La verità sull’intelligenza artificiale
Già sapevamo quale fosse la posizione del CEO di OpenAI, Sam Altman, riguardo l’intelligenza artificiale rispetto alla saga umana: sarà trasformativa, storica e prevalentemente benefica. Questa opinione ha trovato costante riscontro in innumerevoli interviste. Per qualche motivo, questa settimana ha ritenuto necessario sintetizzare questi concetti in un post sul blog. “L’era dell’intelligenza”, come la definisce, sarà un tempo di abbondanza. “Possiamo avere una prosperità condivisa in un grado che sembra inconcepibile oggi; in futuro, le vite di tutti possono essere migliori di quelle di chiunque ora”, scrive. “Sebbene avverrà in modo incrementale, trionfi straordinari—come risolvere il clima, stabilire una colonia spaziale e la scoperta di tutta la fisica—diventeranno eventualmente comuni”.
Forse ha pubblicato ciò per confutare un pensiero diffuso che sminuisce i guadagni apparenti dei modelli di linguaggio come qualcosa di illusorio. Niente affatto, dice. Stiamo ricevendo questo grande bonus dall’IA perché “l’apprendimento profondo funziona”, come ha ribadito in un’intervista successiva, prendendo in giro coloro che affermavano che programmi come GPT-4 di OpenAI non fossero altro che motori stupidi che forniscono il token successivo in una coda. “Una volta che può iniziare a dimostrare teoremi matematici non provati, vogliamo davvero continuare a discutere: ‘Oh, ma sta solo prevedendo il prossimo token?'” ha detto.
Non importa quale sia la tua opinione su Sam Altman, è indiscutibile che questa sia la sua verità: l’intelligenza artificiale generale–l’IA che corrisponde e poi supera le capacità umane–sta per obliterare i problemi che affliggono l’umanità e dare inizio a un’era d’oro. Suggerisco di battezzare questo concetto di deus ex machina “La scorciatoia delle fragole”, in onore del nome in codice per il recente progresso di OpenAI nel ragionamento artificiale. Proprio come il dolce, la premessa sembra appetitosa, ma è meno sostanziosa nella concreta realizzazione.
L’influenza e le promesse di Sam Altman
Altman nota correttamente che il progresso della tecnologia ha portato ciò che un tempo era considerato un lusso alla portata della gente comune—comprese cose non disponibili neanche per faraoni e signori. Charlemagne non ha mai goduto dell’aria condizionata! Persone della classe lavoratrice e persino alcuni assistiti hanno lavastoviglie, televisioni a schermo gigante, iPhone e servizi di consegna che portano latte di zucca e cibo per animali fino alla porta di casa. Tuttavia, Altman non riconosce l’intera storia. Nonostante la ricchezza massiccia, non tutti prosperano, e molti sono senza tetto o gravemente impoveriti. Per parafrasare William Gibson, il paradiso è qui, ma non è distribuito in modo uniforme. Questo non accade perché la tecnologia abbia fallito—we have.
Sospetto che lo stesso valga se l’AGI dovesse arrivare, specialmente considerando che molti lavori saranno automatizzati. Altman non è molto specifico riguardo a come sarà la vita quando molti dei nostri attuali posti di lavoro andranno via come i lampionai del XVIII secolo. Abbiamo avuto un indizio della sua visione in un podcast questa settimana, dove ha chiesto a luminarie tecnologiche e celebrità di condividere le loro playlist di Spotify. Quando ha spiegato perché ha scelto il brano “Underwater” dei Rüfüs du Sol, ha detto che era un omaggio a Burning Man, al quale ha partecipato diverse volte. Il festival, dice, “è parte di come può apparire il post-AGI, dove le persone sono semplicemente concentrate nell’aiutarsi a vicenda, prendersi cura l’una dell’altra e fare incredibili regali l’una per l’altra.”
