Rigenerare i Territori e le PMI di territorio per rigenerare il Paese
Contributo della Planet Life Economy Foundation – giugno 2020
1) Premessa
L’Associazione senza scopo di lucro PLEF – Planet Life Economy Foundation – creata da Manager, imprenditori e professionisti d’Impresa dal 2003 – intende offrire il proprio contributo di esperienza alla rigenerazione dell’Economia d’Impresa del nostro Paese in un momento di profondo cambiamento dei comportamenti della gente e delle Imprese alla luce degli sconvolgimenti in atto.
Questo cambiamento era da noi già immaginato, dibattuto e pubblicato da oltre 10 anni a prescindere dall’effetto della diffusione del Covid-19. Questo Virus ha, accelerato e fatto precipitare la già precaria situazione complessiva in cui la nostra Economia agiva. Forse, oggi più che mai è proprio imperativo capire come meglio indirizzare le nostre Imprese nell’edificazione di questo nuovo mondo.
Si tratta di capire cosa occorre in concreto fare per far emergere e dare forza strategica e competitiva ai territori, alle nostre Imprese, ai nuovi Imprenditori e come potremmo contribuire a questa evoluzione, proprio partendo da dove siamo ora grazie ad un obbligata e più generale consapevolezza dei problemi e della necessitò del cambiamento.
Certo, già esistono piani di ripresa economica e di rilancio all’attenzione del nostro Governo: il problema è che se ci sono più di cento proposte è più facile confondersi che chiarirsi le idee se non si definisce prima la rotta maestra, da cui poi tutto poi deriva, priorità e contesti attuativi inclusi. Questa rotta dovrebbe saper indicare con chiarezza quale è il Posizionamento Strategico, Sostenibile, Competitivo di lunghissimo periodo del nostro Paese nel contesto dell’arena della competizione globale, paesi europei inclusi: l’affermazione di una nostra identità e carattere permanente, non replicabile.
Il bisogno emergente, e per noi improrogabile, è di come indirizzare la strategia competitiva del nostro Paese – riflessa sulla nostra stessa qualità di vita e stili di consumo – impostandola correttamente in tempo utile per essere pronti nel momento della piena ripresa delle attività, probabilmente la prossima primavera. Occorre cioè prevedere già da adesso come potremmo indirizzare le nostre priorità d’azione e di orientamento inglobando le emergenze in atto, senza farcene fagocitare
Se non c’è una chiara revisione di come potrebbe funzionare l’Economia dell’Italia alla luce dei cambiamenti in atto in una prospettiva di sostenibilità ambientale, sociale ed economica, non si potrà mai garantire lavoro, benessere e qualità di vita a tutti noi.
Del resto proprio l’Economia è sempre stata il vero motore dello sviluppo e dell’evoluzione delle civiltà, realtà proprio evidente oggi in questa fase della nostra vita in cui tutto si sta rinnovando con elevati rischi non solo sulla nostra salute, ma anche sulla nostra occupazione, reddito e convivenza civile.
Forse è proprio giunto il momento di connotarla in una vera e propria “Planomia”, nostro neologismo che significa “Scienza dello sviluppo delle regole della casa comune” in cui tutti viviamo: il nostro pianeta e l’economia globale.
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2) Executive Summary
Lo sconvolgimento in atto della nostra Economia, stili di vita e organizzazione sociale necessita di una direzione semplice e comprensibile da parte di tutti e quindi proponibile a noi stessi, concretizzabile nelle nostre azioni quotidiane. L’annuncio di una tale direzione potrà avere effetti prioritari sui comportamenti delle persone rendendo ineluttabile un’assunzione di responsabilità da parte dei nostri Governi da impegnare in un patto costituzionale per almeno i prossimi 5 anni, periodo minimo per operare quei cambiamenti culturali e strutturali necessari.
La direzione che si impone necessita da una parte della validazione delle Leggi Naturali (Bio-Ispirazione)2 per garantire energia e durabilità allo sviluppo “sostenibile” delle nostre Imprese o delle nuove iniziative imprenditoriali, dall’altra, quella dell’utilizzo di un sano pragmatismo gestionale concretamente percorribile nelle normali attività massimizzando “buon-senso e rispetto” con organizzazione interna e rapporti esterni coerenti coi principi di delega, responsabilità e controllo.
