Rischio associato alla posizione supina nel sonno
Chi l’avrebbe mai detto? La posizione in cui dormiamo influenza la nostra salute (presente e futura) ben più di quanto pensiamo. Mentre diversi studi hanno evidenziato che dormire in posizione supina (quindi sulla schiena, con la pancia rivolta verso l’alto) tende ad aumentare il rischio di apnea ostruttiva del sonno e ipertensione, una nuova ricerca americana presentata alla Alzheimer’s Association International Conference 2024 suggerisce un ulteriore rischio insito in questa posizione del sonno. Dormire sulla schiena per più di 2 ore a notte potrebbe, infatti, far crescere il rischio di sviluppare malattie neurodegenerative, su tutte Alzheimer e Parkinson.
Questo studio si inserisce in un contesto di ricerche che da tempo cercano di comprendere l’influenza delle posizioni del sonno sul rischio di sviluppare malattie neurodegenerative. La ricerca presentata in occasione della Alzheimer’s Association International Conference 2024 ha incluso nel lavoro di osservazione un campione di partecipanti affetti da deterioramento cognitivo lieve, paralisi sopranucleare progressiva, disturbi dello spettro Parkinson e demenza da Alzheimer.
Per raccogliere i dati, i ricercatori hanno utilizzato lo Sleep Profiler, un dispositivo sviluppato dalla compagnia Advanced Brain Monitoring, in grado di monitorare i pattern del sonno e fornire informazioni dettagliate sui biomarcatori associati ai disturbi neurodegenerativi. La tecnologia ha permesso di registrare il numero di ore che i partecipanti trascorrevano dormendo in posizione supina durante la notte. Al termine dello studio, i ricercatori hanno scoperto che i partecipanti con malattie neurodegenerative tendevano a dormire in posizione supina per più di 2 ore a notte rispetto al gruppo di controllo.
Questo dato ha suggerito agli scienziati una connessione significativa tra il sonno in posizione supina e il deterioramento cognitivo. Il team di ricerca ha quindi ipotizzato che la posizione supina renda meno efficiente il processo di «lavaggio» delle neurotossine accumulatesi durante il giorno.
Evidenze della ricerca sulla posizione del sonno
La ricerca ha portato alla luce risultati che evidenziano l’importanza della posizione del sonno nella salute cerebrale. I partecipanti con deterioramento cognitivo lieve e malattie correlate, come la demenza da Alzheimer, hanno mostrato un significativo aumento del tempo trascorso dormendo in posizione supina. Questo fenomeno è stato misurato attraverso un’analisi dettagliata condotta con lo Sleep Profiler, che ha monitorato non solo la quantità di sonno, ma anche la qualità e i pattern specifici legati alla posizione assunta durante la notte.
In particolare, i dati hanno rivelato che coloro che dormivano sulla schiena per più di due ore avevano un rischio elevato di peggioramento cognitivo rispetto al gruppo di controllo. Ciò ha sollevato interrogativi sui meccanismi potenziali che determinano questa correlazione e ha indirizzato gli scienziati verso nuove strade di ricerca nella comprensione dei disturbi neurodegenerativi.
Le osservazioni sono state corroborate da studi precedenti che suggerivano già un legame tra le posizioni del sonno, l’apnea notturna e le malattie neurodegenerative. La posizione supina, essendo predisponente a disturbi del sonno come l’apnea ostruttiva, può contribuire a interruzioni nel ritmo sonno-veglia, portando a un accumulo di neurotossine nel cervello e, di conseguenza, a un potenziale aumento nel rischio di condizioni come l’Alzheimer.
Questi risultati evidenziano l’importanza delle modalità di monitoraggio del sonno e dei fattori ambientali che influenzano il riposo notturno. La ricerca invita a ripensare le abitudini di sonno nella vita quotidiana e offre un ulteriore spunto di riflessione sulle pratiche di prevenzione nei confronti delle malattie neurodegenerative.
Meccanismi sottostanti al deterioramento cognitivo
Il meccanismo di «lavaggio» cerebrale, noto come clearance glicfatica, è una funzione fondamentale per il mantenimento della salute del cervello. Questo processo è particolarmente attivo durante il sonno e ha il compito di rimuovere le neurotossine accumulate durante il giorno, tra cui le proteine tossiche associate a malattie neurodegenerative come l’Alzheimer. La posizione del sonno, in particolare, gioca un ruolo cruciale in questo processo; dormire sul fianco, infatti, sembra facilitare la circolazione del fluido cerebrospinale, ottimizzando l’efficienza della clearance glicfatica.
