Reinhold Messner e la sua passione per le montagne da 80 anni
### La vita di Reinhold Messner e la sua passione per la montagna
Reinhold Messner, nato il 17 settembre 1944 a Bressanone, in Alto Adige, è una figura emblematica dell’alpinismo. Cresciuto a Funes, un piccolo paese del Trentino-Alto Adige, il suo amore per la montagna iniziò precocemente, con la sua prima ascensione sul Sass Rigais all’età di cinque anni, guidato dal padre Josef. La sua infanzia fu segnata da una famiglia numerosa e da un rapporto difficile con il padre, caratterizzato da rigidità e autoritarismo.
Un episodio cruciale avvenne nel 1957, quando Messner scoprì il suo fratello Günther, in uno stato di distress após essere stato picchiato dal padre. Da quel giorno, i due fratelli divennero inseparabili, condividendo non solo la passione per la scalata, ma anche un sogno di “evasione” dalla loro vita familiare, immaginando gite come brevi fughe dalla realtà.
Messner e Günther si limitarono a utilizzare il minimo indispensabile di equipaggiamento, ispirati da miti dell’alpinismo come Hermann Buhl e Walter Bonatti. Tra gli anni Cinquanta e Sessanta, si dedicarono all’apertura di nuove vie nelle Dolomiti, prediligendo l’arrampicata libera, un approccio che portò Messner a sostenere la necessità di un ritorno a tecniche più pure e autentiche di scalata.
La relazione con la montagna per Messner non si può ridurre a un semplice hobby, bensì rappresenta una vera e propria filosofia di vita: la montagna è un luogo di sfida personale e di connessione profonda con la natura. Questo legame lo ha spinto a diventare non solo un alpinista di fama mondiale, ma anche un pensatore profondamente attento alle questioni ambientali e culturali legate alle zone montane.
### Le imprese iconiche: scalate e sfide
Nel corso della sua incredibile carriera, Reinhold Messner ha compiuto una serie di scalate storiche che hanno segnato un’epoca nell’alpinismo. A partire dal 1970, quando lui e suo fratello Günther conquistarono per la prima volta il Nanga Parbat attraverso il versante Rupal, Messner ha continuato a sfidare le convenzioni del suo tempo, spingendosi oltre i limiti dell’arrampicata tradizionale.
Dopo il Nanga Parbat, che segna un momento cruciale sia per la sua vita personale sia per la sua carriera, Messner ha continuato a esplorare le vette più alte del mondo. Nel 1975, insieme all’alpinista austriaco Peter Habeler, realizzò una scalata che è entrata nella storia: il duo raggiunse la vetta del Gasherbrum I senza l’uso di bombole d’ossigeno, un’impresa considerata impossibile a quell’epoca. Questo periodo di esplorazioni culminò nell’ottobre del 1978 con l’ascensione dell’Everest, dove Messner e Habeler divennero i primi alpinisti a raggiungere la cima della montagna più alta del mondo senza ossigeno supplementare.
Tuttavia, il vero apice della sua carriera avvenne nel 1986, quando Messner divenne il primo alpinista a scalare tutte le 14 montagna sopra gli ottomila metri senza ausili artificiali. Questa impresa, che ha richiesto anni di dedizione e preparazione, ha cementato la sua reputazione nel mondo dell’alpinismo. Durante queste scalate, Messner ha sempre adottato un approccio minimalista, rifuggendo l’eccessivo equipaggiamento e privilegiando l’auto-sufficienza e l’autenticità nell’affrontare le sfide naturali.
Le sue imprese non si sono limitate all’Himalaya; Messner ha anche esplorato i deserti e le regioni polari, come dimostra la sua traversata dell’Antartide insieme all’esploratore tedesco Arved Fuchs. Queste sfide multidimensionali non solo gli hanno permesso di spingersi oltre i limiti fisici, ma anche di esplorare la resilienza umana e l’impatto delle condizioni estreme sulla psiche e sul corpo.
Legato intensamente alla filosofia dell’arrampicata libera, Messner ha rappresentato una figura non solo di grande impatto fisico, ma anche intellettuale, invitando a una riflessione critica su come l’alpinismo e la natura possano intersecarsi in modi significativi e trasformativi. La sua vita è diventata una testimonianza di ciò che si può raggiungere quando si uniscono passione, dedizione e un profondo rispetto per l’ambiente montano.
### Il confronto tra alpinismo tradizionale e moderno
Il dibattito tra alpinismo tradizionale e moderno è in gran parte rappresentato dalla figura di Reinhold Messner, la cui visione della scalata ha radicalmente cambiato il panorama dell’alpinismo nelle ultime decadi. A partire dagli anni Sessanta, Messner ha sfidato le convenzioni e ha spinto per un ritorno alle origini dell’arrampicata, sostenendo l’importanza della scalata libera rispetto all’arrampicata artificiale, che stava guadagnando popolarità in quel periodo. Secondo Messner, l’uso eccessivo di attrezzature artificiali comprometteva il legame genuino tra l’alpinista e la montagna, rendendo la sfida meno autentica e gratificante.
Messner evidenziava poi l’aspetto etico dell’alpinismo, in cui l’autosufficienza e la preparazione personale svolgono un ruolo cruciale. In questo senso, la scalata non è solo una questione di raggiungere vette; si tratta di una ricerca interiore e di una prova di resistenza. Nella sua opera “Il settimo grado. Scalando l’impossibile”, Messner espone con chiarezza le sue idee sull’andare oltre i limiti imposti, elevando il concetto di difficoltà non solo in termini tecnici, ma come un processo di crescita personale.
