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Leader europei nei supercomputer: Draghi segnala un ritardo nell’AI rispetto agli altri paesi del mondo

  • Redazione Assodigitale
  • 16 Settembre 2025
Leader europei nei supercomputer: Draghi segnala un ritardo nell'AI rispetto agli altri paesi del mondo

Leader in supercomputer europei

La European Union si posiziona in prima linea nel campo dei supercomputer, con l’orgoglio di vantare quattro delle dieci macchine più potenti al mondo. Tra queste, la seconda più potente è di origine italiana, un risultato che evidenzia l’eccellenza tecnologica del continente. Durante la conferenza “Un anno dopo il rapporto Draghi”, la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, ha sottolineato l’importanza di questo traguardo, citando in particolare il supercomputer Jupiter, inaugurato in Germania, e l’HPC6, localizzato in Italia. Quest’ultimo è situato in un centro dati a Ferrera Erbognone, in provincia di Pavia, ed è opera di Eni, rappresentando un simbolo della capacità produttiva europea. Con una potenza di calcolo di 606 milioni di miliardi di operazioni al secondo, si pone al sesto posto nella classifica mondiale, rendendolo uno strumento in grado di completare in pochi secondi operazioni che richiederebbero anni a un computer tradizionale.

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Il supercomputer è stato sviluppato principalmente per scopi industriali, consentendo di ottimizzare il funzionamento degli impianti e migliorare l’accuratezza negli studi preliminari sullo stoccaggio di CO₂. Inoltre, contribuisce allo sviluppo di batterie ad alte prestazioni. Accanto a questo capolavoro tecnologico, si trovano altre eccellenze europee come il supercomputer tedesco Jupiter, il finlandese Lumi e Leonardo, un’altra macchina italiana parzialmente finanziata dalla Commissione Europea. Nonostante questi successi, il panorama tecnologico europeo presenta ancora significative sfide, in particolare nel settore dell’intelligenza artificiale.

Le potenzialità del supercomputer italiano

Il supercomputer sviluppato da Eni rappresenta un punto di riferimento non solo per l’Italia, ma per l’intero panorama tecnologico europeo. Situato a Ferrera Erbognone, il suo straordinario potere computazionale di 606 milioni di miliardi di operazioni al secondo lo colloca al sesto posto nella graduatoria mondiale, superando di gran lunga le capacità dei sistemi tradizionali. Questo avanzato supercomputer consente di eseguire in un tempo incredibilmente ridotto complessi calcoli che normalmente richiederebbero decenni, rivoluzionando l’approccio all’analisi e alla gestione dei dati industriali. Attraverso l’ottimizzazione di processi nei settori dell’energia e delle risorse, come lo stoccaggio di CO₂, il supercomputer non solo migliora l’efficienza produttiva, ma promuove anche pratiche più sostenibili e responsabili.

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Inoltre, il computer svolge un ruolo cruciale nello sviluppo di batterie ad alte prestazioni, un ambito di ricerca sempre più rilevante, alla luce della transizione ecologica e della crescente domanda di tecnologie energetiche avanzate. La macchina non è solo un simbolo di innovazione tecnologica, ma anche un catalizzatore per il progresso industriale. Le sue applicazioni nelle simulazioni e nell’analisi predittiva stanno aprendo nuove porte a settori come quello dell’intelligenza artificiale, contribuendo a formare le basi per future scoperte e sviluppi. Sebbene siano in corso iniziative promettenti, le enormi potenzialità del supercomputer pongono anche interrogativi su come l’Europa potrà capitalizzare appieno su tali tecnologie, specialmente in un contesto competitivo globale.

Limitazioni nello sviluppo dell’intelligenza artificiale

Nonostante gli straordinari risultati ottenuti nel settore dei supercomputer, l’Unione Europea si trova ad affrontare persistenze limitazioni nello sviluppo dell’intelligenza artificiale, un campo cruciale per rimanere competitivi a livello globale. Secondo Mario Draghi, ex Primo Ministro Italiano, i dati parlano chiaro: nell’anno passato, gli Stati Uniti hanno prodotto 40 modelli fondamentali, la Cina 15 e l’Unione Europea solo 3. Questa disparità evidenzia non solo una mancanza di capacità di innovazione, ma anche l’urgenza di un’iniziativa concertata per colmare il divario.

