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Prime Energy: promesse ingannevoli e costi di Bertrand Piccard spiegati

  • Redazione Assodigitale
  • 28 Novembre 2024
Prime Energy: promesse ingannevoli e costi di Bertrand Piccard spiegati

Rivelazioni sulla bancarotta di Prime Energy

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La recente bancarotta di Prime Energy Cleantech (PEC) ha colto molti investitori di sorpresa. Dal 2011, la società aveva presentato un modello di business promettente, ponendosi come simbolo di un’energia rinnovabile credibile e redditizia. Ha raccolto circa CHF 122 milioni da quasi 2.000 investitori, principalmente nella Svizzera di lingua francese, attratti dalla prospettiva di investimenti in impianti fotovoltaici. In particolare, la presenza di Bertrand Piccard, noto avventuriero ed ambientalista, come ambasciatore della società aveva fornito un’importante garanzia agli investitori.

Indice dei Contenuti:
  • Prime Energy: promesse ingannevoli e costi di Bertrand Piccard spiegati
  • Rivelazioni sulla bancarotta di Prime Energy
  • Investimenti ingannevoli e utilizzo dei fondi
  • Il ruolo controverso di Laurin Fäh
  • Il compenso di Bertrand Piccard e il suo coinvolgimento
  • Le domande senza risposta sulla gestione dell’azienda


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Tuttavia, la situazione è divenuta critica nell’ottobre 2023, quando i dividendi promessi hanno smesso di arrivare. La direzione dell’azienda ha comunicato una grave crisi di liquidità, che ha portato all’apertura dei procedimenti di bancarotta. Gli investitori, molti dei quali avevano investito significative somme delle loro risorse pensionistiche, si sono ritrovati in una situazione di incertezza e preoccupazione. L’attenzione si è quindi spostata su Laurin Fäh, fondatore e azionista di maggioranza di PEC, che è stato accusato di aver dissipato i fondi aziendali e di aver messo a rischio gli investimenti dei soci.

Le successive indagini hanno rivelato che circa un sesto dei fondi raccolti era stato utilizzato per investimenti in immobili, contrariamente alle promesse fatte. Questa scoperta non solo ha scosso la fiducia degli investitori, ma ha anche suscitato domande sui meccanismi di gestione finanziaria della società. Insomma, la storia di Prime Energy si è trasformata da un potenziale caso di successo nel campo delle energie rinnovabili a una triste lezione sui rischi associati agli investimenti in aziende dalla trasparenza discutibile.

Investimenti ingannevoli e utilizzo dei fondi


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L’analisi della bancarotta di Prime Energy Cleantech ha rivelato un utilizzo controverso dei fondi raccolti dai circa 2.000 investitori. Nonostante le iniziali promesse di concentrare gli investimenti nella realizzazione di impianti fotovoltaici, è emerso che una parte sostanziale del capitale è stata dirottata verso il settore immobiliare. In particolare, circa CHF 19,5 milioni dei CHF 122 milioni totali raccolti è stato destinato a un progetto di investimento immobiliare, contraddicendo le dichiarazioni pubbliche della società, che assicuravano un utilizzo esclusivo dei fondi per l’energia solare.

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Laurin Fäh, fondatore di Prime Energy, ha giustificato tale decisione sostenendo che le difficoltà legate al mercato dell’energia solare, amplificate dal cambiamento climatico, avessero reso la vendita di impianti fotovoltaici meno redditizia rispetto agli investimenti immobiliari. Ha ulteriormente sostenuto che la diversificazione in questo settore avrebbe potuto garantire maggiori ritorni economici. Le sue affermazioni, tuttavia, sono state accolte con scetticismo, dato che i contratti d’investimento iniziali promettevano risultati tangibili nel campo delle energie rinnovabili.

Le indagini hanno svelato disallineamenti tra le pratiche aziendali e le aspettative degli investitori. Mentre la società comunicava la sua dedizione all’espansione delle fonti rinnovabili, un flusso significativo di denaro veniva indirizzato verso progetti immobiliari, sollevando sospetti e incertezze tra coloro che avevano messo a rischio i propri risparmi. Ciò ha comportato una serie di interrogativi sulla costituzione e sulla trasparenza delle operazioni finanziarie di PEC, gettando un’ombra lunga sulla sua credibilità e sulla fiducia riposta in essa dagli investitori.

