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Pensione di invalidità e sociale insieme: come ottimizzare i tuoi diritti a 67 anni

  • Redazione Assodigitale
  • 18 Marzo 2025
Pensione di invalidità e sociale insieme: come ottimizzare i tuoi diritti a 67 anni

Pensione di vecchiaia e assegno sociale: cosa sapere al compimento dei 67 anni

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Quando si raggiungono i 67 anni, ci sono importanti cambiamenti per chi percepisce una pensione di invalidità civile. È fondamentale comprendere le differenze tra le diverse prestazioni e come quest’età influenzi i diritti economici. Al compimento di tale traguardo, gli invalidi potrebbero perdere il diritto alle indennità legate all’invalidità per ottenere invece prestazioni pensionistiche. Queste regole sono dettate da normative specifiche che permettono una transizione automatica verso l’assegno sociale o la pensione di vecchiaia, a seconda della situazione contributiva del beneficiario. È utile approfondire il tema per chiarire eventuali dubbi e paure.

Indice dei Contenuti:
  • Pensione di invalidità e sociale insieme: come ottimizzare i tuoi diritti a 67 anni
  • Pensione di vecchiaia e assegno sociale: cosa sapere al compimento dei 67 anni
  • Cosa cambia al compimento dei 67 anni per le prestazioni di invalidità
  • Riduzione della capacità lavorativa e diritto alle prestazioni
  • Domande frequenti sul passaggio a pensione di vecchiaia e assegno sociale


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Al raggiungimento dei 67 anni, il soggetto che percepisce una pensione di invalidità civile o un assegno legato a preesistenti condizioni invalidanti entra in una nuova fase previdenziale. Chi non possiede un numero sufficiente di contributi subisce una trasformazione automatica del proprio trattamento. Infatti, l’assegno di invalidità o la pensione di invalidità vengono convertiti nell’assegno sociale. Questa transizione non richiede alcuna iniziativa da parte dell’interessato e viene gestita autonomamente dall’INPS. È cruciale verificare i requisiti per la pensione di vecchiaia nel caso in cui il soggetto abbia un numero sufficiente di contributi, dato che quest’ultima potrebbe rivelarsi economicamente più vantaggiosa.

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Cosa cambia al compimento dei 67 anni per le prestazioni di invalidità

Al compimento dei 67 anni, chi riceve prestazioni legate all’invalidità civile deve affrontare mutamenti significativi nel proprio status previdenziale. Infatti, le normative italiane stabiliscono che, una volta raggiunta questa età, tutte le prestazioni come l’assegno di invalidità o la pensione di invalidità civile vengano automaticamente convertite in un assegno sociale. Questa automazione è gestita integralmente dall’INPS, e non è richiesta alcuna azione da parte del beneficiario. È importante, però, considerare che se l’individuo ha accumulato un numero sufficiente di contributi, ha diritto anche a richiedere una pensione di vecchiaia. In tal caso, l’ente previdenziale provvederà a mantenere il trattamento economico più vantaggioso per il percettore.

In aggiunta, va evidenziato che le prestazioni agli invalidi sono formulate tenendo conto dell’età e della capacità lavorativa. Coloro che superano i 67 anni non vengono più considerati in età lavorativa e, per tale motivo, le prestazioni economiche passano da un riconoscimento legato alla capacità di lavoro a uno più incentrato sull’assistenza per le normali attività quotidiane. Questo cambiamento di prospettiva è fondamentale per comprendere il nuovo accesso alle prestazioni fiscali e previdenziali, e la necessità di orientarsi correttamente tra le diverse opzioni disponibili.

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Riduzione della capacità lavorativa e diritto alle prestazioni

Il riconoscimento della riduzione della capacità lavorativa è un elemento chiave per accedere a prestazioni economiche in ambito disabilità. Le Commissioni Mediche Invalidi Civili, coordinate dall’INPS, hanno l’incarico di effettuare valutazioni e determinare il grado di invalidità. I soggetti con invalidità tra il 74% e il 99% anni sono idonei per l’assegno di invalidità civile, mentre chi presenta una invalidità al 100% può ricevere la pensione di invalidità, sempre nel range d’età tra i 18 e i 67 anni. Una volta raggiunti i 67 anni, però, il focus della normativa cambia e non si parla più di capacità lavorativa, quanto piuttosto di un supporto per la persona nella vita quotidiana.

Per chi è ultra sessantasettenne, l’assegno di invalidità civile e la pensione di invalidità non sono più sostenibili e vengono automaticamente convertiti in un assegno sociale. Questa procedura è gestita dall’INPS senza necessità di iniziative da parte del beneficiario. Tuttavia, è fondamentale per l’interessato verificare se possiede i requisiti minimi per poter far richiesta della pensione di vecchiaia. Questa potrebbe rivelarsi più favorevole dal punto di vista economico e garantire così un supporto finanziario adeguato nei nuovi frangenti di vita.

Domande frequenti sul passaggio a pensione di vecchiaia e assegno sociale

Al momento della transizione a 67 anni, molti contribuenti sollevano domande cruciali riguardo le prestazioni pensionistiche. Un esempio comune proviene da un lettore che chiede chiarimenti sulla propria situazione specifica dopo aver percepito l’assegno di inabilità per una invalidità all’80%. I punti cardine da considerare includono: se la pensione di invalidità è soggetta a sostituzione, se è possibile cumulare la pensione di vecchiaia con quella per invalidità e se è necessaria la presentazione di una domanda per la pensione di vecchiaia, avendo già un numero di contributi. La complessità è data dalle differenti normative in vigore che regolano queste transizioni, quindi rispondere con precisione a queste domande è fondamentale per evitare confusioni.

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Quando si compie il passo verso il pensionamento, è naturale avere incertezze, ma è importante sottolineare che il passaggio a una pensione di vecchiaia o a un assegno sociale è automatizzato per il beneficiario. Se il titolare dell’assegno di invalidità ha anche diritto a una pensione di vecchiaia, l’INPS si occupa di determinare quale opzione risulti più vantaggiosa. Pertanto, il beneficiario non deve intraprendere azioni particolari per garantire il mantenimento del trattamento economico, disposto direttamente dall’ente previdenziale.

La situazione richiede un’attenta analisi dei diritti pensionistici e delle eventuali variazioni nel trattamento economico che possono derivare da questa transizione. Per i lettori che si trovano in questo scenario, è consigliato contattare l’INPS o un professionista esperto in materia previdenziale per chiarire eventuali ulteriori dubbi e per essere certi di un corretto passaggio ai nuovi diritti pensionistici.


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