Ortosonnia: come l’ossessione del sonno perfetto crea ansia da prestazione
Che cos’è l’ortosonnia?
Il concetto di ortosonnia è emerso nel 2017 in seguito a uno studio pubblicato sul Journal of Clinical Sleep Medicine, concernente la crescente preoccupazione della popolazione riguardo alla qualità del sonno. Questa ossessione si manifesta attraverso il costante monitoraggio delle proprie ore di sonno e delle fasi del riposo. Si tratta di un comportamento che può evidenziare un’attenzione positiva verso il benessere, ma che può rapidamente trasformarsi in una vera e propria patologia.
Secondo il professor Luigi De Gennaro, psicologo e specialista in disturbi del sonno all’Università Sapienza di Roma, esiste un ambivalente fenomeno che porta a una distorsione negativa legata a un’idea che di per sé è positiva. Le persone non necessariamente colpite da problemi di sonno iniziano a preoccuparsi in modo eccessivo della loro qualità del riposo, sentendosi in dovere di garantire performance elevate durante la notte. Questo approccio, purtroppo, introduce un elemento di ansia, poiché il sonno viene interpretato come una sfida da vincere piuttosto che come un bisogno fisiologico naturale.
È interessante notare come questo fenomeno sia alimentato dall’industria delle app e dei dispositivi che promettono di monitorare e migliorare la qualità del sonno. Questi strumenti, per quanto possano sembrare utili, possono contribuire a questa psicosi legata al sonno, creando aspettative che non sempre vengono soddisfatte. Gli utenti si trovano, quindi, a misurare la propria esperienza di riposo in termini di standard che, se non rispettati, generano stress e ansia.
L’ortosonnia si presenta come un’inquietante epifania della modernità, un indicativo di come la nostra società tenda a trasformare anche un’attività così naturale come il sonno in una pressione costante, favorendo una visione distorta della salute e del benessere. L’analisi dei fenomeni di questo tipo evidenzia la necessità di una riflessione più seria e profonda sul modo in cui percepiamo e viviamo il sonno, non solo in termini di quantità, ma soprattutto di qualità e serenità.
Le conseguenze dell’ansia da prestazione
Il fenomeno dell’ansia da prestazione legato al sonno ha conseguenze significative sul benessere psicologico e fisico. Professionisti come il professor Luigi De Gennaro avvertono che questa forma di pressione personale, derivante dalla necessità di “performare” durante le ore di riposo, può trasformarsi in un circolo vizioso. La ricerca incessante di ottimizzare il sonno, attraverso vari strumenti e applicazioni, porta gli individui a sviluppare un’ossessione che può compromettere non solo la qualità del riposo, ma anche il funzionamento quotidiano.
L’ansia da prestazione si manifesta quando una persona avverte la necessità di rispettare degli standard irrealistici riguardo al sonno. Questa ansietà non si limita al semplice desiderio di riposare bene, ma si amplifica fino a diventare un elemento di preoccupazione costante, creando un clima di tensione e disagio. Le persone che si trovano in questa condizione possono iniziare a soffrire di insonnia, rendendo ancora più difficile raggiungere un sonno soddisfacente. L’idea di dover “prestare” attenzione al sonno come si fa per un esame o una competizione introduce una dimensione competitiva che può risultare estremamente dannosa.
Un altro aspetto dell’ansia da prestazione è il confronto sociale, spesso alimentato dai messaggi martellanti di cultura del successo e dell’efficacia personale. Le persone si sentono spinte a migliorare le proprie performance notturne non solo per un bisogno personale, ma anche in risposta alla pressione sociale. Questo porta a una costante sorveglianza delle proprie abitudini di sonno, creando un’ossessione che può riflettersi in effetti negativi sulla salute mentale, come ansia generalizzata e depressione.
Poiché le aspettative di “sonno perfetto” diventano un obiettivo irraggiungibile, si genera un’ansia che non solo disturba il sonno, ma può provocare anche problemi relazionali e lavorativi. Nella quotidianità, si avvertono i sintomi dell’insonnia, come difficoltà di attenzione, irritabilità e una generale mancanza di efficienza, peggiorando ulteriormente la qualità della vita. Il professor De Gennaro sottolinea che è fondamentale non solo vigilare sulla quantità di sonno, ma anche sulla qualità della propria vita diurna, poiché il vero indicatore di un sonno sano è il grado di efficienza e di benessere nella vita di tutti i giorni.
