una parte importante nella mia vita. Ho la cittadinanza serba, dopo il passaporto ucraino è il terzo passaporto che ho; questo paese è sempre stato molto gentile con me, mi lasciano usare gli spazi del teatro. Per esempio, abbiamo montato qui la produzione di Romeo e Giulietta e portato poi all’Arena di Verona, è stato fatto proprio qui, in questo teatro. Qui ho fatto i miei galà per beneficenza, per la Sergeij Polunin Foundation, ho danzato qualche volta, ho fatto le prove per alcuni mesi ma non ho mai fatto nulla con la compagnia, non ha mai fatto parte della mia vita, ma la Serbia è sempre stata una grande parte di me, così volevo fare anche qualcosa per questo paese. Sono persone meravigliose, e mentre fare certe cose in altri paesi costerebbe molto, qui le persone vogliono fare le cose solo per l’idea, che è importante quando devi iniziare qualcosa: grandi budgets, grandi produzioni, qui se l’idea piace trovano il modo di farlo ed è importante sostenere così. Per me la Serbia è sempre stata un luogo centrale per fare cose. E poi qui sponsorizziamo studenti, alcuni si sono già diplomati e lavorano in compagnia, per cui ha senso per me, non stavo cercando una compagnia, non ho mai cercato una compagnia per andare avanti perché l’ho già fatto. Qui ho un posto, e posso trovare aiuti finanziari per fare cose nuove.
Sei stato il più giovane Primo Ballerino nominato al Royal Ballet di Londra, avevi diciannove anni, appena finito l’accademia. Come hai vissuto questo momento? In Europa ora ci manca il tuo talento, tutti sanno che sei il migliore in assoluto.
Penso che i ballerini siano tutti talentuosi, è difficile giudicare; la danza ha tanti aspetti, per cui chi preferisce una danza più naturale, chi una più plastica, chi una più forte, chi una più lineare… Come sempre nell’arte, riesci a stabilire una connessione con alcune persone e con altre no. Per me poi è doppiamente difficile, è tutto molto diviso: alcuni artisti, per scelta o perché forzati, hanno dovuto prendere certe decisioni, e non è questo il lavoro dell’artista, molti sono stati messi da parte. Vivere in Occidente, lasciare la Russia, vite distrutte, molti non lavorano; da parte mia non ho mai avuto alcuna negatività verso nessuno o nessun paese, le persone sono persone, è una cosa che ho imparato viaggiando. Inizialmente vedi diverse nazionalità, e noti che certe cose vengono affrontate in modo diverso, non tutti allo stesso modo, ma più viaggi, più ti abitui a tutto, in ogni paese ci sono cose migliori e cose peggiori, così questa per me è stata una grande lezione ma allo stesso tempo ho scelto di andare in Russia e sostenerla e questo è molto anomalo per l’Occidente, per le mie possibilità di danzare. Per esempio, se prenotassi un teatro in Inghilterra, il pubblico verrebbe; ma politicamente mi sarebbe permesso? In Italia ho avuto l’opportunità di danzare in teatro, avevo spettacoli con biglietti già prenotati, ma poi ho subito minacce ed i teatri non hanno voluto rischiare: per loro è più facile cancellare che essere responsabili per qualsiasi cosa potesse succedere. Anche per persone diciamo aperte, ma purtroppo la politica è ancora una grossa parte della nostra vita e particolarmente per me che ci sono dentro così profondamente. Mi sono anche detto, ok, lascio la Russia, ma poi dove vado? L’Europa è una delle più toste, l’America non così tanto. Ci posso andare, ma l’Europa sarebbe pericoloso perché poi ci sono le sanzioni, ed io sono una preda facile da attaccare. Sono ucraino, ho fatto certi tatuaggi, sono un bersaglio facile.
L’arte dovrebbe essere al di sopra di tutto questo.
Vero, ma sai benissimo cosa sta succedendo. In Russia danzo, sono vivo, per qualsiasi ragione c’è chi reagisce a quello che faccio, a quello che dico, in modo molto forte. Il mondo comunque è in costante movimento, c’è sempre qualche paese dove è più facile andare: l’India per esempio, la Cina, ci sono luoghi dove posso danzare ma come artista… Anni fa la mia visione era solo per l’arte, spettacoli, fondazioni per bambini; e ovunque succede nella mia vita fa l’opposto. Sei sempre più bloccato, ma il mio desiderio è sempre stato l’opposto! Forse ci sarà un cambio dove l’arte inizierà a fare l’arte. E’ importante capire che, non importa cosa dica l’artista, il momento in cui diventa un bersaglio per una o per l’altra parte, non sai cosa dire, cosa fare, ma penso che la politica sia talmente una grande parte della nostra vita, non possiamo far finta di niente. Come artista è interessante vedere come i media reagiscono, come i media lavorano, la politica lavora con differenti istituzioni , è parte del mio percorso capirla. Quando ho lasciato il Royal Ballet, non sapevo nemmeno cosa ci fosse fuori dalla sala prove, nemmeno cosa fosse un social media, che io ora uso per me stesso, di sicuro non li prendo sul serio, la gente li prende sul serio, ma io no, è solo per divertirmi.