La scarsa produzione di modelli AI europei pone un freno significativo allo sviluppo delle industrie, ponendo l’accento sulla necessità di investimenti strategici per promuovere una robusta cultura della ricerca e dello sviluppo nella tecnologia di intelligenza artificiale. L’assenza di progressi significativi nell’adozione di tecnologie AI basate su proprietà intellettuale europea impedisce al continente di consolidare le proprie industrie core, risultando in una posizione di vulnerabilità rispetto a concorrenti come Stati Uniti e Cina. Questo scenario allarma e invita i leader politici a non trascurare l’importanza di investire nello sviluppo di capacità AI che potrebbero trasformare il mercato europeo.

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In risposta a queste sfide, Draghi ha sottolineato la necessità di un approccio coeso che combini risorse pubbliche e private per raggiungere obiettivi ambiziosi. Le problematiche affrontate non sono solo tecniche, ma richiedono anche un allineamento politico e finanziario che favorisca la ricerca e l’innovazione, evitando ritardi che potrebbero compromettere la competitività dell’Europa nel lungo termine. È chiaro che si dovranno trovare i mezzi per utilizzare al meglio le potenzialità dei supercomputer, integrando queste tecnologie alla crescita dell’intelligenza artificiale in modo efficiente e strategico.

Le dichiarazioni di Draghi

Durante la conferenza, Mario Draghi ha espresso riserve significative riguardo alla capacità dell’Unione Europea di adattarsi rapidamente alle sfide del settore dell’intelligenza artificiale. Le sue osservazioni, riprese con vigore, fanno eco a preoccupazioni condivise da esperti e analisti nei campi della tecnologia e della politica economica. “Il divario è chiaro sul fronte dell’IA,” ha affermato Draghi, sottolineando la disparità nella produzione di modelli fondamentali rispetto ai leader globali. Confrontando i numeri, ha rivelato che nell’ultimo anno gli Stati Uniti hanno generato 40 modelli di intelligenza artificiale vitali, la Cina 15, mentre l’Europa è rimasta indietro con un modesto totale di 3 modelli.

Questi dati allarmanti indicano non solo la necessità di un risveglio collettivo all’interno dell’Europa, ma sollevano anche interrogativi riguardo a come il continente possa rimanere competitivo in un mercato sempre più dominato da innovazioni rapide e continue. Draghi ha avvertito che la scarsità di modelli AI progettati in Europa limita fortemente la crescita delle industrie e preclude la possibilità di consolidare le risorse intellettuali europee come nucleazione per lo sviluppo economico regionale.

In aggiunta, Draghi ha richiamato l’attenzione sull’importanza di incorporare strategie di investimento più aggressive e mirate. Ha delineato la necessità di un approccio che integri i flussi di capitale privati e pubblici, per garantire che l’Unione possa formare una base solida per la produzione e la ricerca in intelligenza artificiale. Conclude sottolineando che ignorare l’importanza della rapidità e dell’adeguatezza dell’innovazione tecnologica potrebbe comportare conseguenze significative per la competitività del continente nei prossimi decenni.

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Progetti futuri e investimenti nell’IA

La Commissione Europea ha lanciato piani ambiziosi per colmare il divario nel settore dell’intelligenza artificiale, puntando a un investimento di 200 miliardi di euro, come sottolineato dalla presidente Ursula von der Leyen durante il recente AI Action Summit a Parigi. Questo piano prevede la creazione di quattro gigafabbriche dedicate allo sviluppo di tecnologie AI, inizialmente finanziate con 20 miliardi di euro. Tali investimenti sono stati accolti con soddisfazione dall’industria, la quale ha manifestato un interesse decisamente superiore rispetto alle aspettative della Commissione: sono state ricevute proposte per un totale di 230 miliardi di euro, dimostrando così la potenzialità e la serietà del settore.

Tuttavia, l’ex premier italiano, Mario Draghi, ha evidenziato che la situazione fiscale limita notevolmente le possibilità di investimento a lungo termine, avvertendo che il debito pubblico dell’Unione è previsto raggiungere il 93% del PIL nel prossimo decennio. Questa condizione potrebbe gravare sulla capacità dell’Europa di finanziare progetti innovativi. Draghi ha sottolineato l’importanza di una strategia coordinata che miri ad ottimizzare le risorse necessarie per trasformare l’industria dell’IA, essenziale per garantire una competitività sostenibile a lungo termine.

La necessità di un approccio integrato è fondamentale: il sublime potenziale dei supercomputer europei deve essere sfruttato per alimentare la crescita dell’intelligenza artificiale e favorire così un ecosistema innovativo in grado di affrontare le sfide future. Le ambizioni del piano della Commissione devono tradursi in un’infrastruttura robusta che supporti la ricerca e lo sviluppo, consentendo all’Europa non solo di recuperare terreno, ma di affermarsi come leader globale nel settore.

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