Pensione anticipata e futuro del lavoro come cambierà l’età pensionabile entro il 2050 secondo Istat

Età pensione prevista al 2050 e oltre
Le proiezioni ufficiali dell’Istat delineano un futuro pensionistico segnato da un progressivo innalzamento dell’età di pensionamento, con un traguardo che entro il 2050 impone un’età media per il pensionamento di vecchiaia prossima ai 69 anni. L’andamento riflette la necessità di adeguare i requisiti pensionistici all’allungarsi dell’aspettativa di vita e alla trasformazione demografica della popolazione italiana, caratterizzata da un crescente invecchiamento. Questo allungamento progressivo si traduce nell’aumento costante degli anni di lavoro richiesti prima di accedere alla pensione, al fine di garantire l’equilibrio finanziario del sistema previdenziale.
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Le stime indicano che nel 2050 l’età pensionabile si attesterà a 68 anni e 11 mesi per entrambi i sessi, contro i 67 anni attuali, mantenendo un trend di crescita graduale ma costante. Se confermate, queste dinamiche porteranno a un’età pensionabile prossima ai 70 anni entro il 2067. Parallelamente, si prevede un significativo incremento della partecipazione lavorativa tra le fasce di età più avanzate: il tasso di attività per gli over 55-64 anni passerà dal 61% attuale al 70%, mentre per la fascia 65-74 anni salirà dall’11% al 16%. Complessivamente, la forza lavoro tra i 15 e i 74 anni vedrà un aumento della partecipazione fino al 62%, superiore di 4 punti percentuali rispetto al dato odierno.
Differenze di genere e partecipazione al lavoro femminile
Le previsioni dell’Istat evidenziano un incremento significativo della partecipazione femminile al mercato del lavoro nei prossimi decenni, con un tasso di attività che nel 2050 raggiungerà il 55%, segnando un progresso di oltre cinque punti percentuali rispetto ai livelli attuali. Questo aumento rappresenta un passo importante verso la riduzione del divario di genere, sebbene rimangano ancora evidenti disuguaglianze che influenzano la piena parità occupazionale. Gli uomini, invece, vedranno un incremento più contenuto del loro tasso di attività, che si posizionerà al 68,3%.
Questi dati suggeriscono che l’allungamento della vita lavorativa coinvolgerà maggiormente le donne, le quali spesso affrontano sfide aggiuntive legate ai carichi familiari e alle condizioni di lavoro, fattori che possono complicare la prosecuzione dell’attività lavorativa fino a età avanzate. Di conseguenza, sarà cruciale sviluppare politiche di sostegno capaci di conciliare lavoro, cura familiare e salute, per garantire una partecipazione femminile sostenibile e duratura nel tempo.
Misure e interventi nella manovra 2026 per il sistema previdenziale
La manovra finanziaria 2026 introduce misure mirate a definire i parametri dell’adeguamento dell’età pensionabile, con un approccio selettivo volto a mitigare l’impatto dell’aumento automatico per specifiche categorie di lavoratori. Nel dettaglio, il legislatore ha previsto un incremento graduale dell’età pensionistica tra il 2027 e il 2028, rispettivamente di un mese e due mesi, portando così l’età pensionabile a 67 anni e 3 mesi nel primo anno di regolamento. Tuttavia, al contempo, è stato disposto un blocco temporaneo dell’adeguamento per coloro che esercitano attività gravose o usuranti, riconoscendo la necessità di tutelare i lavoratori impegnati in mansioni particolarmente pesanti.
La scelta di mantenere una soglia differenziata si spiega con l’esigenza di salvaguardare la salute e la dignità lavorativa, evitando che l’allungamento generalizzato dell’età pensionabile incrementi il rischio di usura precoce. Pertanto, nonostante il sistema resti vincolato all’adeguamento automatico basato sulla longevità, la manovra 2026 riserva una deroga sostanziale per categorie individuate come vulnerabili.
È importante sottolineare che queste misure hanno una portata temporanea e parziale, poiché le risorse economiche stanziate non consentono di estendere la sospensione degli aumenti a tutti i lavoratori. Di conseguenza, nelle prossime fasi, sarà cruciale monitorare l’efficacia e l’equità degli interventi, valutando possibili ulteriori correttivi soprattutto in relazione alle condizioni dei settori più esposti a rischi professionali e alla flessibilità del mercato del lavoro.