Per avvicinare l’Economia ai reali bisogni delle persone, bisogna finalizzare le azioni delle Imprese e del sistema amministrativo ad una accettabilità, condivisione e partecipazione convinta di tutta la gente. In altre parole occorre che questa direzione sia effettivamente accessibile a tutti i soggetti interessati creando vera fiducia nel futuro, premessa fondamentale per quel vero benessere ed armonia complessiva auspicata da tutte le ideologie politiche o religiose.
Occorre vedere le cose sotto una diversa luce, svincolandoci dalle vecchie ed obsolete abitudini, tuttavia senza buttare via l’”acqua sporca con il bambino dentro”: occorre un processo di progressiva trasformazione e non rivoluzione che coinvolga l’intera Società persuadendo gli attori di non attivare condizionamenti bloccanti.
Le proposte da noi consigliate, facendo leva sulle nostre forze originali, sono semplici e proponibili a tutti, tali da non dispiacere a nessun soggetto interessato chiarendo cosa, come, quando, con chi e con quali risorse operare questa trasformazione. Agendo in questo modo sarà anche possibile massimizzare le potenzialità esistenti così delineando una strategia evolutiva davvero efficace per il nostro Paese orgogliosamente diversa e non imitabile da altre nazioni.
Questo sviluppo, ispirandosi al principio naturale dell’”evoluzione”, dovrebbe ripartire dando esplicita forza e priorità al sostegno strategico e finanziario delle Piccole e Medie Imprese (PMI), Start-Up e Micro Imprese che oggi rappresentano il 99,9% della nostra presenza economica3: sviluppo che parte dal Piccolo e progredisce nel Grande, e non viceversa. Con loro, i relativi territori identificabili per omogeneità di “Genius Loci” (cioè, caratteristiche culturali e biologiche della gente locale) e delle condizioni “Pedo geo climatiche” (cioè le condizioni morfologiche e climatiche del luogo): anch’essi da sostenere con convinzione grazie ad una gestione più decentrata e autonoma, tra comunità di base e Stato nazionale secondo un modello di organizzazione orizzontale e di partecipazione decisionale con minori livelli di gerarchia amministrativa.
La direzione su cui percorrere questo sviluppo prevede un processo e metodologia operativa in cui, partendo dalla individuazione delle forze originali della specifica Impresa e del Territorio di appartenenza, si arriva a una identificazione della natura competitiva del nostro Paese, delle relative forze originali non replicabili e delle necessarie trasformazioni culturali e strutturali necessarie, selezionando quelle di maggior efficacia e di minor invasività.
Queste trasformazioni si prospettano con certezza di poter
• Garantire all’Impresa maggiore competitività e massimo Valore Aggiunto, con conseguente maggiore soddisfazione di tutti gli stakeholder (il Profitto è una variabile subordinata alla capacità di creare abbondante Valore Aggiunto).
• Offrire al Consum-attore maggiore piacere e qualità di vita per i diversi stili di consumo a prescindere dal reddito prodotto: non c’è più bisogno delle obsolete nozioni di Crescita o di Decrescita, entrambe insostenibili e incoerenti secondo le Leggi Naturali.
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• Sviluppare nei Territori e Comunità maggior benessere, occupazione, partecipazione e autosufficienza che deriva dal maggiore benessere delle Imprese del Territorio e dalla loro integrazione con la comunità locale.
• Riconoscere all’Ambiente le condizioni per una rinnovata vitalità per effetto del minor impatto derivante dai diversi e consapevoli stili di consumo, nonché migliore manutenzione e preservazione delle sue capacità rigeneratrici.
Ognuno di noi può diventare “attore” e non più spettatore di questo cambiamento sapendo che insieme, si hanno più possibilità di orientare una nuova offerta di prodotti e servizi, così favorendo una progressiva trasformazione dell’Impresa nella direzione auspicata. Questa trasformazione è probabilmente perseguibile nella nuova micro o piccola impresa come nelle PMI di territorio più vicine al mercato e alla comunità piuttosto che alle grandi imprese nazionali od internazionali che, a causa della loro dimensione, dovranno comunque riorganizzarsi.