Negli anni ’70, però, l’alpinismo moderno stava iniziando a dominare, con un approccio più tecnico e industrializzato. Le spedizioni divennero sempre più organizzate, con un’abbondanza di supporto logistico e attrezzature avanzate. Messner osservò come queste pratiche tendessero a diluire il senso di avventura e di scoperta, e iniziò a distanziarsi dalle dinamiche delle spedizioni tradizionali, proponendo una visione più individualista e, per certi versi, romanticista della scalata.
La rigida separazione tra l’alpinismo tradizionale e quello moderno non implica però un rifiuto totale delle nuove tecniche; piuttosto, Messner ha sempre cercato di integrare le innovazioni in modi che non compromettono l’essenza dell’esperienza alpinistica. Per lui, l’alpinista del futuro dovrebbe imparare a convivere con gli strumenti moderni senza perdere la connessione profonda con l’ambiente montano e, soprattutto, con se stesso.
### La tragedia del Nanga Parbat e le sue conseguenze
Il 1970 rappresenta un anno cruciale e tragico nella vita di Reinhold Messner, segnato dall’ascensione al Nanga Parbat in compagnia del fratello Günther. Questa spedizione, pur portando a una straordinaria vittoria conquistando la vetta del Nanga Parbat attraverso il versante Rupal, si trasformò in un dramma inaspettato. La scelta di Messner di scalare senza corde fisse e di salire in solitaria dimostrò la sua audacia, ma portò a una serie di eventi tragici che avrebbero segnato in modo indelebile la sua esistenza.
La salita fu coronata dal successo il 27 giugno, ma il mal di montagna colpì Günther, rendendo difficile la discesa. Dopo una notte bivaccando a 7.600 metri, i due fratelli decisero di separarsi temporaneamente: Reinhold si offrì di esplorare un percorso per un eventuale ritorno più facile. Pochi minuti dopo, una valanga travolse e uccise Günther, lasciando Messner in uno stato di devastazione e colpa.
Reinhold, perdendo il fratello, dovette affrontare non solo il dolore personale, ma anche le dure conseguenze di un’accusa infamante: l’abbandono del fratello al suo destino nel tentativo di non ostacolare la propria scalata. Questo peso lo accompagnò per anni, alimentando continue speculazioni e polemiche sull’accaduto, fino al 2000, quando un’analisi del DNA confermò l’identità dei resti di Günther, dissipando alcuni dei sospetti che avevano circondato Messner.
Il dolore e la sofferenza che seguirono la tragedia al Nanga Parbat lo portarono a una riflessione profonda sulla mortalità e sull’essenza dell’alpinismo. Messner iniziò a considerare la montagna non solo come campo di sfida e avventura, ma anche come luogo di catarsi e trasformazione personale. Questa esperienza plasmò il suo approccio alla vita e all’alpinismo, spingendolo a cercare un equilibrio tra l’aspirazione alla vetta e il rispetto per la vulnerabilità della vita.
In seguito alla tragedia, Messner rimase determinato a continuare le sue scalate, ma con una rinnovata consapevolezza delle forze in gioco e della fragilità dell’esistenza. Questa episodio straziante, pur rappresentando una delle pagine più oscure della sua carriera, contribuì a forgiare un alpinista che sarebbe diventato una leggenda, non soltanto per le sue imprese ma anche per la profondità delle sue riflessioni sulla montagna e sulla vita stessa.
### Messner oggi: musei, ambiente e filosofia di vita
Negli ultimi anni, la vita di Reinhold Messner si è spostata su un nuovo piano, dedicandosi alla creazione e alla gestione di musei che riflettono la sua profonda connessione con le montagne. Il Messner Mountain Museum è un’ambiziosa iniziativa che include sei sedi sparse nel Sudtirolo, ognuna delle quali esplora aspetti diversi del legame tra l’umanità e la montagna. Messner ha desiderato che questi spazi non fungessero solo da archivio delle sue celebri ascensioni, ma anche come centri di divulgazione culturale e ambientale.
Ognuno dei musei si concentra su temi specifici: dalla storia delle esplorazioni al rispetto per l’ambiente, passando per la cultura e le tradizioni alpine. L’obiettivo di Messner è chiaro: sensibilizzare le persone sull’importanza di preservare gli ambienti montani, affrontare le sfide contemporanee legate alle attività economiche nelle montagne e promuovere un turismo responsabile.
In particolare, la salvaguardia delle tradizioni locali e dell’equilibrio ecologico è una narrativa che Messner sostiene attivamente. Negli ultimi anni, ha anche ripreso il contatto diretto con la natura, portando yak himalayani nelle Dolomiti, un’iniziativa che unisce tradizione e modernità. Ogni anno, durante il periodo di transumanza, Messner guida queste creature tra gli alpeggi, creando anche un’opportunità di condivisione con appassionati e curiosi, affermando che «l’uomo ha imparato a muoversi con le gambe e camminando capisce il mondo».
Oltre alle sue attività museali, Messner è un fervente sostenitore di questioni ambientali, evidenziando l’urgenza di affrontare i cambiamenti climatici e il degrado degli ecosistemi montani. Ha anche svolto un breve periodo di attività politica, venendo eletto nel 1999 al Parlamento europeo con i Verdi. Tuttavia, la sua vita è sempre rimasta ancorata al motore della sua passione: la montagna. Messner invita tutti a vedere le montagne non solo come mete da conquistare, ma come spazi di riflessione e armonia tra l’uomo e la natura, promuovendo un’idea di alpinismo che va oltre la mera prestazione fisica.