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Padre denuncia figlio per minacce di morte e vita tra droga e violenza

  • Redazione Assodigitale
  • 14 Dicembre 2024
Padre denuncia figlio per minacce di morte e vita tra droga e violenza

La denuncia di un padre contro la baby gang

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Un padre, imprenditore residente a Treviso, ha scelto di denunciare il proprio figlio di 17 anni, noto alle forze dell’ordine per essere coinvolto in attività criminali legate a una baby gang chiamata “Gli indemoniati”. Nella sua testimonianza, rilasciata al Corriere della Sera, ha descritto un lungo percorso di disagio e preoccupazione, un viaggio che ha portato a una decisione dolorosa ma necessaria. Il giovane, già da tempo fuori dalla scuola, aveva abbandonato gli studi per dedicarsi a una vita di eccessi e illegalità, sfociando in rapine e attività illegali di vario genere. La denuncia rappresenta non solo un appello personale, ma anche un avvertimento per altri genitori, invitandoli a non ignorare i segnali di possibile abuso e devianza nei propri figli. L’imprenditore ha rivelato che il comportamento del ragazzo è andato deteriorandosi nel corso degli anni, culminando in episodi che giustificano la grave scelta di procedere legalmente. Con la sua esposizione, desidera offrire una visione realistica di una situazione che, purtroppo, coinvolge molte famiglie contemporanee.

Indice dei Contenuti:
  • Padre denuncia figlio per minacce di morte e vita tra droga e violenza
  • La denuncia di un padre contro la baby gang
  • La vita di un adolescente coinvolto in attività illecite
  • Le minacce che hanno portato alla denuncia
  • Il ruolo delle sostanze stupefacenti e degli amici
  • Tentativi di recupero e speranza per il futuro

La vita di un adolescente coinvolto in attività illecite


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Il quadro della vita del giovane imprenditore è caratterizzato da scelte e comportamenti che hanno portato a una rapida discesa nel mondo dell’illegalità. All’età di 17 anni, il ragazzo ha già un passato segnato da un’analisi criminologica, avendo abbandonato la scuola per rifugiarsi in una quotidianità alternativa e distruttiva. Nonostante le potenzialità giovanili, ha preferito unirsi a un gruppo di pari, noti per le loro attività ombrose, contribuendo a un circolo vizioso di devianza giovanile. La polizia, che ha ampiamente monitorato la sua condotta, riconosce il giovane per un elenco crescente di reati, che comprendono furti e rapine. Il racconto del padre sottolinea la natura profonda del problema, evidenziando come un simile stato di cose possa derivare da carenze relazionali e di supporto familiare.

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L’adolescente, abbandonando l’ambiente scolastico, ha rinunciato non solo a un percorso educativo, ma anche a un’opportunità di crescita personale e sociale. In compagnia dei coetanei, ha intrapreso una vita di eccessi, trascurando la responsabilità e il rispetto delle regole. Gli amici, che appartengono ancor più a una rete di illegalità, non contribuiscono a un ambiente di supporto; al contrario, condividono l’uso di sostanze pericolose e atti vandalici, creando una spirale di degrado dove il rispetto per i genitori e la società viene totalmente annullato. Questo isolamento, legato a scelte sbagliate, porta il giovane a vivere con una costante assenza di valori e di modelli positivi, aggravando ulteriormente la sua condizione di vulnerabilità. Ora il padre si trova di fronte a una battaglia complessa: affrontare le conseguenze delle azioni del figlio e tentare di reintegrarlo in una realtà più sana, conservando la speranza che un cambiamento sia possibile.

Le minacce che hanno portato alla denuncia


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Le gravi minacce rivolte dal ragazzo al padre hanno segnato un punto di non ritorno in questa già complicata situazione familiare. Durante una delle ennesime discussioni, il giovane, evidentemente influenzato dall’ambiente deteriorato in cui si trovava, ha risposto con parole cariche di violenza e intimidazione: “Ti mando i miei amici e ti faccio ammazzare.” La crudeltà di questa affermazione ha costretto il padre a riflettere sulle conseguenze delle azioni del figlio e a prendere una decisione drastica. Le minacce non sono state solo un segnale dell’aggravamento del problema, ma hanno anche rivelato la profondità del disagio e della rabbia che questi giovani possono esprimere nei confronti delle figure genitoriali.

Il padre ha riconosciuto che tali episodi non sono isolati, ma fanno parte di una serie di comportamenti aggressivi legati alla vita della baby gang di cui il ragazzo è membro. Questa realtà ha spinto l’imprenditore a percepire la necessità di un intervento esterno. L’idea di denunciare il proprio figlio per le minacce subite appare come un atto estremo, ma motivato dalla consapevolezza che rimanere in silenzio avrebbe potuto portare a conseguenze ancora più gravi. Si tratta di una situazione in cui le nocive influenze del gruppo di amici si sono sovrapposte alle già fragili dinamiche familiari, creando un clima di paura e conflitto.