In conclusione si tratta di favorire uno sviluppo sostenibile del nostro Paese tramite una precisa direzione strategica orientata alla massima valorizzazione delle forze competitive radicate in noi stessi, nelle PMI, Start-Up e Micro Imprese dei nostri territori e, soprattutto, da un innovativo modello gestionale d’Impresa in grado di valorizzarle al meglio.
3) Contesto e scenario prevedibile
Il contesto è quello del grande sconquasso economico sociale mondiale in cui stiamo vivendo e che presumibilmente durerà il tempo necessario ad un riequilibrio naturale di convivenza del virus nella popolazione, probabilmente non meno di un anno da oggi. Nel frattempo ci saranno graduali ritorni all’espletamento di alcune attività e parziali libertà di movimento, in cui tuttavia il caos globale continuerà ad esistere anche a causa dei probabili ritorni di fiammate, qui o là, che manterranno vivo il problema della Pandemia in atto e del rischio di morte dei possibili contagiati.
Questo problema acuisce e drammatizza ulteriormente la minaccia già da decenni esistente del cambiamento climatico in atto e del disastro ambientale. Il dramma ambientale aveva già mosso le coscienze con una presa di posizione da parte dei movimenti spontanei della gente, ma anche dalle Istituzioni mondiali formulando metodologie gestionali in grado di attivare le responsabilità delle Imprese nei confronti della Società e dell’Ambiente con i derivati processi produttivi (CSR ed Economia Circolare).
Inoltre, il contesto sanitario e ambientale si incrocia con la grande depressione sociale causata dal divario della ricchezza tra ricchi e poveri, tra i paesi emancipati e quelli in via di sviluppo, tra quelli che si impegnano nella Società e quelli che non vanno neanche a votare, tra coloro che sono attenti ai valori della famiglia e della comunità, e quelli che vivono in un abito puramente asociale e virtuale. Questa depressione sociale sta tuttavia dando impulso a una più lucida consapevolezza della gente con iniziative volte a rendere più solidale, partecipativa e meno egoista la Società Civile.
Infine, stiamo anche assistendo ad una epocale svolta della finanza speculativa che ha devastato per circa 30 anni la cultura delle Imprese con un approccio efficientistico orientato alla crescita dell’“Equity Value” d’Impresa a discapito di una responsabile gestione orientata allo sviluppo e soddisfazione dei reali bisogni della gente.
Tutto questo solo per affermare che non stiamo solo assistendo ad una crisi sanitaria mondiale e che tutto tornerà come prima fra un anno: siamo nel bel mezzo di una “crisi di sistema” complessivo in cui si stanno creando le basi per una svolta generalizzata che cambierà la modalità di esistenza della nostra specie umana a tutti i livelli. In ordine di importanza e di flusso: i comportamenti di consumo, poi gli ordini economici, poi le espressioni dei governi, infine, i costumi sociali.
Siamo nel bel mezzo di quello che noi ed altri definiscono come global shift, e cioè un cambiamento globale di tutto e tutti con un movimento spontaneo che parte dal basso accorpando tutte le coscienze consapevoli del mondo e che, secondo i profeti di questo movimento globale (Es. Ervin Laszlo), sarebbe iniziato nel 2012 con maturazione proprio nel 2020.
4) Problemi e opportunità conseguenti
Sono pochi e fondamentali i problemi e le opportunità legate alla possibilità di rigenerazione delle nostre Imprese o di sostenere nuove iniziative imprenditoriali.
Il principale problema che noi intravvediamo per le nostre Imprese e nuovi Imprenditori, secondo la nostra esperienza, è quello legato alla capacità di saper individuare la propria identità competitiva e conseguentemente una corretta strategia evolutiva per affrontare i mercati, in particolare quelli nuovi che si stanno delineando. Il problema della necessità di liquidità così come quello della ridotta capitalizzazione sono aspetti gestionali contingenti di breve periodo che non sono comunque risolvibili se non si individua questa “identità competitiva”.