Gli scienziati coinvolti nello studio hanno ipotizzato che dormire in posizione supina ostacoli questo meccanismo, rendendo difficile per il sistema eliminare le tossine. Queste tossine includevano, tra le altre, l’amiloide beta, una proteina che si accumula nel cervello delle persone affette da Alzheimer. Quando la clearance glicfatica risulta compromessa, le tossine possono accumularsi, contribuendo a un progressivo deterioramento cognitivo.
Inoltre, il legame tra apnea del sonno e posizione supina non può essere sottovalutato. L’apnea ostruttiva del sonno, più comune in chi dorme sulla schiena, provoca interruzioni ripetute del sonno, riducendo la qualità del riposo e interferendo con la capacità del cervello di ripristinare le sue funzioni durante la notte. Queste interruzioni possono aggravare ulteriormente il problema, portando a un accumulo di neurotossine nel lungo termine.
La combinazione di difficoltà nell’eliminazione delle tossine e nella qualità del sonno contribuisce a creare un ambiente propizio per lo sviluppo di malattie neurodegenerative. È essenziale quindi riconoscere questi meccanismi per affrontare in modo efficace la prevenzione e la gestione del deterioramento cognitivo.
Implicazioni per la salute cerebrale e la prevenzione
Le scoperte riguardanti l’influenza della posizione del sonno sulla salute cerebrale hanno importanti implicazioni per la prevenzione delle malattie neurodegenerative. Ora più che mai sembra chiaro che le scelte di vita quotidiane, come la posizione in cui si dorme, possono giocare un ruolo cruciale nel mantenimento della salute cognitiva nel corso degli anni.
Modificare la posizione del sonno potrebbe rappresentare un intervento semplice e accessibile per ridurre il rischio di Alzheimer e Parkinson. Gli esperti consigliano di considerare il sonno laterale come una modalità preferibile, in quanto sembra facilitare il processo di clearance glicfatica e supportare una migliore qualità del riposo, riducendo al contempo il rischio di apnea ostruttiva del sonno. Questa strategia potrebbe non solo migliorare la qualità del sonno ma anche contribuire alla salute cerebrale a lungo termine.
Inoltre, l’integrazione di cambiamenti nello stile di vita, come l’esercizio fisico regolare e una dieta equilibrata, potrebbe amplificare gli effetti positivi di una posizione di sonno adeguata. È fondamentale sottolineare quanto sia vitale l’interazione tra diversi fattori nella prevenzione delle malattie neurodegenerative, poiché uno stile di vita sano è ora più che mai riconosciuto come essenziale per la salute cognitiva.
Tuttavia, è necessario un approccio multidisciplinare per affrontare le malattie neurodegenerative. Medici, specialisti del sonno e ricercatori devono collaborare per sviluppare linee guida pratiche e programmi di intervento che incoraggino la popolazione a riconsiderare le proprie abitudini di sonno. Ricerche future saranno fondamentali per confermare i benefici di una domanda di sonno orientata e per identificare ulteriori misure preventive efficaci.
Prospettive future e necessità di ulteriori ricerche
Nonostante i risultati promettenti dello studio presentato alla Alzheimer’s Association International Conference 2024, è evidente che ulteriori ricerche sono necessarie per esplorare in modo approfondito il legame tra la posizione del sonno e le malattie neurodegenerative. La complessità dei meccanismi biologici coinvolti richiede un investimento nella ricerca per chiarire tutti gli aspetti relevant del fenomeno osservato.
Solo attraverso studi longitudinali sarà possibile comprendere se modificare la posizione del sonno possa effettivamente ridurre il rischio di sviluppare malattie come l’Alzheimer e il Parkinson. La creazione di gruppi di studio diversificati, comprensivi di pazienti in diverse fasi delle malattie neurodegenerative e persone sane, potrebbe fornire dati più robusti per analizzare questi meccanismi. La variabilità individuale nelle risposte al sonno e nel metabolismo cerebrale potrebbe rivelarsi rilevante per determinare il livello di rischio associato a ciascuna posizione di riposo.
Inoltre, sarebbe utile ampliare l’uso della tecnologia di monitoraggio del sonno, come lo Sleep Profiler, in ambienti domestici e clinici per raccogliere informazioni più dettagliate e continue sui comportamenti del sonno. Combinare i dati ottenuti con biomarcatori biologici e indicatori di salute generale potrebbe chiarire ulteriormente il modo in cui le posizioni del sonno influenzano il deterioramento cognitivo e lo sviluppo di malattie neurodegenerative.
La prevenzione non si limita alle posizioni del sonno; è fondamentale analizzare come fattori quali stress, alimentazione e attività fisica possano interagire con il sonno. Solo attraverso approcci multidisciplinari e un significativo impegno verso la ricerca potremo fornire risposte esaustive e guidare le popolazioni verso abitudini di vita che supportino una migliore salute cerebrale e una riduzione delle malattie neurodegenerative.