Il viaggio fotografico di Luigi Ghirri
La mostra al MASI di Lugano esplora il tema del viaggio attraverso le straordinarie opere di Luigi Ghirri, uno dei più influenti fotografi italiani della seconda metà del XX secolo. Con un corpus di 140 fotografie scattate tra il 1970 e il 1991, l’esposizione rappresenta un’analisi profonda e articolata del concetto di viaggio, sia reale che immaginario. Per Ghirri, il viaggio non è solo un movimento fisico nello spazio, ma anche una ricerca mentale che si esprime attraverso un linguaggio iconografico complesso.
Le immagini in mostra raccontano di spostamenti che vanno dalle sue terre emiliane a destinazioni iconiche come Parigi, la Svizzera e gli Stati Uniti. L’artista ha catturato scene di vita quotidiana, paesaggi e dettagli apparentemente banali, rivelando così una dimensione poetica nel semplice atto dell’osservazione. Attraverso il suo lavoro, Ghirri propone un’alternativa alla rappresentazione turistica, sfidando lo spettatore a riflettere sulla costruzione della realtà attraverso l’immagine.
Uno dei progetti più emblematici è “In Scala”, realizzato tra il 1977 e il 1985, dove il fotografo gioca con la scala dei monumenti in un’interpretazione ludica e provocatoria del concetto di minimizzazione e massimizzazione spaziale. Questo progetto è un esempio di come Ghirri usi la fotografia per mettere in discussione la nostra percezione del viaggio e dei luoghi visitati, trascendendo la mera documentazione.
Grazie alla sua capacità di intrecciare elementi visivi e narrativi, Ghirri offre ai visitatori della mostra un’indimenticabile esperienza, invitandoli a un viaggio che va oltre i confini geografici, into the realm of thought and reflection.
Le origini artistiche di Ghirri
Luigi Ghirri nasce nel 1943 a Scandiano, in Emilia-Romagna, e si forma in un contesto culturale ricco di stimoli, che influenzeranno profondamente il suo approccio artistico. La sua carriera inizia negli anni ’60, periodo in cui la fotografia non godeva ancora della rilevanza odierna nel panorama artistico. Ghirri, tuttavia, riesce a ritagliarsi uno spazio significativo, consacrando la propria ricerca alla rappresentazione della realtà attraverso un linguaggio visivo unico e personale.
È nelle sue prime esperienze di viaggio e nelle visite ai luoghi simbolo dell’arte italiana che Ghirri sviluppa il suo stile distintivo, unendo elementi di documentazione e di narrazione. Influenzato dalle nuove correnti artistiche e dai movimenti culturali dell’epoca, Ghirri abbraccia una visione molto personale della fotografia, concependola non semplicemente come un’operazione meccanica ma come un atto di creatività e interpretazione.
Negli anni ’70, Ghirri inizia a collaborare con gallerie e riviste specializzate, portando avanti un dialogo con diversi artisti e intellettuali. La sua curiosità intellettuale lo porta a esplorare temi come l’architettura, il paesaggio e la cultura visiva contemporanea. Le sue opere, caratterizzate da un uso sottile della luce e da una composizione attenta, mettono in risalto la bellezza inaspettata dei luoghi quotidiani, invitando lo spettatore a scoprire attraverso gli scatti capacità di osservazione e introspezione.
La ricerca di Ghirri non si limita a esplorare il mondo esterno; essa riflette anche un profondo viaggio interiore, dove la fotografia diventa mezzo per interrogarsi sull’identità, sul senso della bellezza e sulla relazione con ciò che ci circonda. Attraverso questo approccio, Ghirri si colloca tra i pionieri della fotografia contemporanea, contribuendo a definire il linguaggio fotografico come forma d’arte e di espressione culturale.
I temi del viaggio nelle opere
Il viaggio, per Luigi Ghirri, non è soltanto movimento ma un intricato tessuto di esperienze emotive e visive. La sua opera esplora una moltitudine di temi legati al concetto di viaggio, che vanno oltre il semplice spostamento fisico. **Ghirri considera il viaggio come una forma di conoscenza, un atto di scoperta che invita alla riflessione**. Le sue fotografie, infatti, cercano di rivelare non solo la superficie dei luoghi visitati, ma anche le storie e i significati che si celano dietro di essi.
