Diritto all’oblio: i saggi di Google criticano la normativa europea
Nel mese di maggio del 2014 l’Unione Europea aveva stabilito che le aziende come Google dovessero consentire ai cittadini di beneficiare del diritto all’oblio, ossia di poter cancellare informazioni sul proprio conto dai motori di ricerca europei – a talune condizioni ovviamente, prima fra tutte che l’informazione non fosse più rilevante. Direttive che Google ha rispettato, procedendo a rilasciare un sistema attraverso cui gli utenti avrebbero potuto richiedere la cancellazione dal motore di ricerca delle informazioni non gradite.
Nel successivo mese di novembre 2014, l’Unione Europea ha poi adottato nuove linee guida che hanno esteso la portata delle norme a livello globale. L’aggiornamento si è rivelato necessario dopo aver constatato che le persone utilizzano internet in tutto il mondo e che servendosi del client della versione americana di Google, ad esempio, si sarebbero potute aggirare le norme sul diritto all’oblio, riuscendo a trovare gli url rimossi in Europa.
Diritto all’oblio: i saggi di Google
Nonostante Google abbia accettato di adattare la sua policy alla normativa europea, ha comunque pensato ad un’iniziativa che potesse in qualche modo dimostrare che le leggi in materia di diritto all’oblio non sono proprio incontestabili. L’azienda di Mountain View ha infatti riunito un gruppo di esperti, i cosiddetti saggi, che si è schierato in favore di Google e ha bocciato la normativa europea che prevede la cancellazione delle informazioni non più rilevanti qualora richiesto dalla persona interessata a farle rimuovere.
[easyazon_block add_to_cart=”default” align=”left” asin=”883482816X” cloaking=”default” layout=”top” localization=”default” locale=”IT” nofollow=”default” new_window=”default” tag=”assodigitale_vellucci-21″]
Venerdì scorso il gruppo di esperti – fra essi avvocati, politici, accademici e il fondatore di Wikipedia, Jimmy Wales – ha rilasciato un documento di 44 pagine criticando la normativa europea e giungendo alla conclusione che essa, appunto, dovrebbe riguardare soltanto l’ambito europeo. Non si tratta però di una linea di pensiero condivisa all’unanimità perché all’interno dello stesso gruppo di saggi riunito da Google si sono levate voci discordanti, come quelle di Frank La Rue, ex Alto rappresentante Onu, e quella di Sabine Leutheusser-Schnarrenberger, ex ministra della giustizia tedesca, secondo cui la protezione degli utenti dovrebbe essere su scala globale e non nazionale o continentale.