Lazza e i concerti: perché i cellulari minacciano le esperienze live autentiche
Lazza e la rivoluzione del concerto senza cellulari
Il trapper Lazza sta guidando una nuova corrente nel mondo musicale, frapporrecendo un netto rifiuto all’uso dei cellulari durante i suoi concerti. Attraverso un post su Instagram, l’artista ha reso nota la sua posizione, sottolineando che desidera eventi privi di schermi e fotografie, in cui il pubblico possa immergersi completamente nell’esperienza live. Questa scelta non è isolata; altri grandi nomi della musica, come Adele e i Depeche Mode, hanno precedentemente adottato misure simili, rifiutando la presenza di cellulari e invitando i fan a vivere in modo autentico i concerti.
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Il messaggio di Lazza si inserisce in un contesto più ampio, in cui il crescente malcontento verso il comportamento dei fan sta emergendo. Sono numerosi coloro che avvertono la disconnessione tra artisti e pubblico, spesso ridotto a un insieme di schermi luminosi. L’artista dichiara che è triste vedere le folle riprendere lo spettacolo anziché viverlo.” È una questione di sostanza,” afferma. “Ho creato coreografie e arrangiamenti per coinvolgere la gente, non per vedere solo telefoni.”
La questione solleva interrogativi fondamentali sulla fruizione della musica live e sul significato dell’esperienza concertistica. Se Lazza e altri artisti continueranno a sostenere questo approccio, assistiamo all’inizio di una vera e propria rivoluzione che potrebbe trasformare il modo in cui gli eventi dal vivo vengono percepiti e vissuti in prima persona.
Il ruolo dei social nella fruizione degli eventi live
Negli ultimi anni, l’avvento dei social media ha trasformato profondamente il modo in cui le persone esperiscono eventi dal vivo. Se in passato i concerti erano momenti di pura condivisione e celebrazione della musica, ora appaiono spesso filtrati attraverso lo schermo di uno smartphone. L’ossessione per la condivisione immediata sui social porta molti a focalizzarsi più sul “documentare” che sul “vivere” l’esperienza. Questo fenomeno ha effetto non solo sui partecipanti, ma anche sugli artisti stessi, che si trovano di fronte a un pubblico più impegnato a ottenere il miglior scatto piuttosto che a godere della performance.
La corsa alla visibilità online ha creato una cultura in cui il valore di un’esperienza è misurato in like e condivisioni, piuttosto che in emozioni genuine. Un concerto, piuttosto che essere un ritrovo di appassionati di musica, si trasforma in un’occasione per ostentare il proprio status sui social media. Questa tendenza non solo diluisce la qualità dell’esperienza collettiva, ma contribuisce anche a una crescente alienazione tra artisti e pubblico. Non è raro vedere artisti che, durante le esibizioni, devono richiamare l’attenzione su un pubblico distratto dai dispositivi, piuttosto che coinvolto nella musica.
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Inoltre, questa dipendenza dai social crea un contesto in cui i veri momenti di connessione e spontaneità vengono sacrificati in favore di una rappresentazione costruita e spesso superficiale. L’idea di vivere un concerto come un evento unico, da assaporare in tempo reale, è messa in pericolo da questa necessità di documentare e condividere. Lena Lazarus e altri artisti stanno cercando di ricondurre il focus sull’essenza della musica, sottolineando l’importanza di vivere intensamente ogni nota invece di cercare l’approvazione virtuale.
L’evoluzione dei concerti: da esperienza collettiva a show virtuale
L’industria musicale ha vissuto una trasformazione radicale negli ultimi decenni, stravolgendo il concetto stesso di concerto da evento collettivo a spettacolo virtuale mediato dai dispositivi. Originariamente, i concerti rappresentavano momenti conviviali, in cui la musica univa le persone in un’esperienza condivisa, carica di emozioni autentiche. Tuttavia, l’avvento dei social media ha introdotto una pressione costante verso la registrazione e la condivisione, contribuendo a un cambio di paradigma significativo nella fruizione di questi eventi.
Oggi, assistiamo a un pubblico spesso più concentrato sulla cattura del momento tramite lo smartphone piuttosto che sulla musica stessa. I concerti, un tempo focolai di energia e interazione, si sono trasformati in palcoscenici di vetrina, dove prevalgono schermi luminosi invece di visi entusiasti. Questa situazione ha reso difficile per gli artisti percepire la vibrazione e la passione del pubblico, ormai perdido tra le immagini digitalizzate che competono per l’attenzione. La fruizione dell’arte musicale è stata distorta da un’esigenza di “registrare” piuttosto che “vivere”.