È quindi essenziale adottare un approccio equilibrato nei confronti del sonno, riducendo la pressione autoimposta e vivendo il sonno come un bisogno fisiologico e non come una performance da raggiungere. La consapevolezza di questi aspetti è il primo passo per uscire dal vortice dell’ansia da prestazione e recuperare una relazione serena con il sonno.
L’affidabilità delle app di monitoraggio del sonno
L’impiego di app di monitoraggio del sonno sta rapidamente guadagnando popolarità tra coloro che cercano di migliorare la propria qualità del riposo. Tuttavia, queste applicazioni, che promettono di fornire un’analisi dettagliata delle fasi del sonno e della sua qualità, presentano molti limiti. Secondo il professor Luigi De Gennaro, sarebbe imprudente affidarsi completamente a questi strumenti per misurare il sonno. Molte app non riescono a garantire risultati accurati poiché, in gran parte, si basano su dati autocostruiti, privi di una validazione scientifica sufficientemente robusta.
Guardando da un’altra prospettiva, è importante considerare che non esiste un metodo affidabile per quantificare le varie fasi del sonno se non utilizzando strumenti adeguati come gli actigrafi, che misurano il movimento con precisione e hanno alle spalle numerosi studi di validazione. Questi dispositivi forniscono informazioni reali sulla durata del sonno, il numero di risvegli e l’efficienza generale del riposo. In confronto, molte app di monitoraggio possono ridursi a una mera promessa di misurazione, ma che in effetti possono indurre a misinterpretazioni e al contempo a una pressione eccessiva.
Un’altra problematica sollevata è il paradosso di un atento monitoraggio del sonno che, invece di migliorarlo, può danneggiarlo. Chi ha sviluppato ortosonnia tende a vedere il dormire come una performance da massimizzare piuttosto che un bisogno naturale da soddisfare. Questi standard di misurazione possono creare un’ansia da prestazione, portando a notti insonni e a un generale deterioramento della qualità della vita. La tensione derivante dal dover “performare” secondo metriche non sempre attendibili genera un circolo vizioso: più si cerca di controllare il sonno, più spesso si fallisce nel raggiungere un riposo rigenerante.
Quindi, è evidente che queste app devono essere utilizzate con cautela. Anche se possono fornire alcune informazioni utili, è fondamentale non considerarle come una soluzione definitiva. La consapevolezza riguardo ai loro limiti è sufficiente per evitare che la ricerca del sonno perfetto diventi fonte di ulteriore stress. È necessario comprendere che il sonno è un processo complesso e influenzato da molteplici fattori, e non è esclusivamente misurabile attraverso applicazioni tecnologiche.
Sebbene esista un interesse crescente verso il monitoraggio del sonno, è cruciale esercitare prudenza e consapevolezza nell’approccio a questi strumenti. La priorità dovrebbe rimanere una relazione sana e naturale con la propria routine notturna, piuttosto che un’ossessione per archetipi di “sonno ideale.”
Linee guida e raccomandazioni sul sonno
Le linee guida internazionali sul sonno, note per raccomandare una durata di almeno otto ore, possono creare aspettative che, sebbene benintenzionate, devono essere interpretate con attenzione. Queste indicazioni mirano a stabilire una media dei bisogni di riposo, ma non devono essere percepite come una regola invariabile. Il professor Luigi De Gennaro evidenzia come sia errato considerare la mancata aderenza a questi standard come un segno di problematicità. Ognuno di noi possiede un proprio ritmo sonno-veglia, e questo è soggetto a variazioni individuali che non sempre corrispondono alle medie raccomandate.
Ci sono persone che dormono meno di otto ore ma che non presenti alcun disturbo del sonno, così come ci sono coloro che necessitano di più ore di riposo. Figure storiche come Albert Einstein, che dormiva tra le undici e le dodici ore, o Napoleone Bonaparte, noto per le sue brevi dormite di tre o quattro ore, dimostrano come la qualità del sonno non possa essere semplicemente ridotta a un mero conteggio di ore. Lo stesso vale per gli individui che, pur distaccandosi considerevolmente dalla media, non manifestano sintomi di sonno disturbato.