Hai danzato moltissimi ruoli del repertorio classico, qual è il tuo preferito?
Del repertorio ti direi Giselle. L’ho danzato moltissime volte, ma anche Bayadère, sono senza tempo, la musica è bellissima, ci sono parti molto veloci, anche se l’ho danzata l’ultima volta molto tempo fa; tutti i grandi balletti sono tali per le loro ragioni; anni fa sicuramente Giselle per tutto l’insieme, musica, stato d’animo, fantasmi vari, ma non il Primo Atto, il Secondo, quello tragico, mi piace tantissimo. Anche Bayadère, ma l’ultimo atto, molto drammatico. Non sono lavori così drammatici come le opere liriche, ma è interessante come alcune storie siano uniche, come Schiaccianoci, che parla del Natale, la musica stessa ricorda il Natale, in America Schiaccianoci va tantissimo per esempio, sono storie che non si vedono nei films: nel cinema le storie si ripetono, ma nel balletto sono uniche.
Hai affrontato tanti stili di danza, non solo il classico, ma contemporaneo, modern, e non solo, tanto che il tuo video “Take Me To Church” è diventato famosissimo, lo conoscono tutti. Nella tua carriera sei uscito spesso dalla tua formazione, hai affrontato tantissimi stili, cosa che non tutti si possono permettere.
Per me quello che conta è essere libero, la libertà è la chiave di tutto, si combatte costantemente per questo. A volte ti senti libero, ma improvvisamente capita che non lo sei più. Ci vuole tanto sforzo essere liberi, per poter dire quello che vuoi anche se se non ci credi magari, ma il poterlo dire è importantissimo per me. Libertà di muoverti come vuoi, libertà di creare.
Hai mai pensato di darti alla coreografia?
Ho creato delle coreografie, l‘ultimo grande lavoro che ho fatto è stato Il Maestro e Margherita, che è una produzione di quattro ore, ma che è andato in scena solo a Mosca. Mi sono concentrato più sullo spettacolo, c’è moltissima danza ma è uno show a 360 gradi: a seconda dei personaggi, ho impiegato danzatori di stili particolari. Per esempio se ci sono personaggi che volano nel libro, ho inserito danzatori e ginnasti che facessero uno stile acrobatico; quando ci sono i giocatori di scacchi ho utilizzato ballerini di street dance; per la parte del gatto, che è una creatura magica e mistica, ho pensato che dovesse essere rappresentato con un tipo di danza particolare, così ho preso questo ragazzo che ha uno stile unico: crea come delle battaglie quando danza, ha uno stile street ma ci unisce del contemporaneo, e lui diventa davvero un gatto, è diverso, è proprio un animale con sembianze umane, il tutto per far comprendere meglio il romanzo. E’ stata un’esperienza molto interessante, con musica punk, classica, diverse bands, attori in scena, cantanti, uno spettacolo multiforme, ed è stato la prima volta che ho creato uno spettacolo dall’inizio alla fine. Ho piena fiducia nel danzatori che scelgo: non necessariamente devo creare io ogni singolo passo, per esempio se c’è qualcuno specializzato nel creare un determinato stile, dico “Questa è la musica, questa è l’idea, fai tu”. E così ci si sente creativi, è ottimo perché non tutti possono fare tutto, è impossibile. Alcuni coreografi sono molto specifici, e vogliono che tutti facciamo quello che vogliono loro, come Ashton per esempio, me lo diceva Anthony Dowell. Certamente posso fare certi passi, ma sono stati coreografati su di lui; quindi pensi che sia fattibile tutto ciò, che sono i passi migliori che ci possano essere in questa coreografia? Lui diceva certo che sì, mi diceva di fare delle diagonali, era quello che voleva facessi; Ashton faceva così, con il danzatore davanti, fammi questo, fammi quello e tutti i suoi lavori sembrano diversi. Alcuni sono stati fatti per Baryshinikov, come Rhapsody, che è completamente diverso da Marguerite and Armand che ha creato per Margot Fonteyn, o da The Dream, per Anthony Dowell. Così diventa diverso, ed anche McMillan coreografava in modo specifico per i danzatori. Insomm, sai già per che tipo ballerini ha creato il ruolo, da Manon a Mayerling. E’ qualcosa di molto importante per i grandi teatri capire che devono creare grandi produzioni, perché in Europa ci sono piccole compagnie che hanno iniziato a fare lavori in stile neoclassico o modern, basati sulle loro capacità, su cosa possono fare. Se non hai un corpo di ballo di cento elementi devi fare lavori di modern, nuovi, con nuove idee, ma quando le grandi compagnie iniziano a fare come le piccole, non ci vedo alcunchè, perché per loro è qualcosa di unico, e le grandi compagnie hanno tutto, persone, budgets, quindi che facciano grandi produzioni, come McMillan o Ashton. Persone così talentuose non vivono spesso sulla nostra Terra, ma ce ne sono, e per questo bisogna tentare, ma a volte vedo grandi compagnie che iniziano a proporre i lavori di compagnie europee più piccole che hanno fatto magari cinquant’anni fa, ma queste compagnie hanno due-trecento persone. Alcuni coreografi creano la loro compagnia con il loro stile coreografico, il che penso non vada bene per le grandi compagnie, per esempio ci sono persone di grande talento che hanno compagnie specifiche per il loro specifico lavoro, come per esempio a San Pietroburgo c’è una compagnia dove fanno un lavoro ben specifico, hanno il loro stile e la gente a cui piace quello stile va in quella compagnia, come per esempio deve essere stato per Balanchine: ha creato il suo stile, ha fatto i suoi lavori e se ti piacevano i suoi lavori andavi nella sua compagnia. Ovviamente adesso è più grande, c’è dietro il lavoro di più di una persona, ma credo che sia importante che le compagnie che hanno i mezzi ed i budgets lo sappiano. Proporre nuovi lavori con nuovi stili, nuova musica.
