Maestra d’asilo licenziata a Treviso per attività su OnlyFans: conseguenze e normativa vigente

Licenziamento per giusta causa della maestra
Elena Maraga, insegnante d’asilo e bodybuilder di 29 anni, è stata licenziata dall’asilo cattolico di Varago di Maserada, in provincia di Treviso, a causa del suo profilo su Onlyfans. Il provvedimento disciplinare è stato formalizzato tramite una comunicazione scritta, una raccomandata ricevuta dalla stessa Maraga, che ha sancito la cessazione del rapporto di lavoro per “giusta causa”. La motivazione ufficiale del licenziamento si basa su un “incrinamento del rapporto di fiducia” tra l’insegnante e l’istituzione scolastica.
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La sanzione disciplinare applicata sottolinea la rilevanza che la direzione attribuisce all’immagine e alla trasparenza delle figure educative nei confronti delle famiglie e della comunità. Il termine “giusta causa” indica una violazione tale da rendere impossibile la prosecuzione del rapporto di lavoro senza un preavviso, nella piena facoltà dell’ente scolastico di tutelare il proprio contesto operativo e morale.
La vicenda, che ha assunto le caratteristiche di un caso mediatico, si caratterizza per la tensione tra libertà individuale e ruolo pubblico della dipendente, aprendo un dibattito sui limiti imposti alle figure professionali che operano in ambito educativo, soprattutto presso strutture dichiaratamente cattoliche.
La vicenda e la reazione della docente
Elena Maraga ha reso nota la dinamica che ha portato alla sospensione e successiva cessazione del suo incarico. La docente ha spiegato che l’origine della controversia risiede nella scoperta del suo profilo Onlyfans da parte di un genitore di un bambino affidato alle sue cure, un minore di appena due o tre anni. Secondo quanto dichiarato dalla stessa insegnante, tale genitore si è iscritto al suo canale a pagamento, acquistando contenuti che successivamente sono stati diffusi all’esterno in una chat locale di un gruppo sportivo maschile.
Il contenuto è rapidamente diventato oggetto di dibattito, tanto che la compagna del genitore, venuta a conoscenza della vicenda, ha sollevato la questione in un gruppo Facebook riservato alle madri degli alunni. Tuttavia, la reazione all’interno di quella comunità virtuale non ha sortito il sostegno aspettato, spingendo infine ad informare direttamente la dirigenza dell’asilo.
Di fronte a questa catena di eventi, Maraga si è detta sorpresa e pronta a contestare il licenziamento, definendolo “ingiusto” e privo di fondamento legale, anticipando l’intenzione di impugnare formalmente il provvedimento. La maestra, che ha sottolineato come la sua attività su Onlyfans sia totalmente scollegata dal ruolo educativo, pone l’accento sui temi della privacy personale e della libertà di espressione, affermando la propria volontà di tutelare la propria posizione anche sul piano legale.
Implicazioni nella comunità e dibattito sociale
La vicenda ha suscitato reazioni contrastanti nell’ambito della comunità locale, evidenziando una spaccatura tra chi considera il licenziamento un atto doveroso per preservare l’immagine istituzionale dell’asilo e chi invece interpreta la decisione come un giudizio morale che discrimina una scelta privata della docente. La questione ha acceso un dibattito più ampio sul confine tra la sfera personale e quella professionale, soprattutto per chi svolge ruoli di responsabilità educativa.
Da un lato, la scuola cattolica di Varago di Maserada ha motivato la decisione come necessaria per mantenere un clima di fiducia e sicurezza percepita dalle famiglie, viste le sensibilità di una realtà educativa rivolta a bambini molto piccoli. Dall’altro, molti cittadini e figure esperte in diritto lavorativo sottolineano come l’attività su piattaforme come Onlyfans, purché svolta nel rispetto delle leggi e senza coinvolgimento diretto del contesto scolastico, non dovrebbe rappresentare motivo di sanzione disciplinare.
Il caso ha inoltre posto al centro del confronto la questione della libertà individuale, della privacy digitale e della stigmatizzazione delle donne che scelgono di esprimersi in ambiti ritenuti controversi. Diverse associazioni per i diritti civili e alcuni commentatori hanno indicato la situazione come un esempio di discriminazione indiretta, invitando a riflettere sui limiti eccessivi imposti ai professionisti della scuola in un’epoca segnata dalla complessità delle identità digitali.
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