Netanyahu all’Onu denuncia l’antisemitismo e promette di non fermarsi
Netanyahu all’Onu: un messaggio di sfida
Accolto alla vigilia dalle proteste di migliaia di manifestanti a New York e boicottato da varie delegazioni che hanno lasciato l’aula prima che intervenisse, Benjamin Netanyahu ha lanciato questo messaggio perentorio all’assemblea generale dell’Onu fustigando il Palazzo di vetro come “una palude antisemita”. “Continueremo a indebolire Hezbollah finché non saranno raggiunti tutti i nostri obiettivi”, ha dichiarato all’assemblea delle Nazioni Unite.
Un discorso di 35 minuti, non una sola parola sulla proposta Usa-Francia di una tregua di 21 giorni in Libano, nonostante la precedente apparente apertura in cui affermava di condividere gli obiettivi dell’iniziativa.
“Non intendevo venire qui perché il mio paese è in guerra, sta combattendo per la sua sopravvivenza. Ma dopo aver sentito le bugie e le calunnie contro Israele da molti oratori su questo podio, ho deciso di venire e di ristabilire la verità”, ha esordito tra gli applausi e gli incitamenti della sua delegazione, mentre quelle di Iran, Turchia, Arabia Saudita, Palestina e Libano lasciavano la sala.
Bibi ha avuto un messaggio preciso per tutti, non solo per Hezbollah, ma anche per il suo sponsor iraniano e per Hamas. “Ho un messaggio per i tiranni di Teheran: se ci colpite, noi vi colpiremo”, ha promesso. “Non c’è posto in Iran che il lungo braccio di Israele non possa raggiungere. E questo vale per tutto il Medio Oriente”, ha minacciato.
Accuse all’Onu: “Una palude antisemita
Accuse all’Onu: “Una palude antisemita”
Netanyahu ha affrontato l’assemblea dell’Onu con toni diretti e infuocati, definendo il Palazzo di vetro una “palude antisemita” e una “farsa sprezzante” che, a suo avviso, fomenta sentimenti di odio nei confronti di Israele. La sua retorica è stata accompagnata da un appello alla comunità internazionale affinché prenda atto delle reali minacce che il paese affronta, sottolineando che le critiche mosse contro Israele sono infondate e cariche di pregiudizi.
Insistendo sulla necessità di una postura resistente, il primo ministro israeliano ha affermato che la sua nazione non è sola nella lotta contro l’antisemitismo, rifacendosi a un concetto di difesa e giustificazione in risposta a presunti attacchi. “Dobbiamo tutti essere vigili contro l’antisemitismo”, ha dichiarato, evidenziando come le posizioni assunte da determinate nazioni e dalle Nazioni Unite stesse abbiano il potenziale di danneggiare la causa della pace nella regione. La sua critica è stata rivolta non solo alle parole ma anche ai fatti, ritenendo che l’Onu abbia regolarmente fallito nel proteggere Israele dalle aggressioni esterne.
Al termine del suo intervento, ha ottenuto un’accoglienza mista: mentre la sua delegazione lo ha applaudito, molte altre hanno abbandonato l’aula, un gesto che Netanyahu ha interpretato come una prova di quanto fossero inadeguate le posizioni contrarie al suo governo. “Voi potete abbandonare la sala, ma noi rimarremo in piedi e combatteremo per la nostra sicurezza”, ha concluso, rimarcando la resilienza di Israele di fronte a quelle che percepisce come ingiustizie globali.
Strategia israeliana contro Hezbollah e Hamas
Nell’affrontare le minacce rappresentate da Hezbollah e Hamas, Netanyahu ha delineato una strategia chiara e determinata, proponendo di mantenere una pressione costante su entrambe le organizzazioni. Nel suo discorso all’Onu, ha affermato senza mezzi termini che “non ci fermeremo” finché non saranno raggiunti tutti gli obiettivi prefissati. La lotta contro Hezbollah, in particolare, è stata evidenziata come una priorità essenziale per la sicurezza di Israele, specialmente in un contesto di continua aggressione.
La retorica del premier ha incluso forti avvertimenti nei confronti di Hezbollah, sottolineando che Israele non tollererà ulteriori provocazioni. Le parole di Netanyahu hanno riflesso un sentimento di esasperazione dopo quasi un anno di conflitti e attacchi crescenti, durante i quali si è dichiarato pronto a prendere ogni misura necessaria per proteggere il proprio territorio e i propri cittadini. “Abbiamo già tollerato questa situazione intollerabile per troppo tempo”, ha affermato, ponendo così l’accento sulla minaccia persistente che Hezbollah rappresenta per la stabilità di Israele e dell’intera regione.
In merito a Hamas, Netanyahu ha ribadito che la guerra in corso nella Striscia di Gaza deve concludersi con la resa dell’organizzazione. Rivolgendosi direttamente alle ultime notizie di conflitto, ha dichiarato che la fine delle ostilità è possibile, ma solo a condizione che gli islamisti depongano le armi e rilascino gli ostaggi. “Non c’è alternativa”, ha sottolineato, prospettando un impegno israelo per una vittoria totale se Hamas dovesse rimanere a resistere.