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Le dinamiche che si instaurano durante un concerto riflettono questa evoluzione: i fan, nella loro frenesia di immortalare il momento, dimenticano l’importanza del coinvolgimento sincero e della connessione emotiva con l’artista sul palco. I concerti rischiano così di diventare ritratti passivi invece di esperienze immersivi. Per affrontare questa nuova realtà, è cruciale un cambiamento di mentalità: riportare il focus sull’essenza della musica e sull’esperienza umana pura, al di là del filtro dei social. La proposta del trapper Lazza di limitare l’uso dei cellulari ai concerti si inserisce appieno in questa ricerca di autenticità e connessione profonda, invitando a riconsiderare il modo in cui viviamo e condividiamo la musica.
Il dibattito: ricordi personali o ostentazione sui social?
La tensione tra il desiderio di preservare ricordi personali e la necessità di mostrare un’immagine curata sui social media è diventata un tema centrale nei concerti contemporanei. Da un lato, molti partecipanti agli eventi live vedono nel documentare l’esperienza un modo per rivivere i momenti salienti; dall’altro, esiste una crescente consapevolezza che questa pratica possa tradursi in una mera ostentazione. La questione si complica ulteriormente quando si considerano i costi dei biglietti e l’investimento di tempo e denaro che i fan affrontano per assistere a un concerto. A fronte di questa spesa, il desiderio di mantenere un ricordo tangibile diventa quindi comprensibile.
Tuttavia, la linea sottile che separa il ricordo dal desiderio di approvazione sociale è sempre più sfocata. Il bisogno di condividere ogni istante su piattaforme come Instagram e Facebook porta spesso a sacrificare l’intensità dell’esperienza dal vivo, trasformando l’evento in una serie di post e storie pensate per raccogliere “mi piace” piuttosto che vivere appieno la musica. In questo quadro, i concerti, invece di rappresentare un’opportunità di connessione autentica tra artisti e pubblico, diventano un palcoscenico virtuale dove il valore di un momento è misurato in termini di visibilità.
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Questo dibattito si intensifica ulteriormente di fronte alle iniziative di artisti come Lazza, che esprimono chiaramente la loro avversione a questa pratica. La sua posizione evidenzia un desiderio di ritornare a esperienze più genuine, dove il pubblico può essere parte attiva di un evento senza l’interferenza dei dispositivi. È una chiamata all’azione per una riflessione collettiva su come vogliamo vivere i concerti: come ricordi personali da custodire o come opportunità di ostentazione. Un equilibrio è necessario per restituire ai concerti il loro valore intrinseco, formulando domande rilevanti su cosa significa, realmente, vivere la musica.
Verso un futuro senza cellulari nei concerti?
La crescente propensione di artisti di spicco a limitare l’uso dei cellulari nei concerti sta alimentando un dibattito acceso sulla possibile evoluzione delle esperienze live. Se la tendenza in atto continua a guadagnare consensi, potrebbe nascere un contesto in cui le regole nei luoghi di spettacolo cambiano profondamente, simile a quanto avviene nei cinema, dove i dispositivi mobili sono normalmente vietati durante le proiezioni. Tale trasformazione potrebbe restituire la centralità che i concerti hanno sempre avuto, ridando valore all’emozione e all’interazione diretta.
Numerosi artisti, dal pop al rock fino alla musica trap, sono sempre più vocali riguardo alla loro esigenza di vedere il pubblico impegnato nella fruizione musicale e non nell’immortalare il momento per la sua successiva condivisione online. Questa visione ha portato Lazza e i suoi colleghi a dichiarare esplicitamente che desiderano scenari dove il pubblico possa essere presente, attivo e coinvolto, evitando la distrazione rappresentata da schermi che illuminano il pubblico invece di illuminare la scena.
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Nonostante ci siano critiche riguardo alla privazione della possibilità di portare a casa un ricordo tangibile, è fondamentale considerare che il valore di un’esperienza non risieda sempre in un video da ripostare sui social. C’è una differenza sostanziale tra la conservazione di un ricordo e la sua ostentazione. La spinta a tornare all’autenticità non è solo una questione di preferenze individuali, ma rappresenta una sfida collettiva per rivedere le nostre priorità durante eventi live. Dunque, mentre siamo sull’orlo di un possibile ripristino dell’esperienza concertistica nella sua forma più pura, sorgono interrogativi su cosa potremmo guadagnare da un’assoluta disconnessione dai social durante queste occasioni speciali.
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