Jeans iconici di Sydney Sweeney e il confronto con lo stile di Brooke Shields 45 anni fa

L’enigma dei jeans e dei geni nella pubblicità di Sydney Sweeney
Sydney Sweeney, protagonista della recente campagna pubblicitaria di American Eagle, ha scatenato un acceso dibattito con un gioco di parole che unisce il mondo della genetica a quello della moda. Nel video, l’attrice, due volte candidata agli Emmy, afferma: “Genes are passed down from parents to offspring, often determining traits like hair color, personality, and even eye color. My jeans are blue”, sottolineando la similitudine fonetica in inglese tra “genes” (geni) e “jeans” (denim). Viene così creato un cortocircuito linguistico tra l’eredità biologica e la scelta dell’abbigliamento, mettendo in luce una duplice interpretazione: da un lato, i tratti genetici che definiscono l’identità fisica, dall’altro il capo di abbigliamento simbolo di stile e personalità.
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La campagna punta a enfatizzare la qualità e l’identità dei pantaloni attraverso questa ambigua affermazione, per poi confermare con la voce fuori campo che “Sydney Sweeney ha ottimi jeans”. Tuttavia, il doppio senso si presta a molteplici letture, in cui si può intendere anche che l’attrice possieda “ottimi geni”, ossia caratteristiche fisiche ammirate, come la pelle chiara, i capelli biondi e gli occhi azzurri, elementi che hanno alimentato la discussione pubblica.
La reazione del pubblico e la posizione di American Eagle
L’uscita dello spot con Sydney Sweeney ha immediatamente generato una reazione polarizzata sui social network. Molti utenti hanno criticato la scelta comunicativa, interpretando il doppio senso della campagna come un elogio implicito a tratti somatici legati a un ideale di bellezza specifico, sostenendo che l’attrice, bionda con occhi azzurri, rappresenti uno standard genetico privilegiato. Commenti su piattaforme come Twitter e TikTok hanno espresso perplessità e polemiche riguardo a una possibile implicita celebrazione di un concetto di “gènes supérieurs”.
In risposta alle crescenti accuse e al dibattito pubblico, il marchio American Eagle ha dovuto ufficializzare una precisazione. Il brand ha sottolineato che la campagna è esclusivamente incentrata sui jeans e sulla modalità personale di indossarli, escludendo ogni riferimento a caratteristiche genetiche o biologiche. Attraverso comunicati e interviste, l’azienda ha ribadito il proprio impegno a valorizzare la diversità e l’inclusività, assicurando che il messaggio intendeva celebrare la personalità e lo stile individuale attraverso il capo di abbigliamento e non tratti somatici.
Il parallelo storico con lo spot di Brooke Shields del 1980
Il dibattito scaturito dalla campagna di Sydney Sweeney richiama alla mente un precedente storico risalente a 45 anni fa, quando Brooke Shields era la protagonista di una celebre pubblicità per Calvin Klein. All’epoca, la giovane testimonial di appena quindici anni pronunciò la frase: “The secret of life lies hidden in the genetic code. You wanna know what comes between me and my Calvins? Nothing”, giocando sull’ambiguità fra il codice genetico e la pelle nuda a contatto diretto con i jeans Calvin Klein.
Questo spot storicizzato fu oggetto di grande attenzione mediatica e contribuì a definire un modello di comunicazione che univa moda, sensualità e riferimenti biologici, generando discussioni analoghe a quelle odierne. Come nel caso di Sweeney, anche allora la sottile correlazione tra “genes” e “jeans” venne sfruttata per veicolare un messaggio ad alto impatto simbolico, mettendo al centro non solo il capo d’abbigliamento ma anche un ideale estetico legato all’identità e al corpo.
Il parallelismo evidenzia come le campagne pubblicitarie continuino a utilizzare giochi di parole e doppi sensi per creare narrazioni persuasive, capaci di attirare attenzione ma anche di sollevare critiche, quando l’ambiguità sfiora questioni sensibili come quelle dell’identità, del corpo e dei codici genetici.
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