Questi sviluppi hanno sollevato anche preoccupazioni legali per possibili malversazioni, dato l’ammontare considerevole dei fondi trasferiti. L’analisi di Maximilien Roche, esperto in integrità e investigazione, sottolinea che il passaggio di denaro tra la società e i suoi fondatori non è da sottovalutare, evidenziando il rischio intrinseco di tale distribuzione di capitali. In sostanza, l’accaduto non solo ha deluso milioni di franchi svizzeri investiti, ma ha anche offerto un chiaro esempio dei pericoli insiti nella mancanza di trasparenza nel settore delle energie rinnovabili.

Il ruolo controverso di Laurin Fäh

Laurin Fäh, fondatore e azionista di maggioranza di Prime Energy Cleantech (PEC), si trova al centro di un acceso dibattito riguardo alla gestione e agli investimenti della società. Acusato di aver messo a rischio i capitali investiti da circa 2.000 investitori, le sue azioni hanno sollevato interrogativi significativi sulla responsabilità aziendale e sulla trasparenza dei processi decisionali. Gli investitori, spinti dalla promessa di rendimenti attraverso l’installazione di impianti fotovoltaici, si sono sentiti traditi quando hanno scoperto che una parte consistente dei fondi era stata investita nel settore immobiliare.

Fäh giustifica la propria scelta di dirottare CHF 19,5 milioni in progetti immobiliari come una mossa strategica per garantire un ritorno economico a lungo termine, sostenendo che le turbolenze del mercato dell’energia solare e il cambiamento climatico avessero influenzato negativamente le prospettive di vendita degli impianti. In un’intervista, ha dichiarato: “Investire esclusivamente in energia solare è rischioso. L’immobiliare offre margini di profitto migliori e promesse più concrete.” Tuttavia, tali affermazioni sono state accolte con scetticismo da parte degli osservatori del settore e degli stessi investitori, che avevano confidato in un impegno reale verso l’energia sostenibile.

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La dinamica del prestito di CHF 19,5 milioni a un’altra società di sua proprietà, Bargella SA, ha ulteriormente complicato la sua posizione. Questa operazione ha sollevato nuovi sospetti, evidenziando come i flussi di denaro tra la compagnia e i suoi dirigenti possono comportare gravi conflitti di interesse. Maximilien Roche, consulente di integrità, ha descritto la manovra come “una catena indiretta di trasferimenti di denaro,” un meccanismo che permette di mascherare scelte finanziarie discutibili che potrebbero portare a default e crisi aziendali.

La mancanza di un bilancio aggiornato al 31 dicembre 2023 alimenta ulteriormente il dibattito sul ruolo di Fäh nella crisi della società. Gli analisti si domandano se i vertici di PEC, inclusi Fäh, fossero già a conoscenza dei problemi di liquidità prima di continuare a raccogliere fondi. Le sue giustificazioni e la sua difesa non sembrano, al momento, placare le crescenti preoccupazioni degli investitori e degli esperti, rendendo la figura di Laurin Fäh sempre più controversa nel panorama delle energie rinnovabili.

Il compenso di Bertrand Piccard e il suo coinvolgimento

Bertrand Piccard, avventuriero di fama mondiale e ambientalista, ha ricoperto un ruolo centrale nella comunicazione del progetto Prime Energy Cleantech (PEC) per quasi un decennio. Malgrado la sua reputazione, la sua associazione con la società ora fallita ha sollevato domande cruciali riguardo alla trasparenza e alla responsabilità. Secondo alcune fonti, il suo compenso annuale per funzioni di ambasciatore ammontava a CHF 100.000 e includeva anche l’attribuzione di quote aziendali.

