L’Italia e l’AI: un Paese a due velocità secondo altermAInd

In Italia, l’AI Leadership Index medio – l’indicatore che misura il livello di maturità delle aziende nell’integrazione dell’Intelligenza Artificiale nei processi – si ferma a 41 su 100. È il dato che emerge dalla ricerca AI Leadership Readiness 2025, condotta da altermAInd su un campione di 231 professionisti provenienti da PMI e grandi corporate.
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Se da un lato cresce costantemente l’interesse per l’AI, dall’altro lato l’adozione effettiva fatica a diventare strutturale e strategica. Le grandi imprese guidano la trasformazione, mentre le PMI rischiano di restare ai margini.
«Il dato del 41/100 rappresenta un campanello d’allarme» – commenta il team di ricerca – «perché indica che il potenziale dell’AI in Italia è ancora largamente inespresso».
Corporate in vantaggio, PMI ancora in ritardo
Dalla ricerca emerge chiaramente una frattura tra chi ha già avviato progetti di implementazione concreti e chi è fermo a una fase esplorativa.
Le Corporate – soprattutto quelle con oltre 500 dipendenti – hanno già adottato modelli di AI governance, allocato budget e formato team interni, mentre nelle PMI prevale ancora l’approccio sperimentale: proof of concept, test isolati e mancanza di un piano organico.
Questo gap non è solo tecnologico ma anche culturale: molte PMI non dispongono delle competenze necessarie per leggere i dati, scegliere le piattaforme adeguate o valutare il ritorno sull’investimento.
Il rischio è quello di perdere competitività rispetto ai concorrenti internazionali e non riuscire a sfruttare le opportunità offerte dall’AI generativa, dalla robotica e dall’automazione dei processi (hyperautomation).
Barriere e opportunità per il 2025
Lo studio evidenzia tre barriere principali: carenza di competenze, timore per la compliance normativa e difficoltà di integrazione con i sistemi legacy.
Molti imprenditori segnalano l’assenza di professionisti interni capaci di dialogare con i fornitori di soluzioni AI e di tradurre i bisogni aziendali in progetti concreti.
C’è poi la paura – spesso amplificata dai media – di violazioni del GDPR, uso improprio dei dati o rischi reputazionali derivanti da output non controllati.
Al tempo stesso, la ricerca sottolinea come il 2025 sarà l’anno in cui gli investimenti in AI in Italia cresceranno a doppia cifra, grazie anche ai fondi del PNRR e ai nuovi incentivi per l’innovazione tecnologica.
Un dato interessante riguarda l’adozione dell’AI generativa, che secondo la survey è considerata prioritaria dal 68% delle Corporate, mentre solo il 34% delle PMI ha già pianificato progetti concreti in questo ambito.
Dalla sperimentazione alla strategia
Secondo gli analisti di altermAInd, il passo successivo per il tessuto imprenditoriale italiano è passare dalla fase sperimentale a una vera e propria AI strategy.
Ciò significa definire ruoli e responsabilità interne, formare il personale, inserire metriche di performance e soprattutto integrare l’AI nella catena del valore.
«L’AI non è più una curiosità tecnologica – è un asset competitivo» afferma il CEO di altermAInd. «Chi oggi investe in maniera decisa in AI readiness si prepara a dominare il proprio mercato nei prossimi cinque anni».
La ricerca invita le aziende a collaborare con università, centri di ricerca e partner tecnologici per creare un ecosistema di innovazione capace di accelerare la crescita.
In questo scenario, le PMI hanno un’opportunità unica: sfruttare la propria agilità per adottare soluzioni di AI as-a-service, riducendo costi e tempi di implementazione.