In questo contesto la frammentazione delle Imprese del nostro Paese e la loro natura territoriale per noi rappresenta un’opportunità e non invece un problema come la cultura economica tradizionale tende a sostenere: semmai, il processo rigenerativo dell’economia necessario in questa fase storica rappresenta un concreto problema per la maggior parte degli altri paesi (europei e mondiali) che mostrano una ben maggiore concentrazione industriale e rigidità organizzativa.
Le imprese italiane dispongono di un Paese con una ricchezza storico, culturale, naturale, paesaggistica, relazionale ben superiore alle altre nazioni, che è un vantaggio competitivo impossibile da emulare o riprodurre. Questa ricchezza verte anche sulla biodiversità pedo geo climatica e culturale dei territori così come sul piano della collocazione geografica del nostro paese – al centro della “culla delle civiltà” – che, se opportunamente sviluppati e sostenuti senza stravolgimenti culturali e industriali, costituiscono il terreno più fertile per la progressiva espansione delle nostre attuali e future Micro, Piccole e Medie Imprese (MPMI). Queste imprese, da piccole realtà locali, potrebbero presto diventare riferimenti di mercato mondiale, grazie ai nuovi modelli di comunicazione e distribuzione globali.
Questa infinita opportunità di sviluppo impone di controllare e nel caso impedire l’acquisizione invasiva di queste piccole entità da parte delle multinazionali estere che, non potendo svilupparsi per logiche interne e disponendo di importanti liquidità, potrebbero surrogare il loro problema competitivo con l’accorpamento di questi nuovi “ceppi” di sviluppo. In questo senso entra in gioco il ruolo regolatore dello Stato o delle amministrazioni locali che dovrebbero essere in grado di inibire queste possibilità,
sia mantenendo elevate le capacità generative e vitalità dei territori con eventuali interventi partecipativi diretti, sia operando per compensare eventuali “gap” competitivi derivanti da improprie agevolazioni fiscali o nel lavoro dei competitors internazionali o multinazionali che agiscono negli stessi mercati.
In ogni caso il principale impegno di politica economica della Pubblica Amministrazione dovrebbe essere quella di chiarire sia la direzione certa che dia forza all’Economia e allo Sviluppo locale (priorità di sostengo alle MPMI e non invece ai grandi gruppi), sia gli strumenti adatti per sostenerla. Ovvero quelli in grado di fare emergere le caratteristiche distintive e competitive di queste realtà territoriali.
Nel contesto si conferma la necessità di riattualizzare il ruolo centrale della “famiglia” come fonte e presidio primario di questi valori e caratteristiche originali delle diverse comunità, nonché la necessità di presidiare nelle scuole una formazione specifica in grado di valorizzare e sostenere le culture locali, con i suoi dialetti, abitudini, tradizioni, sapere, genialità e conoscenza approfondita dei diversi “Patrimoni Territoriali”.
Si impone pertanto una revisione complessiva del ruolo della scuola e delle nuove competenze dei relativi docenti, assegnando responsabilità e ruoli in una logica strettamente meritocratica.
Si auspica, dunque, la realizzazione di specifici “Centri Permanenti di Territorio” in grado di rendere esplicite e più vicine alla gente le strategie evolutive complessive del nostro Paese.
L’opportunità per le nostre Imprese risiede anche nel fatto che i nuovi mercati che si stanno configurando prevedono una trasformazione degli stili di consumo nella direzione di beni e bisogni ad elevato contenuto di valori intangibili (immateriali) gli unici in grado di creare Valore Aggiunto4, emozione e vera soddisfazione, così combinando insieme il favore dell’Impresa, del Consum-attore, delle Comunità e dell’Ambiente (per la minore presenza di materia e conseguente riduzione dell’impatto causa dalle attività umane). Sono mercati che si generano e si sviluppano con l’ingegno dei nostri nuovi o vecchi Imprenditori – cioè quello che ha sempre caratterizzato il significato del “Made in Italy” nella sua versione di autentica Supply Chain italiana – che sapranno innovare prendendo spunto dalle forze del proprio territorio, con pochi investimenti, vera integrazione e cooperazione, tanta creatività.