Quali sono i tuoi progetti futuri? Ora non sappiamo più molto di te in Europa.
Vero, c’è chi nemmeno mi parla più, ma quello che sto cercando è qualcosa di grande, con grandi budgets, grandi potenziali, non girare a caso. Metterci dei soldi miei? L’ho già fatto, ed il pubblico ha risposto bene. Abbiamo fatto delle produzioni, prenotato teatri, e con gli incassi ne abbiamo fatte delle altre; vivere con la danza, con le mie gambe, questo è un po’ pericoloso, inoltre non si è così liberi. Un paio di anni fa mi sono fatto male, e di colpo si è fermato tutto perché non puoi pensare ad altri spettacoli; in Russia per esempio hanno un ottimo sistema, per cui puoi fare domanda per metà dei soldi relativi ad un progetto. Anche se ottieni questi soldi ma è un progetto con un budget grande, c’è bisogno della seconda metà… E con la prima metà devi già fissare date, teatri, e solo allora ti concedono i soldi. Non puoi cambiare la data, per esempio. Ho fatto così per Il Maestro e Margherita ma poi ho realizzato che fosse troppo pericoloso, ho riflettuto su quante repliche avremmo dovuto fare, quante cose c’erano da fare per coprire la seconda metà… Parliamo di un budget di circa un milione di dollari. Il tempo scorreva, così danzavo danzavo danzavo per recuperare i soldi; per cui ora sto cercando un po’ di benessere in un paese, in una persona, in un posto. Il potenziale qui è di evolvere come la danza possa essere vista, come un balletto possa essere fatto, e sicuramente può essere fatto in un modo nuovo. E là fuori ci sono un sacco di soldi, è solo questione di trovare chi sia davvero interessato c’è stato un tempo in cui ho trovato il mio interesse che era mio e di nessun altro, ed ora sento che ho bisogno di questo. Inizi a pensare di cosa tu abbia bisogno e dove tu lo possa trovare, in Arabia Saudita per esempio, o credo qualcosa di grande in America. Diaghilev ai tempi aveva trovato Monaco e l’Europa, io cerco quello, quel posto: che sia la Cina, l’Arabia Saudita, perché da loro le cose sono più facili secondo me. Così si possono fare tante cose, avere un posto per farle vedere che è un punto chiave, perché abbiamo sempre affittato i teatri, per esempio avevamo il Crocus City Hall a Mosca che è andato in fiamme in seguito ad un attacco terroristico nel 2024, ed era perfetto. Non ci sono tanti posti dove puoi fare uno spettacolo ed incassare per andare avanti, quello era un posto perfetto perché aveva circa novemila posti, ottima acustica, insomma tutto benissimo ed ora non c’è più, così non ho più nemmeno quel posto, era proprio il mio posto. Per me non è mai facile, non è solo questione di affittare un teatro, non è un luogo qualunque, ci deve essere una bella energia, che passa così alla produzione, alle persone, al pubblico e si possono fare molte cose. Questo è quello che sto cercando. Posso fare tournée in Corea, in Italia, non è solo questione di andare in tournée, ne ho fatte talmente tante… In Italia sono stato molte volte, ed è stato molto bello, prima mi piaceva molto, ma se non è tutto parte di un quadro… Perché era la prima volta, provi, ma poi spendi un sacco di energia, come è stato Romeo e Giulietta all’Arena di Verona, vai, fai quello che devi fare, hai una data… Ma non abbiamo mai avuto alcuna sponsorizzazione. Ho una storia simile a Balanchine. Diaghilev ha creato la compagnia, Balanchine era lì, quando si è trasferito a New York ha avuto dei finanziamenti ed ora è il New York City Ballet. In Italia sono venuto anche per Giselle alla Scala, avevo da poco terminato il progetto con David LaChapelle. Poi sarei dovuto tornare con Rasputin ma prima il Covid, poi delle minacce me lo hanno impedito. Mi piace sempre andare in scena!
Teatro Nazionale
Francuska St., Belgrade (Serbia)
www.narodnopozoriste.rs




