Proteggere la propria privacy è sempre più difficile, social media a rischio per gli italiani secondo la ricerca del Censis
Nell’”era biomediatica” proteggere la propria privacy è sempre più difficile, ma resta un diritto inviolabile.
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È quanto emerso dall’ultima ricerca del Censis su “Il valore della Privacy nell’epoca della personalizzazione dei media”, presentata ieri a Roma dal direttore generale dell’istituto, Giuseppe Roma, e secondo la quale la maggior parte degli italiani teme per la propria privacy, considerata sempre più a rischio su internet.
In questi ultimi anni, con la diffusione dei social network, le ricerche sempre più “su misura” nei motori di ricerca e i software per la geolocalizzazione della propria posizione, si è anche sviluppata una maggiore diffidenza nei confronti della rete e della sicurezza dei dati personali, fondamentalmente per l’uso spesso inappropriato che se potrebbe fare.
Il 60,7% dei soggetti dell’indagine pensa che i dati personali siano un patrimonio con un elevato valore economico, che potrebbe essere sfruttato dalle “big player” della rete, sia a fini commerciali che politici. E per questo il 51,6% crede che negli anni a venire il potere sarà nelle mani di chi possiede più dati.
Da ciò deriva la propensione di una percentuale molto alta di italiani (83,6%) a non voler lasciare tracce su internet; mentre un 82,4% crede che sia addirittura pericoloso farlo e che esporrebbe a truffe, un altro 83,3% teme che i propri dati personali siano estorti (a prescindere dal consenso o meno) da molti siti web.
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La stragrande maggioranza degli internauti italiani (93%) pensa infatti che la privacy possa essere violata in rete, mentre un terzo di chi naviga (32%) denuncia di aver subito danni, per lo più lievi, come la ricezione di posta indesiderata.
Ma nonostante i timori e le richieste di una normativa per la protezione dei dati personali sempre più severa, dalle statistiche risulta evidente che c’è ancora uno scarso controllo dei mezzi messi a disposizione comunemente per proteggere la privacy: il 37, 7% non adopera alcuna strategia; solo il 40,8% degli internauti accede alla rete con modalità che preservano in qualche modo la privacy, come la limitazione dei cookies, la navigazione anonima o la visibilità del proprio account con riserve; mentre un italiano su quattro si limita a forme passive di tutela, che spesso consistono nella rinuncia a un servizio richiesto in cambio di informazioni.
La fiducia nei confronti di un sito invece aumenta la disponibilità a condividere i propri dati: il 40% degli italiani, sempre secondo la ricerca, è disposto, se si fida, ad autorizzare il trattamento dei dati personali; un 30% rifiuta di farlo a priori; mentre solo un 17% è disponibile a concedere l’autorizzazione senza pretendere particolari precauzioni.
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