Certo, il digitale e il web, sono anch’essi mercati di natura immateriale5 oggi molto appetibili e di sicuro sviluppo nell’arena competitiva globale. Il problema è che quei mercati sono molto presidiati e protetti dalle nazioni più potenti del mondo che, per altro, hanno proprio avviato quei mercati: dunque, non può essere una priorità strategica per il nostro Paese senza, per altro, escludere che quel mercato non possa rappresentare importanti opportunità di ricerca e sviluppo in cui i centri universitari e le nuove generazioni possono esprimere le doti di creatività, empirismo e imprenditorialità innate negli Italiani.
Semmai il digitale offre uno straordinario aiuto soprattutto alle PMI per un loro sviluppo sia con i nuovi canali distributivi collegati all’e-commerce, sia per l’utilizzo dei nuovi media per le attività di comunicazione diretta ai target potenziali.
Ci creiamo problemi quando cerchiamo di “inseguire” le prassi, culture e mercati che sono meglio difesi da altri paesi e che non fanno parte delle nostre culture e tradizioni. Sbagliamo anche quando pensiamo di risolvere i nostri problemi competitivi con investimenti tecnologici non protetti da nostri brevetti e proprietà intellettuale sia perché richiedono risorse importanti spesso non disponibili individualmente, sia perché quelle costose tecnologie spesso assolvono a una logica di “Efficienza” e di grandi numeri – per altro velocemente a rischio di obsolescenza – anziché di “Valore”, come le nostre MPMI dovrebbero perseguire.
Sbagliamo anche quando pensiamo di risolvere il “macigno” della burocrazia bloccante con sommarie modifiche e interventi cosmetici: quel principio borbonico che ispira da sempre la nostra amministrazione pubblica volto a frenare l’ingegno italiano nell’aggirare sistematicamente leggi e regole imposte, si supera solo con una vera rifondazione complessiva che si ispiri davvero alle leggi naturali. Non c’è proprio nulla da inventare: quelle leggi mostreranno che solo un’amministrazione “comune” – cioè con la diretta partecipazione, responsabilità e controllo della gente dei singoli territori – potrà risultare davvero semplice, efficace e veloce per ogni scelta e decisione.
Concludendo, le reali opportunità nel nostro paese risiedono nelle nostre forze esclusive e non replicabili in altri paesi, soprattutto quelle legate al nostro patrimonio naturale, storico e biologico umano (DNA) fondamentalmente di natura immateriale.
Si tratta di individuare e sostenere queste opportunità all’interno delle risorse caratteristiche e “abbondanti” del Paese ricercando armonia e stabilità all’interno di un nostro equilibrio eco-sistemico, diverso da luogo e luogo, come la natura ci insegna.
Si tratta di individuare e utilizzare strumenti e metodologie di semplice comprensione e utilizzo da parte delle nostre MPMI che permettano di evolversi e competere nell’arena dei mercati globali, senza complessi di inferiorità nei confronti delle grandi imprese o multinazionali.
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5) Suggerimenti metodologici e operativi
Il modello gestionale strategico su cui la nostra gente e Imprenditori dovrebbero attivarsi poggia su alcuni concetti di base semplici e interpretabili da ciascuno secondo le proprie esigenze.
Nella sostanza:
A) Si adottano alcuni principi di riferimento che aiutano a prendere le decisioni corrette ogniqualvolta ci si trova in dubbio su quale scelta fare.
B) Si utilizzano alcune logiche di miglioramento utili ed opportune per operare questa trasformazione progressiva, senza traumi, incertezze e investimenti inopportuni.
C) Si persegue un’efficacia competitiva tramite poche metodologie gestionali e strumenti operativi.
A) Per quanto riguarda i Principi di riferimento generali crediamo che saremmo tutti d’accordo nell’individuare nelle Leggi Naturali quei riferimenti primari in grado di garantire sviluppo e miglioramento progressivo per ogni fattispecie osservata: sono le uniche certezze che hanno dimostrato la loro validità universale nei miliardi anni di esistenza del nostro Cosmo. Questo aspetto garantisce da una parte il fatto che le decisioni prese sono probabilmente corrette sul piano della sostenibilità ambientale e sociale, dall’altra che sono in grado di creare armonia e qualità di vita globale.
