Rivoluzione culturale nel carcere di San Vittore
Recuperare luoghi abbandonati e trasformarli in spazi artistici e culturali aperti al pubblico, favorendo così la relazione tra la città e il carcere. Con questa filosofia è stato inaugurato nella Casa Circondariale di Milano San Vittore lo spazio “ReverseLab”. Inserito nell’ambito delle attività di Off Campus San Vittore, il progetto sfrutta uno spazio gestito dal Politecnico di Milano e aperto nel 2022 all’interno del carcere stesso. Così da un’ala dismessa del carcere in passato adibita a zona di isolamento del reparto di massima sicurezza è nato un laboratorio permanente di produzione artistica e culturale.
“L’ateneo nasce per rispondere ai bisogni di formazione e ricerca, ma anche di responsabilità sociale del territorio. Per i nostri docenti e i nostri studenti è quindi importante avere un’esperienza pragmatica di come si possano supportare attraverso formazione, ricerca, innovazione e attenzione al sociale comunità che sono tendenzialmente ai margini della società e del territorio urbano o in dimensioni costrette come a San Vittore”, ha affermato la rettrice del Politecnico di Milano Donatella Sciuto.
Il direttore della Casa Circondariale, Giacinto Siciliano, ha definito l’iniziativa “un passo importante perché si prende uno spazio abbandonato, gli si dà un nuovo valore e significato e lo si fa coinvolgendo le persone che vivono in questa struttura”. Siciliano ha sottolineato l’importanza di far sì che i detenuti si sentano protagonisti, contribuendo a migliorare l’ambiente e, di conseguenza, se stessi. “Il nostro è un carcere di transito dove le persone stanno poco tempo; possiamo quindi dare solo degli stimoli, ma è importante farlo”, ha aggiunto.
Tornando sulla relazione da mantenere viva tra Milano e il carcere, Siciliano ribadisce come sia “importante che chi sta dentro, detenuti e operatori, sentano la città come una parte vicina”. La nuova iniziativa si propone, quindi, di costruire uno spazio aperto alla relazione, facendo sì che la cittadinanza possa scoprire e interagire con il mondo carcerario, creando così un ponte tra due realtà spesso percepite come distanti.
Progetto ReverseLab: la nascita di uno spazio artistico
All’interno della Casa Circondariale di Milano San Vittore, il progetto ReverseLab segna un momento cruciale nella trasformazione degli ambienti carcerari in luoghi di innovazione e creatività. Attraverso la rigenerazione di spazi precedentemente in disuso, il progetto si propone di restituire dignità e voce ai detenuti, offrendo loro l’opportunità di esprimere le proprie emozioni attraverso l’arte. Questo laboratorio artistico permanente è il risultato di un’incredibile collaborazione tra diversi enti, tra cui il Politecnico di Milano, la Fondazione di Comunità Milano, Forme Tentative e Philo – Pratiche Filosofiche.
Il ReverseLab non è solo un luogo di produzione artistica, ma diventa un punto di incontro e dialogo tra la realtà carceraria e il mondo esterno. La scelta di utilizzare un’area precedentemente destinata all’isolamento nella sezione di massima sicurezza rappresenta una forte dichiarazione di intenti: trasformare il dolore e la solitudine in creatività e condivisione. All’interno di questo spazio, i detenuti sono stati coinvolti in workshop condotti da artisti, con l’obiettivo di stimolare la loro creatività e incoraggiare la riflessione personale.
La filosofia del ReverseLab abbraccia l’idea che l’arte possa fungere da potente strumento di rieducazione e reintegrazione nella società. “È qualcosa di democratico, perché non richiede particolare formazione: ognuno di noi può esprimere se stesso,” ha dichiarato la rettrice del Politecnico, Donatella Sciuto. La creazione di opere d’arte insieme a professionisti esterni non solo offre ai detenuti nuove competenze, ma li invita a raccontare le proprie storie attraverso forme artistiche diverse.
In questo contesto di innovazione sociale, ReverseLab si pone come un esperimento unico nel suo genere, nel quale il carcere e la comunità si avvicinano, costruendo relazioni significative e instaurando un dialogo aperto. L’arte diventa così il veicolo per una nuova visione del carcere, presentato non solo come luogo di detenzione, ma anche come spazio di costruzione culturale e sociale.
La mostra “Gli artisti sono quelli che fanno casino”
La prima mostra di ReverseLab, intitolata “Gli artisti sono quelli che fanno casino. Frammenti dal Carcere di San Vittore”, rappresenta un’opera collettiva unica nel suo genere, che racchiude le esperienze e le emozioni di circa 40 detenuti e agenti di polizia penitenziaria. Questa installazione è stata concepita tra marzo e giugno 2024 durante un workshop guidato dall’artista Maurice Pefura, che ha saputo coinvolgere i partecipanti in un processo creativo che va al di là della semplice espressione artistica.
L’opera si sviluppa lungo un corridoio e si compone di centinaia di moduli di carta, per lo più post-it, sui quali i detenuti hanno lavorato e assemblato i loro pensieri. Ogni frammento di carta contribuisce a creare un’immagine che potrebbe apparire astratta, ma che in realtà è intrisa delle storie e delle emozioni vissute dai detenuti. Questi elementi, semplici ma significativi, si uniscono a formare un mosaico che invita i visitatori a intraprendere un viaggio attraverso le esperienze dei protagonisti.