Altman è un grande sostenitore del reddito di base universale, che sembra pensare possa attutire il colpo della perdita di salari. L’intelligenza artificiale potrebbe effettivamente generare la ricchezza necessaria a rendere tale piano fattibile, ma ci sono poche evidenze che le persone che accumulano fortune—o anche coloro che riescono appena a tirare avanti—siano inclini ad abbracciare il concetto. Altman potrebbe aver avuto una grande esperienza a Burning Man, ma alcuni buoni samaritani del Playa sembrano essere molto contrari a una proposta che riguarda solo le persone con un valore superiore a 100 milioni di dollari, di tassare alcuni dei loro guadagni di capitale non realizzati. È un presupposto discutibile pensare che queste persone—o altri che diventeranno super-ricchi lavorando nelle aziende di intelligenza artificiale—apriranno le loro casse per finanziare il tempo libero per le masse.
Le sfide della distribuzione della ricchezza
Non solo altisonanti promesse ci aspettano con l’arrivo dell’AGI, ma anche questioni profonde e stimolanti sulla disuguaglianza economica già esistente. Se l’avvento dell’intelligenza artificiale generalizzata dovesse effettivamente aumentare la produttività a livelli senza precedenti, ci si potrebbe aspettare anche un accumulo di ricchezze senza precedenti nelle mani di pochi. La storia ha mostrato come il progresso tecnologico possa avvantaggiare i già privilegiati, invece di distribuire equamente i benefici. Non è una novità che le innovazioni tecnologiche ricompensino chi detiene il potere e i mezzi di produzione, lasciando indietro coloro che non possono accedere a tali risorse.
La visione di Altman di un mondo in cui la prosperità è condivisa non tiene conto del fatto che gli stessi meccanismi che ora regolano la distribuzione della ricchezza potrebbero allargare il divario tra ricchi e poveri. L’ascesa dell’AGI non è necessariamente una garanzia di equità; potrebbe piuttosto esacerbare le disuguaglianze strutturali. Le aziende tecnologiche che spillano profitti dall’AI potrebbero decidere di canalizzare tali guadagni verso i loro azionisti piuttosto che nell’empowerment della forza lavoro. L’idea che un reddito di base universale possa risolvere i problemi derivanti dalla perdita di posti di lavoro sembra ottimistica, ma non sempre realistica.
In effetti, la lotta per la distribuzione equa della ricchezza esiste da molto prima dell’era dell’intelligenza artificiale. Accettare che la tecnologia sia la panacea per i problemi economici della società potrebbe rivelarsi ingenuo, soprattutto quando esistono forze politiche dannose e strutture socio-economiche che ostacolano il progresso verso una distribuzione più equa delle risorse. Il rischio è che l’era dell’intelligenza aumenti la concentrazione di potere senza affrontare le cause profonde delle disuguaglianze sociali.
La nascita di un’era post-AGI
Quello che si prospetta con l’arrivo di un’intelligenza artificiale generale (AGI) è un futuro inedito, caratterizzato dal potenziale di cambiamenti radicali nella società. Tuttavia, questo scenario utopico presentato da Altman non considera adeguatamente le complessità insite nel nostro tessuto sociale. L’idea che l’AGI possa risolvere i problemi storici dell’umanità si scontra con la dura verità della nostra inefficienza e della nostra inclinazione a perpetuare le ingiustizie. Se l’AGI fosse davvero una panacea, perché non abbiamo già applicato le tecnologie esistenti per affrontare questioni come la fame, la povertà e il cambiamento climatico?
In realtà, l’implementazione dei potenziali soluzioni che l’AGI potrebbe fornire dipende dagli stessi individui e strutture sociali che hanno frequentemente fallito nel farlo in passato. Un esempio lampante è l’incredibile progresso scientifico e tecnologico che abbiamo già a disposizione per affrontare le crisi attuali, ma che non è stato applicato in modo efficace. Se una nuova generazione di IA potesse facilmente generare soluzioni efficaci a problemi complessi, sarebbe lecito chiedersi se saremmo in grado di mettere in atto quelle soluzioni.
