Quando il mondo digitale non esisteva: riemerge la base NATO di Proto fulcro della guerra fredda analogica
![anche quando il mondo non va](https://assodigitale.it/wp-content/uploads/2018/02/anche-quando-il-mondo-non-va.jpg)
E’ stata in attività per quasi quarant’anni, durante la guerra fredda e oltre, ma nessuno ne conosceva l’esistenza.
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Dal 1959 al 1996 la base militare denominata Proto, scavata nella roccia del Monte Massico, in provincia di Caserta tra Mondragone e Sessa Aurunca, si è contraddistinta come avamposto strategico in funzione antisovietica.
Era un centro d’ascolto e un bunker antiatomico, dove lavoravano centinaia di persone impegnate nell’intercettare qualsiasi attività avvenisse in superficie, sui mari o nei cieli europei.
E in caso di conflitto mondiale, all’epoca ipotesi tutt’altro che fantascientifica, i vertici del comando Sud della Nato – di stanza a Bagnoli fino a dicembre 2012 – avrebbero trovato rifugio qui.
Il mensile Wired ha pubblicato nel numero di settembre le immagini di backstage in esclusiva della struttura abbandonata, un lavoro firmato da Sergio Nazzaro e Ivano Cirillo con il fotografo Massimo Mastorillo.
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In reportage è un viaggio alla scoperta di un luogo surreale, al quale si può accedere solo percorrendo un tunnel sotterraneo di due chilometri, lasciato in uno stato di totale degrado dopo quasi vent’anni d’abbandono.
Una cittadella fantasma, sulla carta segreta (non esistono testimonianze fotografiche per gli anni di attività) ma che evidentemente alcuni conoscevano molto bene visto che una volta dismessa è stata sottoposta a un vero e proprio saccheggio.
Ciò nonostante gli accessi fossero stati murati con porte di cemento armato, come riferito dall’ufficio stampa della Marina Militare, pensando a un futuro reimpiego del sito.
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Ma la vigilanza nel corso degli anni si è prima diradata per poi sparire del tutto, lasciando via libera ai malintenzionati.
I ladri hanno portato via tutto ciò che avesse valore per piazzarlo sul mercato nero.
Rame soprattutto, ma anche motori e quadri elettrici. Il tutto in un contesto fatiscente e devastato, con cumuli di rifiuti ingombranti, un cimitero di computer e lastre di amianto che alla rinfusa si accumulano lungo corridoi e slarghi.
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Che la malavita potesse andare a nozze con una struttura del genere, amplissima e ben nascosta, era facilmente intuibile. Prova ne è il fatto che alcune aree del labirinto sotterraneo siano state utilizzate per addestrare cani da combattimento.
Ma ciò che più preoccupa è quella cospicua parte della base ancora inesplorata, che potrebbe celare veleni. Il che in un’area già martoriata da decenni di sversamenti tossici renderebbe ancora più drammatico il rischio ambientale.
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