Il percorso della mostra è arricchito da quattro celle in cui i visitatori possono ascoltare le riflessioni dei detenuti registrate durante il workshop. Ogni cella offre un tema differente: “Dèsolè maman” presenta un ritratto personale e intimo dei detenuti; “Sole, dove sei?” esplora le emozioni del primo giorno di detenzione; “Ho perso la luna” proietta la condizione del vivere in carcere e la sensazione di un tempo che non scorre, mentre “Non spegnere la luce” riflette sul futuro e i desideri di cambiamento dei detenuti una volta scontata la pena.
Questa mostra non rappresenta solo un’esperienza visiva, ma è un’opportunità di ascolto e comprensione, creando un legame diretto tra i visitatori e le vite dei detenuti. L’arte, in questo contesto, diventa un potente veicolo di comunicazione e connessione, permettendo di mettere in luce le diverse sfaccettature delle esperienze carcerarie e contribuendo a ridurre il divario tra mondo esterno e realtà carceraria.
Le testimonianze dei detenuti: emozioni e riflessioni
Le testimonianze rilasciate dai detenuti durante i laboratori di ReverseLab offrono uno spaccato profondo e sincero delle loro emozioni e delle riflessioni scaturite dall’esperienza della detenzione. Ogni parola esprime un’intensità che raramente affiora al di fuori delle mura del carcere, rivelando il potere catartico dell’arte come mezzo di espressione e comunicazione. Gli interventi sono stati raccolti e curati con attenzione, svelando i pensieri e i sentimenti dei partecipanti nei vari momenti del percorso artistico.
Un detenuto ha descritto l’emozione di partecipare al laboratorio dicendo: “Creare è stato come un risveglio. Ho scoperto che le mie parole possono trasformarsi in qualcosa di bello”. Questa affermazione evidenzia come l’arte possa agire come un catalizzatore di cambiamento personale, creando unione tra le esperienze individuali e il processo creativo collettivo. Altri detenuti hanno parlato della loro paura e vulnerabilità, raccontando come il processo di introspezione attraverso l’arte abbia permesso loro di affrontare emozioni represse e di esplorare la propria identità.
Uno dei contributi più significativi proviene da un detenuto che ha espresso come l’arte possa offrire “un’occasione per ridimenticare il passato e costruire un futuro diverso”. Questo è un tema ricorrente tra i partecipanti, che spesso vedono nella creatività non solo un mezzo di evasione dal presente, ma anche una via per immaginare possibilità future.
Le celle in cui sono raccolte le riflessioni audio rendono tangibile questo scambio di emozioni. Attraverso le registrazioni, i visitatori possono ascoltare storie di paura, speranza e resilienza. La cella “Dèsolè maman” trasmette un profondo senso di nostalgia e amore per la famiglia, mentre “Sole, dove sei?” cattura l’angoscia del primo giorno in carcere. Questi spaccati di vita concorrono a umanizzare i detenuti, presentandoli non solo come uomini e donne in carcere, ma come individui con storie da raccontare e sogni da condividere.
La potenza del progetto ReverseLab risiede nella capacità di trasformare queste testimonianze in arte, creando un ponte tra la realtà carceraria e il mondo esterno. Le emozioni espresse attraverso il workshop non solo aprono a una nuova comprensione delle esperienze detenute, ma arricchiscono anche la comunità che vi interagisce, rendendo palpabile il potere dell’arte come strumento di rieducazione e reintegrazione.
Gestione e impatto sociale del progetto
La gestione del progetto ReverseLab si fonda su una pratica collaborativa che coinvolge non solo i detenuti ma anche una rete di professionisti e enti esterni. Questo approccio permette di creare un ambiente stimolante e favorevole all’espressione artistica, dove le emozioni e le idee possono fluire liberamente. Grazie a workshop condotti da artisti di fama, si offre ai detenuti l’opportunità di esplorare nuove forme di comunicazione e di apprendere competenze artistiche, trasformando i loro spazi di vita in laboratori di creatività.
Il progetto ha avuto un impatto significativo non solo sui detenuti, ma anche sulla società circostante. Attraverso l’apertura di ReverseLab al pubblico, si è realizzato un importante ponte tra il carcere e la città, invitando i cittadini a entrare in contatto con la realtà carceraria e ad affrontare pregiudizi comuni. Le risposte del pubblico sono state per lo più positive, dimostrando un forte interesse verso le storie e le esperienze dei detenuti. Questa interazione non solo aiuta a normalizzare la presenza di arte all’interno del carcere, ma promuove anche una riflessione critica sui temi della giustizia e del reinserimento sociale.
La direzione della Casa Circondariale di San Vittore e il Politecnico di Milano hanno monitorato costantemente i progressi di ReverseLab, evidenziando come l’arte possa fungere da strumento di rieducazione. L’obiettivo è non solo quello di offrire un’attività creativa ai detenuti, ma anche di favorire una reale trasformazione personale e relazionale. “Questo progetto rappresenta una possibilità di cambiamento, un modo per dare senso e valore a esperienze che spesso vengono ignorate”, ha commentato Giacinto Siciliano.
Inoltre, ReverseLab è visto come un esempio di innovazione sociale utile a promuovere una cultura della responsabilità condivisa. L’inclusione dei detenuti in un processo creativo collettivo contribuisce a costruire competenze trasversali che possono rivelarsi preziose una volta al di fuori delle mura carcerarie. Grazie a questa iniziativa, i partecipanti non solo si sentono valorizzati, ma acquisiscono strumenti pratici e emotivi volti a facilitare la loro reintegrazione nella società.