Con l’aiuto del Prof. Gabbrielli della facoltà di Biologia Vegetale dell’Università di Firenze, la nostra Associazione ha individuato i sei principali Principi di riferimento che probabilmente spiegano la ponderata dei fenomeni naturali. In un testo specifico del 20186 descriviamo questi Principi in una logica di utilizzo pratico sia in ambito economico applicato alla gestione d’Impresa, sia con riferimento alla possibile evoluzione della Società Civile e attuale Costituzione
Per altro questi stessi Principi confermano l’opportunità della direzione da intraprendere a favore del sostegno convinto delle PMI del territorio (Principio dell’evoluzione: dal piccolo al Grande e non viceversa), quella dell’abbondanza delle risorse utili allo sviluppo e non scarsità (Principio della sovranità dell’Energia), quella del decentramento della gestione ai Territori (Principi della nozione di Comunità e della convivenza armonica delle “diverse” specie), quella dell’Economia Circolare e del minimo impatto ambientale con la massima autosufficienza possibile (Principio della Bio-Imitazione e conseguenti equilibri eco-sistemici).
B) Per quanto riguarda le logiche trasformative delle Imprese si tratta di saper approfondire per ogni fattispecie o funzione gestionale osservata (le classiche Direzioni Finanza, H.R, Commerciale, Produzione, Distribuzione, ecc.) le componenti di natura materiale (fattori tangibili), rispetto a quelli di natura immateriale (fattori intangibili) riequilibrando a favore dei secondi i possibili interventi gestionali.
Ad esempio, per quanto riguarda la direzione Tecnica e di Produzione l’attenzione principale verterà sull’evoluzione dei propri prodotti o servizi inserendo innovazioni di offerta a elevato contenuto immateriale rispetto a quelli a elevato contenuto materiale riducendo contemporaneamente l’impiego di materiali scarsi o che creano scarti (es. Imballi o materiali non riciclabili).
Se applicassimo questa trasformazione delle Imprese ai mercati esistenti e ai relativi beni e bisogni offerti sul mercato otterremmo, a parità di reddito, una riduzione delle componenti materiali prodotte e riciclate con un aumento di valore per unità, così creando contemporaneamente minor impatto ambientale, maggior piacere e soddisfazione della gente, maggiore Valore Aggiunto per le imprese: il senso ritrovato
Lo stesso tipo di trasformazione produrrebbe risultati straordinari nella gestione delle Risorse Umane se accanto alle tradizionali politiche di remunerazione materiale (salari e benefit materiali) si promuovesse una chiara politica di remunerazione immateriale (ad es.: clima interno, comfort ambiente di lavoro, formazione, spaccio, asili, servizi per la famiglia, trasporto, flessibilità, nozione di tempo utile, two-ways communication, viaggi, gare, hobbies, svago, valori relazionali, inclusione di lavoratori fragili e svantaggiati) l’unica in grado di creare vera motivazione, appartenenza e produttività. Non parlo delle tradizionali politiche di Welfare, normalmente frutto di una negoziazione sindacale finalizzate alla riduzione del “conflitto” di classe, ma di una precisa scelta gestionale ascoltando le necessità di ognuno di noi nel proprio ambiente di lavoro.
Nel caso specifico non si tratta di ridurre la remunerazione materiale (stipendio), ma di ridurre quelle variabili materiali che spesso generano eccessi di speculazione sui risultati di breve termine a scapito di quelli più strategici di lungo termine, quali i forti incentivi sui risultati di vendita o i cottimi produttivi. Questa riduzione/risparmio sarebbe poi impiegata per favorire le politiche di remunerazione immateriale. Quegli eccessi di incentivi monetari di breve termine non favoriscono per altro la fedeltà ed appartenenza all’Impresa, anzi favoriscono la mobilità: se si abitua il personale a lavorare con forte orientamento agli incentivi, bastano pochi euro offerti da un concorrente, per cambiare Impresa.
