Dalla nostra inviata Cinzia Alibrandi: Incontro il maestro orafo Pippo Alvaro nel suo negozio “999Alvarogioielli” di Messina, sito in via Nicola Fabrizi, 133. Il pianoterra, tra vetrine di cassaforti forzieri con esposti non gioielli, ma vere e proprie opere artistiche, emana un’atmosfera antica e rarefatta.
Poi, salendo una scala sinuosa, lo spazio si allarga all’atelier in cui Pippo lavora in un silenzio ovattato, tagliato fuori dal mondo, inciso in una dimensione spirituale dove afferra il sogno che trasporta pazientemente nel gioiello.
Occorre sottolineare che Messina vanta una tradizione assai antica e prestigiosa e Alvaro in questo senso ha fatto scuola, mutuando l’antica bottega orafa dei tempi andati, recuperando il lavoro celliniano di cesello, coniugando arte e pezzo in un’unica soluzione.
Dalla fase ideativa del disegno, plasma in cera la struttura della gioia, e per ultimo la manipola sul materiale vivo dell’oro o dell’argento, in una creazione assolutamente unica. Qui non esiste il pezzo riprodotto in serie, ma è la mano dell’artista che genera l’opera singola.
1- Chi è Pippo Alvaro? R- Un vecchio artigiano orafo. Vecchio perché è lunga la persistenza e militanza nella mia carriera, artigiano perché sono un manipolatore d’arte, orafo perché è l’oro la materia che trasformo in gioiello.
2- Come sei arrivato ad appassionarti a questo settore? R- Io ho iniziato giovanissimo, ad appena 15 anni. Mio padre mi affidò ad un amico, Merenda, e nel suo negozio ho appreso i fondamenti di questo lavoro. Eppure, senza presunzione, ho capito, anzi sentito a livello emozionale, di avere dentro una forma espressiva che andava oltre la cifra del mio maestro. Insomma vivevo la dimensione che solo poco per volta ho compreso essere quella del maestro orafo. E questo stato cresceva con l’aumentare della passione: è una professione che mi procura vera felicità.
3- Qual è l’opera realizzata che ti ha dato più soddisfazione? R- Ho una carrellata infinita di opere! Non saprei proprio dire quale mi ha più colpito! Eppure la soddisfazione e l’emozione che provo all’ennesimo gioiello consegnato al cliente, che sgrana gli occhi guardandolo con stupore, è ogni volta nuova, anche se è identica la conferma che ho centrato il desiderio del committente, creando proprio l’oggetto giusto. Dal maestoso collier al piccolo ciondolo, il comune denominatore è la ricerca della bellezza: se riesco nell’intento di profondere il bello, il mio sentire di artista si congiungerà con chi indosserà il monile.
4- Esiste un trend come negli abiti, per il gioiello, cioè una creazione diventata un ‘cult’ di successo e molto venduta? R- Possiamo dire di sì. Per esempio ho creato dei monili di svariato tipo, in argento, diventati dei veri must have: il bracciale con il nome, l’anello con l’iniziale in pavé di brillanti, il segno zodiacale proposto in diverse soluzioni, tutti richiestissimi, tanto da fare tendenza ed essere molto copiati. Ovvio che proprio perché non si tratta di prodotti seriali, negli anni ho apportato innovazioni e modifiche, creando nuove collezioni, ma sempre in linea con la primigenia e azzeccata intuizione.
5- Qual è la pietra che tu prediligi, o è come chiedere a un genitore a quale figlio vuole più bene? R-Senza esitare, rispondo il rubino. Ed infatti se creo senza una commissione particolare, è verso questa pietra che mi dirigo. Il gioiello si chiama gioia, è simbolo di amore. Allora quale pietra più del rosso rubino può racchiudere questo stupefacente significato?
6- Tu hai realizzato una serie di targhe in onore di illustri personaggi. R- Un’attività collaterale di prestigio: tra i nomi, due targhe per la podista Anna Rita Sidoti, per il ciclista Vincenzo Nibali, per il mitico attaccante della Juventus John Charles. Questa targa è esemplare perché il “Club Juventus John Charles”, di via XXVII luglio, qui a Messina, è titolato proprio alla memoria del campione inglese, ed è stata consegnata e ritirata dalla stessa vedova.
7- Si racconta di un pezzo comprato dal grande attore Richard Burton per le seconde nozze con una delle più famose attrici di tutti i tempi: Liz Taylor. R- Esisteva a Roma una gioielleria in via Delle Carrozze, una delle strade pedonali che conducono a piazza di Spagna, dove Richard Burton nel 1975 per il secondo matrimonio con la star Liz Taylor, acquistò un’opera proveniente e realizzata nel mio negozio di allora. Si trattava di un imponente collier a soggetto amoroso, una sorta di bassorilievo figurativo, con donne e uomini intrecciati in varie movenze, davvero spettacolare.
8- Da quanto tempo ti trovi qui alle spalle del tribunale di Messina, in via Nicola Fabrizi? R- Mi trovo in questa sede dal 2008, sciolta la mia precedente società. Ho tenuto, pur conservando nel logo la mitica A di Alvaro, a rispettare il preesistente nome 999, perché è il titolo dell’oro puro; inoltre nel medioevo il 3 ed i suoi multipli, indicavano la perfezione della triade divina.
9- Spieghi le fasi del tuo lavoro e la differenza tra un maestro orafo e un gioielliere? R- È presto detto: il gioielliere vende i preziosi, certo è un esperto fidato, ma non li realizza. L’orafo è come nella moda lo stilista, l’artefice del gioiello. Lo disegna, crea la sua struttura in cera rossa o blu ed infine la posa sul materiale. Anche il pezzo di successo che viene richiesto da tanti, non sarà mai copia conforme, in quanto rifatto ogni volta a mano, magari con variazioni dal tema originale. E l’unicità è il valore aggiunto: per ogni pezzo realizzato di media grandezza, impiego almeno dieci giorni.
10- Consigli le tue clienti verso un pezzo piuttosto che un altro, adattandolo oltre che alla ricorrenza anche alla personalità di chi lo indossa? R- Ovvio! Il valore del mio oggetto non sarebbe tale, senza la soddisfazione piena di chi lo indosserà, ne è binomio inscindibile. Infatti interpretare il desiderata di chi ho davanti, mostrare il disegno e poi lo stampo in cera, equivale alle prove del sarto che cuce l’abito addosso. E il modello finito, deve rispecchiare il temperamento della donna, animarsi e percepirsi in modo sentito e vissuto.
11- Il gioiello, già dall’antichità racchiudeva un valore scaramantico. Tu realizzi un corno portafortuna di grande successo. R- Sono partito dall’idea base della figura della Dea Bendata, per poi incidere una serie di simboli portafortuna: gufo, numero 13, gobbo, lumaca, ferro di cavallo, chiave, tartaruga. Questo ciondolo benagurale è molto richiesto, per esempio in occasione delle lauree, come bomboniera. Con mia moglie Mariella, mia preziosa mentore, lo abbiamo a nostra volta scelto per nostro figlio Rocco quando si è laureato a Milano in Ingegneria gestionale. Come per altri lavori fortunati, e qui l’aggettivo è più che mai calzante, ho creato altre versioni, per esempio quella bracciale.
L’intervista è finita, ed uscendo in strada in una città semivuota e accaldata, sento ancora addosso la forza della bellezza non solo dei gioielli ammirati, ma della singolarità del personaggio Alvaro.
Per ulteriori informazioni questo il sito: www.alvarogioielli.it
Tacco e stacco: e a tutti auguro di possedere preziose gioie, morali e concrete!