Questo approccio aggressivo nei confronti di Hezbollah e Hamas implica un continuo dispiegamento di forze e operazioni militari, sostenuto dalla comunità internazionale e da alleati strategici. Le dichiarazioni di Netanyahu hanno posto in evidenza la visione di un futuro dove la sicurezza israeliana è garantita a fronte della minaccia immediata rappresentata da queste organizzazioni militanti.
Richiesta di sanzioni contro l’Iran
Nel corso del suo intervento all’Onu, Netanyahu ha rivolto un appello deciso alla comunità internazionale affinché ripristini le sanzioni contro il programma nucleare iraniano. Sottolineando la pericolosità della situazione, ha affermato che l’Iran rappresenta una minaccia diretta non solo per Israele, ma per l’intera stabilità del Medio Oriente. “Dobbiamo tutti fare tutto ciò che è in nostro potere per garantire che Teheran non ottenga mai armi atomiche”, ha avvertito, evidenziando la vulnerabilità della regione di fronte al potenziale armamento nucleare iraniano.
Netanyahu ha enfatizzato la necessità di un’azione tempestiva e unitaria affinché le sanzioni già revocate nel 2015, a seguito dell’accordo sul nucleare, vengano reintegrate. Il primo ministro ha dichiarato che l’assegnazione di un ruolo attivo alle Nazioni Unite è cruciale per contenere le ambizioni belliche dell’Iran, che, secondo lui, sta destabilizzando l’intera area attraverso alleanze strategiche con gruppi come Hezbollah e Hamas. “Iran e i suoi alleati sono la vera fonte del caos nella regione”, ha affermato, invocando una risposta coesa da parte delle potenze mondiali per affrontare questa sfida.
Di fronte a queste affermazioni, Netanyahu ha esposto mappe che rappresentano la crescente influenza iraniana e il suo impatto sulla sicurezza dei paesi circostanti. Ha descritto la posizione israeliana come quella di una nazione che combatte non solo per la propria sopravvivenza, ma anche per la sicurezza globale, affermando che la rimozione delle sanzioni era stata un errore strategico. “Il costo della non azione sarà ben più alto”, ha insistito, chiedendo un’agenda internazionale rinnovata che metta al centro la questione della proliferazione nucleare.
La richiesta di Netanyahu ha suscitato una reazione mista tra le delegazioni presenti, con alcuni membri che hanno espresso apertura a considerare tali misure, mentre altri hanno mostrato resistenza, citando l’importanza del dialogo e della diplomazia. Questa divergenza di opinioni sottolinea quanto sia complessa la situazione geopolitica attuale, in cui le azioni nei confronti dell’Iran potrebbero avere implicazioni di vasta portata.
Reazione al discorso e ritiro delle delegazioni
Il discorso di Netanyahu ha suscitato un immediate e forte reazione tra i presenti all’assemblea dell’Onu, evidenziando un clima di divisione e tensione sempre più acuta. Le parole del primo ministro israeliano hanno provocato il ritiro di numerose delegazioni, tra cui quelle di Iran, Turchia, Arabia Saudita, Palestina e Libano, che hanno abbandonato l’aula prima che egli iniziasse a parlare. Questo gesto simbolico ha rappresentato una chiara manifestazione di disaccordo nei confronti dell’atteggiamento assuntivo di Netanyahu e del suo approccio alla questione israelo-palestinese.
Nonostante l’applauso della sua delegazione, le reazioni contrastanti hanno messo in luce il crescente scetticismo internazionale riguardo alle affermazioni del premier israeliano. La comunità internazionale si è dimostrata particolarmente critica verso la definizione dell’Onu come “palude antisemita,” considerando le osservazioni di Netanyahu come un tentativo di delegittimare le critiche mosse al suo governo e alle operazioni militari in corso. Le delegazioni ritirate hanno interpretato la sua retorica come un aggravamento delle tensioni già elevate in Medio Oriente invece che come un passo verso la riconciliazione.
Allo stesso modo, la situazione è stata commentata da Sami Abu Zuhri, un alto dirigente di Hamas, che ha descritto il discorso di Netanyahu come “pieno di bugie e contraddizioni.” Secondo lui, l’uscita delle delegazioni dall’aula è un chiaro segnale che condanna le affermazioni israeliane e evidenzia quanto la narrativa proposta da Netanyahu non trovi più credibilità. Quest’ultimo ha continuato a insistere sulla necessità di una risposta israeliana ferma, nonostante il ritiro degli stati critici, affermando che la sicurezza di Israele rimane la priorità assoluta.
La scena all’Onu riflette, dunque, una fase delicata nei rapporti diplomatici globali e nel conflitto israelo-palestinese, in cui le parole e le azioni nazionali devono affrontare una crescente opposizione e contestazione da parte della comunità internazionale, segnalando un panorama geopolitico in continua evoluzione. La crescente polarizzazione nei discorsi diplomatici pone interrogativi sulla possibilità di una risoluzione pacifica e duratura nell’area.