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Anche nella Finanza e nelle politiche di bilancio la trasformazione proposta si basa sull’identificazione e valorizzazione degli indici di produttività (Key Performance Indicators) di natura immateriale da valorizzare rispetto a quelli tradizionali di bilancio, normalmente di natura tangibile. Anche qui non ci si riferisce solo agli indicatori tradizionali del capitale intellettuale, naturale e sociale già previsti nei recenti bilanci integrati, ma soprattutto a quelli collegati al modello strategico da tutti perseguibile che fa perno sulle caratteristiche immateriali specifiche delle nostre Imprese e Territori (ad es. notorietà, originalità, autenticità, leadership, fedeltà, fiducia, CRM, sicurezza, qualità, time to market, puntualità, km zero, comunità, «Genius Loci», patrimonio territoriale, fornitori locali, tradizioni e saperi locali).
Nel contesto si auspica anche un maggiore protagonismo di una Finanza specifica che investa a sostegno dello sviluppo delle PMI, soprattutto quelle che sono maggiormente attente all’integrazione degli impatti in chiave ambientale, sociale e di governance (ESG) con quelli di carattere Economico-Finanziario e Patrimoniale.
Per le funzioni collegate alla Supply Chain, questa trasformazione poggia su una fondamentale “dematerializzazione” della catena del valore e dei processi di offerta già in parte previsti con l’Economia Circolare. I risparmi ottenuti potrebbero essere da noi dedicati a un consistente rafforzamento delle capacità “generative” dell’Impresa collegate agli investimenti per Ricerca e Sviluppo (soprattutto nell’impiego di tecnologie bio-imitative, senza scarti o rifiuti), quelli commerciali e distributivi (soprattutto per i nuovi sbocchi sui canali di e-commerce e di comunicazione “social” e web), quelli già segnalati a favore delle politiche di remunerazione immateriale delle risorse umane.
Basta ripensare alla funzione del Packaging dei nostri prodotti, per ritrovare abbondanti economie sui costi variabili di produzione, magazzino e trasporto da reimpiegare per sostenere il nostro sviluppo: a parità di costo e di investimenti strutturali.
Nel contesto si pone in modo dirompente l’utilizzo ai fini gestionali delle recenti 12 dimensioni BES (Benessere Equo Sostenibile) collegate al miglioramento della qualità di vita della gente. In altre parole occorre integrare nella gestione d’Impresa e nella Finanza tutti i riferimenti di carattere immateriale in grado di sostenere e migliorare il benessere di tutti coloro operano all’interno e all’esterno dell’Impresa
Insomma, adottando nel tempo questa trasformazione complessiva delle nostre Imprese alla luce degli indirizzi generali già segnalati, si potrebbe rigenerare l’intera economia nazionale assegnandole un proprio e autonomo ruolo competitivo, minimizzando investimenti, riducendo le complessità e, soprattutto, operando questa trasformazione senza costi aggiuntivi per le Imprese come i modelli gestionali suggeriti contemplano.
C) – Per quanto riguarda l’efficacia del risultato ci potremmo avvalere di pochi, semplici ma precisi strumenti di gestione che qui indichiamo senza entrare nel dettaglio degli specifici contenuti:
(1) “mappa della segmentazione” delle nostre forze ed esclusività identitarie. Spesso, infatti, non si è capaci di capire quali sono queste forze che dovrebbero sostenere e indirizzare il nostro ruolo competitivo e strategia commerciale, o non ce se ne rende conto. Questa mappa è essenziale per individuare quei fattori esclusivi che fanno parte del necessario approccio distintivo.
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(2) Matrice del Posizionamento Strategico Sostenibile di Territorio (PSST) una matrice di pochi elementi che si incrociano: da una parte alcuni fattori essenziali che sintetizzano chiaramente l’identità competitiva dell’Impresa, dall’altra la declinazione di questi fattori alla luce dei vincoli ambientali e delle opportunità offerte dal Territorio di appartenenza.
Un’attenta compilazione di questa matrice con i relativi incroci – anche utilizzando le evidenze delle forze esclusive identificate nella mappa di segmentazione sopra citata – permette di individuare la migliore strategia complessiva dell’Impresa alla luce di ogni variabile utile alla massima caratterizzazione del proprio ruolo competitivo. Sarà così possibile delineare una strategia forte, distintiva, non replicabile da possibili concorrenti, perché ancorata ad esclusività proprie o del territorio di appartenenza in grado di garantire un proprio carattere competitivo sostenibile, massimo Valore Aggiunto e sicuro successo.
