Reati sessuali: adescamento ed incontro con una minorenne mediante Social Network arriva la decisione della Cassazione Penale
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La Corte di Cassazione Penale, Sezione III con sentenza n. 42873 del 18 ottobre scorso ha deciso in merito alla fattispecie di Reato Sessuale con una minorenne di cui al 609 e 609 quater del Codice Penale.
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Il fatto: un uomo chatta su un sito con una ragazzina che afferma di essere quattordicenne e poi si incontrano ed hanno un rapporto orale. La ragazzina si scopre avere appena tredici anni.
Si chiede alla Corte se la condotta dell’uomo possa essere scriminata per errore inevitabile sull’età della ragazzina.
La Corte dice NO, escludendo in modo categorico che possa ritenersi scriminata la condotta in esame.
Infatti, l’ignoranza dell’età della persona offesa, da parte del soggetto agente, scrimina la condotta laddove la stessa sia inevitabile e l’inevitabilità non può fondarsi soltanto, od essenzialmente, sulla dichiarazione della vittima di avere un’età superiore a quella effettiva essendo richiesto, a chi si accinga al compimento di atti
sessuali con un soggetto che appare di giovane età, un “impegno conoscitivo” proporzionale alla presenza dei valori in
gioco.
Il ricorrente, invece, nella specie, richiama l’attenzione sulla “mistificazione” da parte della minore della propria età e sul fatto che la stessa frequentava un sito per adulti (BADOO).
Va anche precisato che grazie alla recente novella, la norma in esame, vigente, mostra di recepire l’insegnamento della Consulta (24.7.07 n. 322) con il risultato che ora, il colpevole di uno dei reati indicati (tra i quali l’art. 609 quater) non può invocare a propria scusa l’ignoranza dell’età della persona offesa, ‘salvo che si tratti di ignoranza inevitabile’, dovendosi ritenere come tale l’ignoranza che non sia rimproverabile, quantomeno, a titolo di colpa.
I Giudici di merito avevano giustamente puntualizzato – a parere della Corte – che detta ignoranza ‘inevitabile’ non può fondarsi soltanto, od essenzialmente, sulla dichiarazione della vittima di avere un’età superiore a quella effettiva essendo richiesto, a chi si accinga al compimento di atti sessuali con un soggetto che appare di giovane età, un ‘impegno conoscitivo’ proporzionale alla presenza dei valori in gioco.
La Corte ritiene NON sostenibile la tesi dell’indagato secondo la quale in occasione dell’incontro, non gli sarebbe sorto alcun dubbio sulla reale età della minore che, per quanto potesse (in teoria) sembrare più grande, restava
una bambina di 13 anni.
La Corte ha quindi rigettato il ricorso, confermando quanto deciso dai Giudici di merito sull’effettiva configurazione del reato di violenza a minore e ha condannato il ricorrente alle spese processuali.
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