I migliori politici online: WhatsApp e le elezioni 2.0 New media, vecchie abitudini.
Quando si dice che la politica si stia facendo social, anche se, a riflettere bene sul termine social, la politica dovrebbe essere sempre così, si pensa solo ai nomi dei politici più noti.
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A quelli presenti in tutti i tg nazionali, di cui i quotidiani commentano le gesta, e che le testate online citano spesso e volentieri con rimandi a pagine Twitter e Facebook, più o meno ben gestite.
Ma non è solo così. Oltre ai politici che possiamo definire “mainstream”, quelli che tutti conoscono, anche i politici minori, sindaci, candidati, consiglieri comunali, stanno cercando di seguire la lunga onda del 2.0
E così, chi più, chi meno, tutti si attivano per aprire pagine, twittare, creare hashtag ad hoc.
Ma l’ultima novità in fatto di social arriva dal Piemonte: Michele Coppola (NCD), assessore alla Cultura uscente della Regione Piemonte non si fa mancare nessun Social Media, come illustra la sua copertina di Twitter (michele_coppola).
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Ma la cosa curiosa è che, oltre a Facebook, Twitter, LinkedIn, e Instagram, appare anche l’icona di WhatsApp. Coppola ha dichiarato che dialogherà coi cittadini dalle 20 alle 21 di ogni sera, e grazie a questo strumento, creerà un legame diretto coi cittadini.
I dati ancora mancano sulla riuscita dell’iniziativa, ma certo non può che lasciare piacevolmente sorpresi.
A questo punto, ci si aspetterebbe che Coppola sia veramente presente e attivo anche su Twitter, il social media politico per eccellenza, salvo scoprire che così non è.
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Con una media negli ultimi 20 gg di 13.71 tweet al giorno sembra difficile credere che l’assessore twitti da sé. Persino Renzi (che abbiamo definito in un articolo precedente iperconnesso) twitta con una media di circa 4 tweet al giorno dimostrando un uso più razionale del mezzo.
Anche la percentuale delle risposte non sembra troppo rincuorante con 19 replies totali e una percentuale del 7% (calcolata sul totale dei tweet analizzati).
Inoltre la pagina, pur presentando una buona quantità di tweet di stampo emozionale, non riesce ad uscire dagli schemi del modello referenziale per cui “twitto quello che faccio”. Anche i tweet di tipo informativo non mancano, dimostrando, ulteriormente, la teoria secondo la quale i politici hanno la tendenza ad usare Twitter come una rassegna stampa.
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Concludendo: anche nelle realtà meno mainstream, quindi, i social e i media digitali sembrano cercare nuovi spazi nelle campagne elettorali. Tutti cercano la via più diretta per comunicare, per ascoltare i cittadini che, però, nella maggior parte dei casi non si sente ascoltata, né è spinta a partecipare di più alla vita politica del Paese.
Un fatto come questo, l’adozione di WhatsApp per una campagna elettorale, semplice ma indicativo di un cambiamento in atto e sempre più visibile nella cultura del comunicare, apre quindi ad una più profonda riflessione: è il mezzo che fa una campagna più “social”, più contemporanea, più in linea con i bisogni dei cittadini, o sono sempre le persone, che nel modo in cui li utilizzano, pongono le basi per un reale cambiamento?
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