Nonostante la sua posizione di vigore, che ha attratto molti investitori, Piccard ha dichiarato di non avere accesso operativo alle decisioni aziendali, sostenendo di essere rimasto all’oscuro della crisi imminente. Tuttavia, è emerso che già dal marzo 2023 era stato informato delle problematiche finanziarie della PEC, a tal punto che il suo contratto di sponsorizzazione era stato annullato. Questa informazione ha sollevato interrogativi sulla sua responsabilità, considerando che il suo endorsement ha contribuito a rafforzare la fiducia degli investitori nelle promesse della società.

La questione del compenso di Piccard è anche stata oggetto di scrutinio, specialmente alla luce delle difficoltà economiche della società. Sebbene abbia rifiutato di commentare le cifre specifiche, le informazioni trapelate indicano che il suo rendimento complessivo, tra stipendi e azioni, siaggirerebbe attorno a diverse centinaia di migliaia di franchi. Ciò ha suscitato indignazione tra gli investitori, che si sentono traditi non solo dalle pratiche aziendali di PEC ma anche dalla figura che rappresentava il progetto.

La situazione di Piccard è ulteriormente complicata dalla sua dichiarazione in occasione di una riunione con gli investitori, in cui ha affermato di essere stato ingannato quanto loro, indicando una divisione netta tra la sua esperienza di investitore e l’immagine curata di innovatore associata a PEC. Questo divario destina a suscitare non poche polemiche, sembrando erodere la credibilità non solo di Piccard ma anche di tutte le sue iniziative di sostenibilità e di promozione alle energie rinnovabili. Mentre gli investitori navigano in un mare di incertezze e delusioni, il valore dell’immagine pubblica di Piccard, che precedentemente ha usato per sostenere progetti di energia pulita, è adesso rimesso in discussione.

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Le domande senza risposta sulla gestione dell’azienda

La crisi di Prime Energy Cleantech (PEC) solleva interrogativi significativi sulla trasparenza e sulla gestione finanziaria della società. Emerge infatti una preoccupante mancanza di chiarezza riguardo alle operazioni condotte dai vertici dell’azienda prima della dichiarazione di bancarotta. Anomalie nei bilanci, in particolare l’assenza di un bilancio aggiornato al 31 dicembre 2023, suscitano sospetti. Maximilien Roche, esperto di integrità e investigazione, ha segnalato l’assenza di un bilancio chiuso dal 2022 fino all’estate del 2024 come un indicativo di potenziali problemi di liquidità già noti alla dirigenza.

Un tale vuoto informativo suggerisce che i dirigenti potessero essere a conoscenza della situazione critica, ma hanni scelto di proseguire nella raccolta di fondi da investitori ignari. Questo comportamento, se confermato, potrebbe configurare un’azione fraudolenta, sollevando preoccupazioni legali per possibili malversazioni. I finanziatori, che avevano confidato in un business florido e sostenibile, si sono ritrovati a fronteggiare una realtà ben diversa, chiedendosi se avessero ricevuto tutte le informazioni necessarie per investire consapevolmente.

Altro aspetto cruciale riguarda il coinvolgimento di Bertrand Piccard, che, sebbene avesse affermato di non avere accesso alle informazioni di gestione, risulta essere stato informato fin dal marzo 2023 riguardo ai problemi finanziari della società. La sua dichiarazione alla crisi degli investitori, in cui affermava di essere stato ingannato, ha portato a interrogativi su quanto egli fosse realmente all’oscuro della situazione. Piccard, noto per il suo impegno nella sostenibilità, ha dovuto affrontare critiche riguardo al suo ruolo nella promozione di PEC, contribuendo così a rafforzare la fiducia degli investitori nelle pratiche aziendali di una società che si stava avviando verso il disastro.

Queste incertezze riguardo alla governance e alle pratiche commerciali di PEC non possono essere ignorate. L’analisi delle scelte finanziarie dei dirigenti, incluso il controverso prestito di CHF 19,5 milioni e i successivi investimenti immobiliari, espone potenziali conflitti d’interesse che sembrano aver compromesso gli obiettivi iniziali dell’azienda. Se le evidenze dovessero confermare negligenze o cattive intenzioni, i responsabili potrebbero dover affrontare conseguenze legali severe, aumentando ulteriormente le tensioni tra gli investitori scoraggiati e le figure di gestione dell’azienda.


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