La finanza islamica sta cambiando grazie al Fintech
Il fintech è uno dei fenomeni più interessanti degli ultimi anni. Esploso a cavallo tra il 2014 e il 2015, si è imposto nel settore bancario, facendo nascere nuovi attori, pressando insistentemente i grandi colossi globali e cannibalizzando chi non si è mosso per stare al passo con l’innovazione.
Ma che cosa è realmente il fintech? Altro non è che la digitalizzazione e l’innovazione tecnologica applicate ai sistemi bancari in tutti i suoi aspetti (back, middle, front office, servizio ai clienti, metodi di pagamento, raccolta dati e così via). Un settore che ha fatto letteralmente il boom negli ultimi anni. E non è difficile immaginare il perché. Con la montante crisi finanziaria, che ha inevitabilmente allungato i suoi tentacoli sulle banche, diminuendo ricavi e profitti, il fintech è stata una manna dal cielo. L’innovazione tecnologica ha permesso di abbattere i costi operativi, favorendo una politica di tagli e di chiusura delle filiali che ha fatto rinsavire i bilanci di molti poli bancari. È la vittoria delle tecnologie p2p e crowdfunding, che aprono nuovi canali finanziari e danno al cliente stesso una gestione molto più semplificata delle proprie attività, con il conseguente annullamento di inutili costi di gestione. Il fintech, insomma, è un presente già solido per le banche di tutto il mondo.
ANCHE LA FINANZA ISLAMICA SI STA ADEGUANDO
E se concetti come blockchain, criptocurrency, crowdfunding, peer-to-peer stanno sempre più penetrando nel linguaggio comune del business bancario, anche la finanza islamica è interessata da questa rivoluzione. Certo le opportunità sono ancora limitate, così come gli attori, ma la sfida per il 2017 era proprio questa: aprirsi e sfruttare al massimo il fintech. Per poter dare continuità a una crescita sensazionale. Per poter diminuire il gap con le banche tradizionali e uscire dalla nicchia di mercato. Per eleminare le barriere d’ingresso e fornire maggiori servizi finanziari ai milioni di musulmani che ancora non hanno un conto in banca. Ne scrivevamo proprio a inizio anno. E qualcosa si è mosso.
L’interesse continua a crescere. Tanto che l’Islamic Financial Services Board (IFSB, l’organo internazionale più importante della finanza islamica insieme all’AAOIFI) ha dedicato un’intera sezione all’ascesa del fintech, alle sue applicazioni e allo stato della legislazione vigente nel suo Stability Report 2017. Anche Ernst & Young (EY) ha dato rilevanza alla materia in un report intitolato Banking in Emerging Markets – GCC FinTech play 2017. Ed è proprio in questo paper dettagliato che gli autori sostengono che il fintech “non sia un’opzione, ma un imperativo assoluto per le banche islamiche per continuare ad allargare la loro fetta di mercato”.
LE CAPITALI DELLA FINANZA ISLAMICA
Dubai e Kuala Lumpur, capitali della finanza islamica in perenne competizione, si sono portate già avanti. A Dubai, in particolare, è stata da poco lanciata un’iniziativa promossa dal centro finanziario e dal Dubai Islamic Economic Development Centre (DIEDC) per attrarre le migliori startup e coltivare un terreno fertile per la rivoluzione digitale nel settore bancario. Già a inizio, a dire il vero, la città emirata aveva lanciato un importante contest, il FinTech Hive, per finanziare progetti innovativi. Il governo malese, invece, ha messo a disposizione un fondo da circa $48 milioni per foraggiare e sostenere la crescita di aziende attive nel fintech.
APP E PIATTAFORME
Le applicazioni sono svariate. Dai più semplici metodi di pagamento, fino a più complessi sistemi di transazione e di raccolta di big data resi possibili grazie al sistema blockchain. Ma nel carrello della spesa c’è molto altro. Piattaforme per il crowdfunding o per il trading finanziario. Sistemi operativi p2p che annullano l’intermediazione bancaria. App e piattaforme d’investimento che permettono la valutazione e gestione del proprio portfolio di Murabaha, Mudarabah, Sukuk o oro.
Ma vediamo nel dettaglio alcuni prodotti fintech che fino a oggi sono riusciti a imporsi nella finanza Sharia’a compliant.
