Pensionati italiani all’estero: le nuove sfide per il sistema previdenziale italiano nel 2024

Pensionati italiani all’estero: dati e tendenze recenti
I dati aggiornati sui pensionati italiani residenti all’estero mostrano una dinamica complessa e in evoluzione, che merita un’analisi attenta per comprenderne le implicazioni. Nel 2023 sono stati 3.100 i pensionati che hanno lasciato l’Italia con un assegno INPS attivo, segnando un aumento rispetto ai 2.563 dell’anno precedente, sebbene il livello resti inferiore rispetto ai 4.064 del 2019, cioè prima della pandemia. Complessivamente, si stima che gli italiani pensionati all’estero siano circa 310.000, cifra in diminuzione rispetto ai 373.000 rilevati nel 2016. Questi dati, estrapolati da fonti ufficiali, indicano una tendenza di migrazione pensionistica non lineare ma comunque significativa e in grado di incidere sui conti pubblici.
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Le destinazioni privilegiate di questi pensionati mostrano una distribuzione geografica precisa. Il Portogallo ha attratto quasi 2.000 connazionali negli ultimi cinque anni, sebbene l’afflusso dei nuovi residenti sia calato drasticamente, con una diminuzione dell’83,7% dal 2019 a causa della cancellazione dei benefici fiscali da parte del governo di Lisbona, evento che ha suscitato vivaci polemiche nel paese. Nel 2023, l’INPS ha erogato 157 milioni di euro a pensionati italiani residenti soprattutto nella regione Algarve. Altro flusso importante riguarda la Spagna, che ha visto trasferirsi pensionati per un importo di circa 147 milioni di euro erogati, e la Tunisia, con 87 milioni stanziati a favore di residenti principalmente nella città di Hammamet, dove vivono circa 4.000 pensionati italiani.
Vantaggi fiscali e motivazioni del trasferimento
Il trasferimento dei pensionati italiani all’estero è guidato prevalentemente da motivazioni fiscali e da condizioni ambientali favorevoli. In molti paesi scelti, come Portogallo, Spagna e Tunisia, i pensionati godono di regimi fiscali agevolati che garantiscono una tassazione significativamente inferiore rispetto all’Italia. Questo aspetto rappresenta un incentivo economico cruciale, soprattutto considerando che in Italia l’aliquota IRPEF può superare il 43% per redditi superiori a 50.000 euro annui, senza contare le addizionali regionali e comunali che portano la pressione fiscale complessiva intorno al 45%.
Affinché la tassazione ridotta si applichi, è necessario che il pensionato sia iscritto all’AIRE (Anagrafe Italiani Residenti all’Estero) e dimostri una residenza effettiva nel paese straniero per almeno 183 giorni l’anno. L’INPS eroga le pensioni al lordo delle imposte, senza trattenute fiscali italiane, trasferendo così il prelievo fiscale al paese di residenza che nei casi più favorevoli si traduce in un risparmio impositivo notevole.
Oltre ai vantaggi di natura fiscale, i pensionati sono attratti da condizioni climatiche più miti e da un livello di sicurezza percepito migliore rispetto ad alcune aree italiane. Non di rado, si tratta anche di famiglie che seguono figli trasferiti all’estero per lavoro, un elemento sociale che sostiene ulteriormente il fenomeno migratorio. Questa combinazione di fattori rende il trasferimento all’estero un’opzione vantaggiosa per molte persone che dispongono di assegni pensionistici medio-alti.
Impatto sul sistema previdenziale italiano e possibili soluzioni
L’esodo dei pensionati italiani verso l’estero rappresenta una sfida crescente per la sostenibilità del sistema previdenziale nazionale. Con un numero crescente di assegni INPS erogati a soggetti che risiedono fuori dai confini nazionali, lo stato italiano si trova a dover sostenere una spesa consistente che, tuttavia, non confluisce nel circuito economico interno tramite la tassazione ordinaria. Questo comporta una perdita di gettito fiscale significativa, particolarmente rilevante considerando che gran parte di questi pensionati percepisce redditi medio-alti, con un conseguente impatto negativo sugli equilibri dei conti pubblici.
È importante notare che, mentre il fenomeno interessa una minoranza rispetto al totale dei pensionati, l’incidenza sulla spesa previdenziale si è triplicata dal 2010 ad oggi, evidenziando un trend che, se non governato, potrebbe amplificarsi ulteriormente. Il rischio per le casse pubbliche si intensifica nel momento in cui in futuro dovessero essere estesi i benefici fiscali anche alle categorie sinora escluse, come gli ex dipendenti pubblici INPDAP, che rappresentano una platea più ampia di pensionati.
Il governo ha provato a rispondere a questa dinamica attraverso incentivi fiscali rivolti ai pensionati stranieri disposti a trasferirsi in piccole comunità del Mezzogiorno, con l’introduzione di un’aliquota sostitutiva del 7% sui redditi da pensione. Tuttavia, l’efficacia di questa misura rimane limitata, complice la scarsa attrattività delle aree designate a causa di condizioni di vita e servizi pubblici non ottimali.
Una possibile chiave per ridurre la fuga dei pensionati risiede in una revisione complessiva del regime fiscale italiano per la terza età, abbinata a un miglioramento della qualità dei servizi rivolti agli anziani, come quello sanitario e burocratico. Solo creando un contesto competitivo e più favorevole sarà possibile arginare il deflusso verso paesi con condizioni più vantaggiose, contribuendo a stabilizzare la spesa previdenziale e a preservare l’equilibrio finanziario dello Stato.
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