Lotta alla pirateria web denunciato il più importante motore di ricerca cinese
L’espressione “tutto il mondo è paese” sembra calzare a pennello per quanto riguarda il difficile rapporto tra condivisione e diffusione, da parte degli internauti di materiale audio-video, e le associazioni ed industrie detentrici dei diritti d’autore o, per usare un termine anglosassone, del copyright.
Le problematiche e le situazioni che si vengono a creare sono, infatti, molto simili ad ogni latitudine. L’ultimo caso che certifica quanto diciamo è scoppiato in quella che è ormai considerata la prima potenza economica mondiale: la Cina.
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Gli “studios” del gigante asiatico hanno presentato una denuncia nei confronti di Baidu, il motore di ricerca più utilizzato dagli internauti del paese. L’accusa? Il motore di ricerca si sarebbe reso colpevole di “linkare contenuti che violano il copyright”, dando modo alla vastissima schiera di persone che ogni giorno navigano in Cina, di usufruirne liberamente.
La denuncia è stata presentata da un gruppo di società ed emittenti operanti nel settore video, tra cui spiccano LeTV e Youku. Appoggiati dalla Motion Picture Association of America (MPAA), hanno deciso di rivolgersi alle autorità e hanno annunciato di aver adito le vie legali in una conferenza stampa, a cui hanno presenziato anche rappresentanti di Disney, Sony Pictures Entertainment e di altri colossi americani del settore audio-video, che ha ricordato quelle che di solito si svolgono per le grandi occasioni, come l’annuncio dei palinsesti televisivi autunnali o la presentazione della pellicola di un grande regista.
Secondo i firmatari della denuncia, il motore di ricerca darebbe accesso a moltissimi contenuti “coperti” da copyright, il tutto senza autorizzazione, svolgendo quindi una funzione che nulla ha a che fare con quella di un motore di ricerca.
La disputa si basa sui link che Baidu consente di visualizzare, i quali conducono a contenuti di siti terzi, visualizzabili anche utilizzando applicazioni del motore di ricerca: motore di ricerca che quindi, secondo i difensori del copyright “approfitta di contenuti, storage e banda di siti terzi dedicati ai video”.
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Ma cosa chiedono le società che hanno avviato questa azione legale? La richiesta di indennizzo nei confronti di Baidu è molto alta: si parla di una cifra superiore ai 36 milioni di euro.
Il motore di ricerca, che negli anni, con un atteggiamento collaborativo si era scrollato di dosso l’etichetta di avversario del copyright, respinge tutte le accuse, affermando di essere al lavoro su “un sistema che filtri automaticamente i risultati di ricerca pirata”: risultati che vengono, nell’attesa di questa implementazione, immediatamente rimossi, ogni qualvolta giungono delle segnalazioni.
Baidu ha dato anche delle cifre, affermando che dall’inizio dell’estate, sarebbero stati 6 milioni i link rimossi, e che tutto ciò sarebbe avvenuto grazie alla propria opera di controllo.
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Ad ogni modo, il motore di ricerca epigono di Google, non sembra troppo preoccupato: già accusato dalle case discografiche di condotte simili a quelle che gli vengono imputate oggi dagli “studios”, è sempre riuscito a veder riconosciuto il proprio ruolo di semplice intermediario.
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