Il punto cruciale, afferma De Gennaro, è passare dall’idea di misurare solo la quantità di sonno a valutare come ci si sente e come si funziona durante il giorno. La riflessione dovrebbe focalizzarsi non solo sulle ore di riposo, ma sulla qualità del sonno e sull’energia e funzionalità percepita al risveglio. Un’individuo che si sente riposato e in grado di affrontare le sfide quotidiane, anche con un totale di sonno inferiore alle otto ore, non deve considerarsi necessariamente alla ricerca di un aiuto. La vera misura di un sonno sano è la sua efficacia e il suo impatto sui momenti vigili della giornata.
Un problema rilevante è la percezione che si ha riguardo i disturbi del sonno: il fatto di aderire rigidamente a standard internazionali può generare una falsa sensazione di patologia per chi si discosta da queste linee guida. L’ansia può insorgere quando si cerca disperatamente di conformarsi a ciò che è considerato “normale”, generando stress e, paradossalmente, aggravando il problema. Pertanto, è fondamentale mantenere una prospettiva equilibrata e consapevole, ricordando che esistono fattori molteplici che influenzano non solo il sonno, ma anche la nostra capacità di affrontare New scenari quotidiani.
La valutazione dei disturbi del sonno e l’importanza della consulenza professionale
Affrontare i disturbi del sonno richiede un’analisi accurata, considerando la complessità del fenomeno. In Italia, circa il 10% della popolazione soffre di insonnia cronica, ma nonostante questa prevalenza, molte persone non cercano aiuto. Spesso, la mancata richiesta di supporto avviene anche a livello del medico di base, dimostrando una sottovalutazione del problema. Il professor Luigi De Gennaro sottolinea l’importanza di rivolgersi a centri specializzati per una valutazione precisa e mirata, piuttosto che affidarsi a soluzioni fai-da-te o automedicazioni.
L’accesso a professionisti formati è essenziale per una diagnosi corretta. I centri del sonno offrono valutazioni che includono esami clinici e, in alcuni casi, test specifici, quale la polisonnografia. Questi strumenti consentono di monitorare il sonno in modo dettagliato e preciso, raccogliendo informazioni su tutte le fasi del riposo. Solo attraverso un’adeguata assistenza è possibile identificare le reali cause dei disturbi e avviare trattamenti appropriati, evitando rischi e complicazioni. Non sempre la soluzione è farmacologica; spesso è preferibile adottare approcci comportamentali e psicologici, che si sono rivelati efficaci nel lungo termine.
Un altro aspetto fondamentale è la consapevolezza dei segnali che indicano un problema. Ad esempio, se una persona inizia a sperimentare sonnolenza durante il giorno, difficoltà di concentrazione o irritabilità, è importante riconoscere questi segnali come potenziali indizi di un disturbo del sonno. Nella società attuale, in cui il ritmo di vita è incalzante, è normale sentirsi stanchi, ma una rigidità estrema nelle proprie abitudini di sonno può rivelare un problema sottostante.
La pandemia ha amplificato il fenomeno, soprattutto tra i giovani, contribuendo all’aumento di ansia, depressione e problematiche legate al sonno. In questo contesto, la consulenza professionale diventa un elemento cruciale. Rivolgersi a esperti significa non solo ricevere diagnosi corrette, ma anche apprendere strategie per gestire lo stress e migliorare la qualità del sonno. La relazione con il professionista deve essere considerata come un alleato nella lotta contro l’ortosonnia e i disturbi ad essa correlati, contribuendo a ristabilire una serenità nell’approccio al sonno.
In definitiva, una corretta valutazione e un monitoraggio adeguato dei sintomi, combinati con il supporto di professionisti esperti, possono fare la differenza nel recupero di un sonno sano e riposante. L’attenzione rivolta a questi aspetti contribuisce a costruire un rapporto positivo con il sonno, in grado di favorire un benessere generale e una qualità di vita elevata.