Attraverso i suoi scatti, l’artista mette in evidenza il contrasto tra il paesaggio reale e le mappe, tra il turisticamente valorizzato e il quotidiano. **L’uso di elementi iconografici, come plastici e carte geografiche**, segna un approccio critico nei confronti delle convenzioni turistiche. Ghirri invita lo spettatore a una forma di viaggio meditativa, in cui l’osservazione suscita una riflessione profonda sulla propria percezione del mondo.
Un tema ricorrente nelle sue opere è quello dell’ineffabilità e della fugacità dei momenti. **Le fotografie catturano attimi che spesso sfuggono allo sguardo distratto**, trasformandoli in attimi di poesia visiva. Inoltre, la sua attenzione per i dettagli, dalle architetture alle tracce del passato, crea una sorta di dialogo tra il presente e la memoria. Questo approccio rende ogni scatto una finestra su una realtà diversa, richiamando continuamente l’idea del viaggio inteso come esplorazione dell’io.
Il suo sguardo ha la capacità di farci intravedere mille altri viaggi possibili, creando una rete di significati e associazioni tra le immagini. **In questo modo, Ghirri non fotografa solamente il mondo, ma lo reinventa**, invitando tutti noi a percorrere il nostro viaggio interiore attraverso l’arte della fotografia.
Il curatore e le sue riflessioni
Il catalogo che accompagna la mostra, curato da James Lingwood, offre spunti di riflessione inediti sul lavoro di Ghirri, evidenziando come le sue fotografie di viaggio differiscano in modo sostanziale da quelle realizzate da turisti occasionali. **Lingwood osserva che, sebbene le immagini di Ghirri possano apparire simili a quelle scattate dai turisti, esse offrono una prospettiva unica e approfondita**. Non puntando a catturare momenti memorabili o a celebrare la bellezza di luoghi specifici, Ghirri cerca piuttosto di elaborare un racconto visivo che esplori la cultura e la costruzione dell’immagine stessa.
I testi di **Tobia Bezzola e Maria Antonella Pelizzari**, inclusi nel catalogo, arricchiscono ulteriormente il discorso critico sulla fotografia ghirriana. Secondo Bezzola, “le opere di Ghirri vengono meno intese come documentazione e più come un percorso di esplorazione e riflessione”. Questa affermazione sottolinea la volontà di scoprire il senso profondo dei luoghi e delle esperienze, piuttosto che limitarsi a registrare la loro esistenza. Attraverso i suoi scatti, l’artista pone interrogativi sul modo in cui percepiamo e interpretiamo il mondo che ci circonda, sfidando gli spettatori a considerare il significato nascosto dietro ogni immagine.
Pelizzari, dal canto suo, pone in risalto l’approccio mentale al viaggio di Ghirri, affermando che “le sue fotografie ci invitano a riflettere non solo sulla rappresentazione del luogo, ma anche sulla costruzione della memoria e dell’identità”. Quest’idea invita a un’esperienza più profonda, dove ogni fotografia diventa un punto di partenza per un’indagine interiore. **La riflessione sull’immagine si intreccia con un invito a esplorare le proprie connessioni emotive con i luoghi** rappresentati, creando un dialogo costante tra l’osservatore e la realtà rappresentata.
In questo contesto, la mostra al MASI di Lugano non è solo una celebrazione del lavoro di Ghirri, ma è anche un’opportunità per meditare su cosa significhi viaggiare e scoprire, sia nel mondo esterno che all’interno di noi stessi.
Il percorso espositivo al MASI
Il percorso espositivo concepito per la mostra al MASI di Lugano è un’esperienza immersiva che permette ai visitatori di esplorare le opere di Ghirri in modo non lineare. All’interno di un allestimento tematico e fluido, il pubblico è invitato a interagire con le immagini secondo un ordine personale, seguendo i “strani grovigli del vedere” che Ghirri stesso evocava. Ogni fotografia è una porta d’accesso a ulteriori riflessioni, trasformando la visita in un viaggio intimo e unico.