In questo contesto è fondamentale una concreta ed approfondita conoscenza dei nostri micro territori avviando delle approfondite analisi conoscitive dei Patrimoni Territoriali esistenti e in grado di sostenere carattere e personalità di tutte le PMI locali.
(3) Un’analisi dei propri comportamenti gestionali finalizzati sia alle coerenze con le Leggi Naturali sopra citate, sia alla matrice del proprio Posizionamento sia, infine, alle più efficaci principali pratiche di gestione in grado di realizzare una diagnosi d’Impresa semplificata che identifica precisamente le cose da fare, con quali priorità e senza o con minimi investimenti.
Lo scopo fondamentale di questo strumento gestionale è quello di agevolare il top management dell’Impresa o dell’Imprenditore stesso a comprendere come l’Impresa si presenta sul fronte della propria qualità organizzativa e capacità competitiva generale facendo emergere le proprie forze e debolezze rispetto alle reali sfide che ci attendono e che poi, un’attenta valutazione del management, tradurrà in piani esecutivi di azione. È importante sottolineare che i processi di progressiva trasformazione dell’impresa possono avvenire senza costi aggiuntivi, semplicemente iniziando ad operare le modifiche necessarie sulle attività che mostrano un immediato Pay-back (risparmi che coprono i costi sostenuti entro 12 mesi).
Per minimizzare ulteriormente il rischio di decisioni sbagliate è anche opportuno effettuare una specifica ricerca di mercato che incrocia i risultati della valutazione interna con le attese del cliente/consum-attore.
6) Conclusioni
Nel drammatico periodo che stiamo tutti vivendo con le incertezze collegate addirittura alla possibilità di conservazione della nostra specie, l’Economia d’Impresa necessita di una profonda revisione complessiva, lasciando il vecchio modello ormai non più sostenibile sia dal punto di vista dell’impatto ambientale, sia dal punto di vista di una equa qualità di vita per tutte le comunità, a prescindere dal PIL prodotto. Soprattutto nel nostro Paese, dove l’Economia e il lavoro sono sorretti da una moltitudine di PMI, maggiormente fragili ed esposte agli sconvolgimenti in atto.
Il problema sta nell’individuazione del corretto modello economico di riferimento in grado di valorizzare – anziché deprimere – le nostre qualità esclusive e competitive dato che quello attuale è governato da poteri e logiche a noi sfavorevoli, come si evince dagli andamenti degli ultimi 30 anni.
Per la sopravvivenza delle nostre Imprese e loro rilancio nell’arena competitiva globale, dobbiamo dunque volgere la nostra attenzione a modelli di gestione d’Impresa basati sul riconoscimento e valorizzazione delle forze che altri paesi non hanno, né avranno mai la possibilità di emulare. Questi nuovi modelli si basano su semplici ma efficaci indicazioni, per altro interpretabili e modificabili secondo le nostre specifiche caratteristiche ed esigenze.
I mercati di riferimento sono quelli che probabilmente si evolveranno maggiormente nel futuro sia in base alle maggiori sensibilità ambientali e sociali della gente, sia in relazione alla modifica degli stili di vita e di consumo: sono proprio quelli che meglio premiano quelle variabili strategiche e i “giacimenti di valore” immateriali di cui il nostro Paese è ricchissimo.
Si prospettano dunque importanti opportunità per l’evoluzione della nostra Economia e delle nostre PMI se sapranno coglierle con ben maggiore creatività e spirito di iniziativa rispetto ad altri Paesi.
Il tutto sarà possibile solo se i nostri Governi sapranno “vedere oltre la siepe” e favorire con visione e determinazione questa potenzialità progettandola, limitando condizionamenti e regole bloccanti, assegnando ben maggiore delega e autonomia alle Comunità e ai Territori del nostro Paese.
Nell’attuale crisi di sistema e di sconvolgimento planetario dei nostri modelli di vita e di consumo esiste un possibile futuro glorioso in cui tutti potranno essere attori di questo cambiamento possibile, garante di un benessere e qualità di vita duraturo.
Occorre ora muoverci con coraggio, passione e generosità.
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