Pensione a 65 anni e 8 mesi nel 2026 tutte le novità e requisiti aggiornati

Pensione a 65 anni e 8 mesi nel 2026: requisiti e condizioni
La pensione di vecchiaia nel 2026 conferma l’età minima di accesso fissata a 65 anni e 8 mesi per determinate categorie di lavoratori, con alcune condizioni imprescindibili. Per beneficiare di questa misura, è necessario possedere un’anzianità contributiva minima di 20 anni e che il primo accredito contributivo sia successivo al 31 dicembre 1995, ovvero il cosiddetto sistema contributivo puro. In aggiunta a questi requisiti, la pensione calcolata deve garantire un importo non inferiore all’assegno sociale, requisito fondamentale per la liquidazione del trattamento previdenziale.
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Particolarmente rilevante è l’anticipo sull’età pensionabile riconosciuto alle lavoratrici con figli, che permette di riscattare mesi di contribuzione in relazione al numero di figli avuti. Ogni figlio consente uno sconto di 4 mesi sull’età pensionabile, con punte di anticipo che possono raggiungere fino a 16 mesi per chi ha superato la soglia dei tre figli. Questo implica, ad esempio, che una lavoratrice con quattro o più figli può maturare il diritto alla pensione a 65 anni e 8 mesi, anticipando così l’uscita rispetto all’età standard di 67 anni prevista per la vecchiaia.
Chi non dovesse fruire immediatamente di questo beneficio ha la possibilità di richiedere un ricalcolo retroattivo dell’assegno pensionistico, al fine di ottenere eventuali arretrati. Tale opzione rappresenta una tutela importante per chi ha maturato diritti agevolati ma non li ha esercitati tempestivamente, assicurando una somma compensativa corrispondente agli importi non percepiti nella fase di decorrenza pensionistica.
Vantaggi per le donne con figli nel sistema pensionistico
Le lavoratrici con figli nel sistema pensionistico italiano beneficiano di agevolazioni specifiche che influenzano sia l’età di accesso alla pensione sia i requisiti contributivi necessari. In particolare, i figli rappresentano un elemento premiale che consente di ridurre le soglie di uscita, con vantaggi significativi soprattutto nel sistema contributivo.
Nel dettaglio, chi rientra nel regime contributivo puro può accedere alla pensione anticipata con requisiti più favorevoli in termini di importo. Ad esempio, una lavoratrice con un figlio deve raggiungere una pensione pari a 2,8 volte l’importo dell’assegno sociale, mentre con due figli il limite si abbassa a 2,6 volte. Per chi ha tre o più figli, le condizioni si fanno ancora più vantaggiose.
Questi benefici si estendono anche alle misure straordinarie come Opzione Donna, destinata a donne caregiver o con invalidità, che permette un anticipo sull’età pensionabile. La norma prevede che, con un figlio, si possa andare in pensione a 60 anni (invece di 61) e a 59 anni se si hanno almeno due figli. Esistono quindi condizioni agevolate che premiano il ruolo genitoriale, riconoscendo un’effettiva valorizzazione dei carichi familiari all’interno del sistema previdenziale italiano.
Penalizzazioni e benefici fiscali dell’anticipo pensionistico
L’anticipo dell’età pensionabile a 65 anni e 8 mesi comporta inevitabilmente un impatto sull’importo della pensione, dovuto alla natura contributiva del calcolo. Infatti, nel sistema contributivo puro, l’assegno è determinato dal montante accumulato e dai coefficienti di trasformazione, che decrescono all’aumentare dell’anticipo sull’età di uscita. Di conseguenza, un pensionamento anticipato riduce la rendita mensile rispetto alla pensione calcolata all’età ordinaria di 67 anni.
Tuttavia, la normativa prevede specifici meccanismi per mitigare questo svantaggio economico, soprattutto per le donne con figli. Grazie alla riforma Dini, è possibile applicare coefficienti di trasformazione più favorevoli, commisurati a un’età superiore a quella effettiva di uscita:
- Per le lavoratrici con uno o due figli, è consentito il calcolo della pensione con il coefficiente relativo ai 68 anni.
- Per chi ha più di due figli, è previsto l’utilizzo del coefficiente riferito ai 69 anni.
Questo meccanismo ottimizza la rendita pensionistica, compensando in parte la riduzione determinata dall’anticipo, e sottolinea come la maternità sia riconosciuta come un valore previdenziale importante.
Ulteriori implicazioni fiscali possono derivare dall’anticipo pensionistico, soprattutto in termini di contribuzione volontaria e tassazione dei redditi da pensione. Pur anticipando l’uscita, la contribuzione prolungata consente incrementi nel montante contributivo, mentre l’importo pensionistico anticipato resta influenzato da norme fiscali specifiche che regolano i redditi da lavoro e pensione.
In definitiva, l’anticipo pensionistico a 65 anni e 8 mesi offre una concreta opportunità per molte lavoratrici, ma deve essere valutato con attenzione considerando il bilanciamento tra riduzione periodica della rendita e benefici fiscali previsti, nel quadro di una strategia previdenziale personalizzata e consapevole.