Le opere esposte sono disposte in modo da enfatizzare i legami visivi e concettuali che intercorrono fra di esse. Questo approccio facilita un dialogo continuo tra le diverse fotografie, che si rimandano l’un l’altra, creando una rete di significati che si arricchisce di significati attraverso l’interazione del visitatore. Le immagini non sono semplici rappresentazioni del mondo esterno, ma diventano spunti di riflessione per una comprensione più profonda della propria percezione del viaggio.
La disposizione delle fotografie, che spazia tra vari periodi e progetti dell’artista, offre la possibilità di cogliere l’evoluzione del suo pensiero e della sua estetica. Dalla serie **In Scala**, dove i monumenti vengono ri-immaginati in un contesto ludico e inaspettato, a lavori come **Atlante** e **Identikit**, il visitatore è guidato in un’esperienza che sfida le convenzioni del vedere e invita a una meditazione sul significato del viaggio stesso.
In questo modo, la mostra diventa un percorso di introspezione e scoperta, dove le fotografie di Ghirri non sono solo oggetti da osservare, ma compagni di viaggio che stimolano ulteriori interrogativi e riflessioni nel cuore del visitatore. Portando il mondo di Ghirri a Lugano, il MASI offre l’opportunità di addentrarsi in una dimensione visiva e concettuale che trascende il tempo e lo spazio, permettendo a ciascuno di noi di riflettere sul proprio personale viaggio.
Le fotografie e i progetti presentati
Tra le opere esposte, alcune delle più significative provengono da progetti iconici come **In Scala**, **Atlante** e **Identikit**. “In Scala”, realizzato tra il 1977 e il 1985, si distingue per il modo in cui Ghirri rivisita luoghi emblematici in miniature, creando un universo surreale dove il Duomo di Milano si accosta al Monte Bianco e al Ponte dei Sospiri. Questo progetto invita il visitatore a riflettere sulla percezione degli spazi e sulla loro rappresentazione attraverso l’arte della fotografia.
**Atlante**, pubblicato nel 1973, racchiude un viaggio visivo tra paesaggi e architetture, esplorando le connessioni tra i luoghi e le storie che li attraversano. Qui, Ghirri mette in evidenza come il paesaggio possa fungere da specchio della nostra cultura e delle nostre esperienze, rendendo ogni immagine un invito alla meditazione. La scelta dei colori e la luce naturale giocano un ruolo cruciale nel creare atmosfere che trascendono il contesto visivo, aprendo a riflessioni più profonde.
Un altro progetto significativo è **Identikit**, realizzato tra il 1976 e il 1979. Con una forte carica evocativa, Ghirri utilizza la fotografia come un mezzo di indagine esistenziale, creando un dialogo con i luoghi e le storie che li connotano. Le immagini catturano ambienti quotidiani e oggetti di uso comune, trasformando la banalità in poesia visiva, e invitando gli spettatori a riscoprire la bellezza nascosta nel quotidiano.
Di grande impatto sono anche le fotografie di Capri, pubblicate nel libro omonimo del 1983. Ghirri riesce a trasmettere la magia e l’atmosfera del Mediterraneo, proponendo composizioni classiche in dialogo con la luce unica dell’isola e le sue architetture. Ogni foto racconta una storia, creando una connessione emotiva tra il soggetto ritratto e il suo fruitore, trasmettendo la sensazione di un viaggio intimo e personale.
Attraverso questo ampio ventaglio di opere, la mostra offre una visione articolata e complessa del lavoro di Ghirri, richiamando alla mente interrogativi sull’individualità del viaggio e sull’interconnessione tra luoghi e identità personale. Le immagini, trafficate di significato, diventano inviti a intraprendere un’esplorazione che supera i confini fisici e invita a un viaggio di scoperta interiore.