BeeHive: è uno dei prodotti fintech più conosciuti nell’universo della finanza islamica. Con sede negli Emirati Arabi Uniti, è una piattaforma online p2p che consente agli utenti di investire direttamente in progetti imprenditoriali halal senza passare dal sistema bancario e seguendo quindi il modello del crowdfunding.
Nasdaq Dubai Murabaha: esempio di innovazione tecnologica rivolta agli investitori istituzionali. Consente infatti alle banche e alle società d’investimento di comprare, vendere e valutare i prodotti Murabaha del Nasdaq Dubai in maniera molto più veloce, efficiente ed economica. Molti centri finanziari islamici, inoltre, hanno piattaforme digitali proprie per operazioni legate ai Sukuk.
Islamic Trade Banc: app che consente di fare trading in conformità con la Sharia’a. Gli utenti possono comprare, vendere e fare operazioni su oro, azioni, Sukuk, commodities, indici e fondi Sharia’a compliant.
Whaed: è una piattaforma americana che, grazie a un robot, traccia tutti i prodotti finanziari Sharia’a compliant e consente ai propri utenti di gestire il proprio portfolio e di eseguire transazioni direttamente dal cellulare.
Yielders: è una piattaforma digitale creata appositamente per il mercato Sharia’a compliant britannico. Consente ai propri utenti di raccogliere capitali tramite il crowdfunding per investirli eticamente nel settore immobiliare.
EthisCrowd: il principio e il funzionamento è lo stesso di Yielders, ma questa piattaforma digitale è stata pensata e realizzata esclusivamente per il mercato indonesiano, dove la finanza islamica è in continua crescita.
OneGram: sicuramente uno dei prodotti più interessanti e innovativi nell’universo halal. OneGram, infatti, ha sviluppato la prima criptocurrency agganciata all’oro con l’aiuto della tecnologia blockchain. Per semplificare, anche se con la dovuta riserva, si può dire che OneGram è il bitcoin della finanza islamica.
Liwwa: è una piattaforma libanese che offre occasioni di investimento per le piccole e medio imprese dell’area mesopotamica. Il sito consente sia di agire come finanziatori sia come imprenditori alla ricerca di capitali.
Shekra: è un incubatore d’azienda. Fornisce i capitali necessari per avviare un’attività e assisterla nei suoi primi passi. È attivo soprattutto nel mercato egiziano.
KapitalBoost: anche questa come altre già citate è una app di crowdfunding per le piccole e medie imprese.
La lista non è completa. Occorrerebbe inoltre aggiungere tutti quei sistemi interni che le banche stanno adottando per venire incontro alle nuove esigenze dei loro clienti. E, anche, per allargare la platea sia a livello generazionale – i famosi Millennials – sia a livello sociale – chi è ancora escluso dal benessere economico e quindi dai servizi finanziari. Secondo lo Stability Report 2017 dell’IFSB, le piattaforme di crowdfunding islamiche sarebbero circa 110, di cui 80 operante nei paesi dell’Organizzazione per la Cooperazione Islamica (OIC).
Ma le sfide sono ancora molte. Se le startup nella finanza tradizionale fioriscono, quelle nel settore Sharia’a compliant non hanno dimostrato di saper tenere il passo. Il loro grado penetrazione è ancora troppo basso. Secondo poi un sondaggio di EY, gli operatori tradizionali hanno ancora poca dimestichezza con il fintech e, di conseguenza, mancano il know-how e le professionalità adatte per favorire questa rivoluzione. Perché se da una parte il fintech non è un’opzione, ma un imperativo assoluto, dall’altra ci devono essere le condizioni sistemiche necessarie affinché il settore attraversi una crescita reale e sostenuta.
Lo sforzo deve essere di tutti: banche, investitori, istituzioni finanziarie e organi internazionali. Perché i limiti della finanza islamica li conosciamo tutti. Alte barriere all’ingresso. Poca apertura ai retailers. Consistenti fasce della popolazione musulmana ancora senza servizi finanziari. Accesso scarso o nullo ai canali di finanziamento per le piccole e medie imprese. Il fintech risponderebbe a questi problemi, aprendo una nuova era per la finanza Sharia’a compliant.
Giovanni Prati per ActionNews Agenzia di stampa