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Attraverso questa denuncia, il padre desidera non solo proteggere se stesso, ma anche tentare di salvare il figlio da un destino che potrebbe portarlo verso una spirale senza fine di violenza e illegalità. Le minacce che ha ricevuto hanno dunque catalizzato l’azione necessaria per affrontare un problema che molti genitori tendono a minimizzare o ignorare, facendo luce su una questione sociale che merita attenzione e analisi.

Il ruolo delle sostanze stupefacenti e degli amici

Il panorama della dipendenza da sostanze stupefacenti si presenta come un problema sempre più diffuso tra i giovani, contribuendo in modo significativo alla spirale di violenza e criminalità che caratterizza le baby gang. Nel caso del ragazzo di 17 anni, il padre ha descritto un ambiente socialmente pericoloso, dove l’uso di droghe e la presenza di amici deleteri hanno finito per dominare la vita quotidiana del giovane. Non sono solo le sostanze legali come la marijuana a essere parte di questo contesto: il padre ha evidenziato anche l’assunzione di sostanze più pericolose, come la ketamina, spesso mischiata a sciroppo per la tosse, creando una cocktail tossico che altera gravemente il comportamento e il discernimento del ragazzo.

Il gruppo di amici, definito dallo stesso padre come “indemoniati”, ha acceso una spirale di illegalità e abitudini autolesioniste, favorendo un clima in cui le scelte positive sono lasciate da parte. Questi legami sociali, anziché promuovere un sostegno reciproco, si sono tramutati in un terreno fertile per la devianza. Frequentando questo gruppo, il ragazzo ha progressivamente distaccato la sua esistenza da ogni riferimento morale e giuridico, abbandonando non solo il percorso scolastico, ma anche ogni possibilità di rinascita personale.

Il padre ha raccontato una realtà preoccupante: i giovani, esposti agli effetti corrosivi delle sostanze stupefacenti, perdono gradualmente il contatto con valori come il rispetto e la responsabilità. Questo fenomeno non è solo un problema individuale, ma riflette una crisi sociale più ampia, nella quale le famiglie spesso faticano a intervenire in tempo. La facilità di accesso a droghe e la loro normalizzazione tra i giovani costituiscono allarmi che non possono essere ignorati.

Ad oggi, il padre è consapevole della profonda interconnessione tra l’uso di sostanze e l’attività criminale del figlio, e la sua denuncia rappresenta un tentativo di rompere questo circolo vizioso. Il suo desiderio di cambiare il percorso del figlio sottolinea l’importanza di un intervento duro ma necessario per tentare di salvare non solo un giovane, ma anche una famiglia intera dalla rovina. La sfida è enorme, e il supporto della comunità e di professionisti del settore è cruciale per affrontare e risolvere tale crisi sociale.

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Tentativi di recupero e speranza per il futuro

Il padre del giovane ora affronta una speranza di recupero, avviando processi che potrebbero aiutare il figlio a deviare dalla sua attuale vita di illegalità. Nonostante il difficile contesto familiare, l’imprenditore sta pianificando di fornire al ragazzo opportunità concrete per un cambiamento. Una di queste è l’iscrizione del figlio a una squadra sportiva giovanile, che potrebbe rivelarsi un elemento chiave nel restituirgli un senso di appartenenza e responsabilità. Lo sport, infatti, non rappresenta solo un modo per incanalare l’energia giovanile, ma anche un’occasione per insegnare valori fondamentali come il lavoro di squadra, la disciplina e il rispetto per le regole.

La scelta di invitare il ragazzo a unirsi a una squadra è, dunque, un tentativo di ricostruire la sua vita, oltre a fungere da alternativa sana alle influenze dannose che lo circondano. Il padre è consapevole delle sfide significative che deriveranno da questo percorso, in particolare riguardo alla possibile opposizione del ragazzo e alla presenza del gruppo di amici che lo ha accompagnato finora. Tuttavia, egli nutre la speranza che il cambiamento di ambiente e il contatto con persone positive possano aiutare il giovane a ristrutturare la propria identità, sostituendo comportamenti autolesionisti con scelte costruttive.

In aggiunta, il padre sta considerando la possibilità di coinvolgere professionisti nel recupero del figlio. Psicologi e counselor possono fornire un supporto fondamentale per affrontare le problematiche legate all’uso di sostanze e ai comportamenti devianti. È riconosciuto che l’intervento precoce e mirato può fare la differenza, e la consapevolezza del padre della gravità della situazione è un passo positivo verso il ripristino dell’equilibrio in famiglia.

Malgrado le difficoltà e i timori legati alla rinuncia a parte della propria autorità genitoriale attraverso la denuncia, la decisione di affrontare la verità è vista come un’opportunità per un futuro migliore. Un futuro in cui il giovane possa riprendere in mano la propria vita, costruendo basi solide per una reale integrazione sociale e un distacco dalla criminalità.


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