Inoltre, la prospettiva di una società post-AGI implica una ristrutturazione profonda delle dinamiche lavorative. Mentre Altman immagina un sistema in cui le persone si concentrano su attività creative e sociali, ci si deve domandare chi avrà accesso alle opportunità create dall’intelligenza artificiale e in che modo coloro che vengono esclusi da questo nuovo paradigma si integreranno nel tessuto sociale. Le professioni che scompariranno non saranno sostituite da una massa di posti di lavoro nuovi e soddisfacenti, ma potrebbero lasciare un vuoto che ricadrà sulle fasce più vulnerabili della società.
Il futuro che ci attende potrebbe quindi avvicinarsi a una biforcazione della società, in cui una ristretta élite beneficia delle meraviglie dell’AGI, mentre un gran numero di individui lotta per trovare un significato e un posto in un mondo che è rapidamente cambiato. Dobbiamo quindi interrogarci sulle nostre capacità collettive di adattamento e sulla nostra volontà di affrontare non solo le sfide tecnologiche, ma anche le disuguaglianze sociali che l’AGI potrebbe amplificare invece di risolvere.
L’imanente realtà umana e le aspirazioni tecnologiche
La visione di un futuro caratterizzato da un’intelligenza artificiale generale (AGI) potrebbe farci sperare in un’evoluzione della società che trascende i limiti attuali, ma non possiamo ignorare l’immanenza della realtà umana e le nostre aspirazioni tecnologiche. La storia ci ha insegnato che la tecnologia, per quanto avanzata, non cancella la natura intrinsecamente complessa e spesso problematica dell’umanità. Le aspettative riposte nell’AGI sono elevate, ma sono accompagnate da profonde incertezze e domande irrisolte riguardo a come queste tecnologie influenzeranno le relazioni sociali, le strutture economiche e i modelli di comportamento umano.
Anche se Altman e altri sostenitori dell’AGI immaginano un futuro in cui la tecnologia allevia le sofferenze umane, la cronaca dimostra che le tecnologie introdotte nel passato, pur avendo il potenziale di migliorare la qualità della vita, non sempre hanno portato ai risultati attesi. Pensiamo a come l’introduzione di internet ha rivoluzionato la comunicazione, ma ha anche generato nuove forme di isolamento e disinformazione. La prospettiva di un’intelligenza artificiale capace di risolvere problemi complessi deve essere bilanciata dalla consapevolezza di come le interazioni umane giovino al progresso ma possano anche ostacolarlo.
Le aspirazioni tecnologiche possono offrire promettenti soluzioni, ma l’implementazione di queste soluzioni richiederà una collaborazione sociale e politica che fino ad ora si è dimostrata ostica. Chi avrà potere decisionale nell’applicare questi progressi? La concentrazione di ricchezze e potere potrebbe aggravare le divisioni esistenti, lasciando indietro le persone più vulnerabili. L’accesso ai benefici dell’AGI potrebbe non essere equitativo, dando origine a una nuova élite tecnologica mentre un gran numero di persone resta emarginato.
Inoltre, le questioni etiche che sorgono dall’implementazione delle tecnologie di AGI non possono essere trascurate. Se l’AGI ci offre soluzioni per problemi complessi, chi stabilirà quali problemi meritano di essere risolti e come? La tecnologia, per quanto potente, non sostituisce la necessità della responsabilità e della considerazione etica nelle decisioni umane. Senza una riflessione critica e un approccio ponderato, l’AGI potrebbe diventare un riflesso amplificato delle nostre debolezze e delle nostre ingiustizie piuttosto che una risposta ai nostri dilemmi. Così, ci troviamo di fronte a una sfida fondamentale: quella di governare non solo il potere dell’intelligenza artificiale, ma anche la condizione umana stessa e le sue complessità intrinseche.