“Potere alle parole” di Vera Gheno, sociolinguista specializzata in comunicazione digitale
Praticamente il miglior breviario sull’uso delle parole uscito in questo periodo. Chiaro, conciso, ricco di curiosità e onesto.
di Alberto Pezzini
Potere alle parole (Einaudi, pagg. 160, euro 13,00) scritto in un momento particolare della sua vita da Vera Gheno, sociolinguista specializzata in comunicazione digitale.
La lingua è un codice.
Che va condiviso da una comunità. Altrimenti sarebbe una Babele. Solo che è un codice metamorfico, capace di modificarsi per sopravvivere.
Ad esempio, un bambino a cui avevano vietato di correre in un corridoio chiese: che senso ha la parola corridoio se poi non ci si può correre? Pensate che capacità possiede la lingua.
Prostituta d’alto bordo arriva dal gergo marinaro dove il bordo – in questo caso – indica il fianco della nave. Più è alto e più costosa la nave. La prostituta va da sé. Cà va sans dire.
La Gheno attribuisce un potere formidabile alla lingua, anzi alle parole.
Tanto da pescare dentro il libro di Foster Wallace, Considera l’aragosta, il termine snob. Non a caso. Chi è lo snob oggi , soprattutto in campo linguistico? Una definizione ampia di Snob potrebbe essere una persona che sa cosa significa disfemismo e cui non piace farvelo capire.
Atteso che un disfemismo è un erroraccio, uno svarione – di solito meglio se altrui – ecco perchè questo libro è onesto.
Essere colti non significa prendersi gioco di chi non ha studiato. Possedere il potere sulle parole – pensate a Tolkien che inventò una vera lingua ancora oggi lucida e viva come il mitril, la corazza di metallo inossidabile e imperforabile donata a Frodo – significa poter vivere due anzi anche tre volte di più.
Non lo diceva già Umberto Eco che chi legge vive almeno 5000 anni ?
Vera Gheno
Bene, Vera Gheno ne è una conferma vivente quando sposa quel concetto già elaborato da Gramsci per cui Cultura non è possedere un magazzino ben fornito di notizie ma chi sente la relazione con tutti gli altri esseri. Grazie alle parole, che poi compongono e nutrono la cultura.
Negli anni settanta il filosofo inglese Paul Grice ha individuato i quatto pilastri della comunicazione:
Non dire né troppo né troppo poco.
Sii sincero.
Sii pertinente.
Sii chiaro.
Pensate se tutti coloro che oggi usano la comunicazione, dai giornalisti ai politici, si attenessero a questi quattro punti.
Sarebbe il migliore dei mondi (imp)possibili. Allora rubiamo la chiusa – magnifica – utilizzata da Vera Gheno per coronare il suo brillantissimo saggio, tratta da un brano del 2018 di Justin Timberlake e Chris Stapleton: a volte, il modo migliore per dire qualcosa, è non dire proprio nulla.
Alberto Pezzini