Intervista a Tomaso Marzotto Caotorta di Iban
“Per le start up”, dice Tomaso Marzotto Caotorta, segretario generale della associazione IBAN (Italian Business Angels www.iban.it), “in Italia c’è vivacità e più qualità che in passato, ma ancora molta carenza di cultura d’impresa e poca attenzione a capire ed utilizzare gli strumenti finanziari più adatti.
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La figura del Business Angel in Italia ad esempio non è ancora ben compresa”. L’organizzazione dei B.A.N. (Business Angels Network) è costituita da più soggetti i quali possono intervenire in maniera visibile e continuativa, direttamente o come sponsor agli start up. Ogni rete locale si attiene rigidamente alle regole di comportamento indicate dalle associazioni italiana (IBAN) ed europea (EBAN) dei Business Angels voluta dalla Commissione europea.
“Dei 1.963 progetti esaminati solo dal 14 gennaio al 28 marzo 2013 dal nostro network”, spiega il dott. Tomaso Marzotto Caotorta”, solo il 18 per cento sono stati oggetto di investimento da parte dei dichiaranti. Questo evidenzia il crescente rigore del processo di selezione dei progetti in circolazione (era il 23 per cento l’anno precedente) che mira maggiormente alla qualità a discapito della quantità”.
L’Angel Investing è parte integrante di un più ampio comparto denominato “Early Stage”, che oggi in Italia vale 169 milioni di euro suddiviso in 502 operazioni all’interno del quale il peso degli investimenti dei Business Angels, voluti dalla Commissione europea, costituisce una parte importante. Investitori informali nel capitale di rischio è la definizione italiana del termine anglosassone Business Angels.
“Secondo noi la situazione delle start up in Italia potrebbe migliorare se solo si tenesse conto delle best practices a livello europeo, e si adottassero soluzioni più snelle sia a livello normativo che a livello fiscale e si riducessero gli iter burocratici. Meno proclami e più fatti aiuterebbero i talenti italiani, che ci sono e che dovrebbero poter essere incentivati in modo adeguato da scelte politiche che siano strategiche e non a breve ma a lungo termine , soprattutto per evitare che buone idee emigrino e si stabiliscano nuove imprese e start up fuori dall’Italia. Dopotutto ad esempio i fondi europei sono distribuiti in tutti gli Stati membri e non consentire a chi ha idee e voglia di fare di utilizzarli in modo adeguato nel proprio Stato è un errore che rischia di mettere in ginocchio la nostra Italia”.
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L’associazione IBAN è stata di recente interpellata dalla Consob, Divisione Strategie Regolamentari, Ufficio Analisi di Impatto della regolamentazione per un parere in merito alla consultazione pubblica avviata riguardante il Regolamento in materia di “Raccolta di capitali di rischio da parte di start-up innovative tramite portali on-line”.
“Le nostre osservazioni in merito, che abbiamo sottoposto alla Consob”, dice Tomaso Caotorta,”sono maturate a seguito di riflessioni interne sulla base della nostra esperienza e di quella degli associati e sulla base di riflessioni maturate all’interno della Commissione VC di AIFI, a cui la nostra Associazione partecipa e di un gruppo di lavoro coordinato dal Consorzio Camerale per il Credito e la Finanza presso la CdC di Milano.
Abbiamo precisato che, dal nostro punto di vista, la raccolta fondi tramite il Crowdfunding, ancorché sia a tutti gli effetti una raccolta di mezzi finanziari atti ad aumentare il patrimonio della Start Up target, non debba considerarsi un vero e proprio aumento di capitale, ma piuttosto debba considerarsi una raccolta ‘polverizzata’ di capitale, rivolta ad un elevato numero di sottoscrittori; i quali, mediante l’apporto di piccoli importi (dell’ordine delle decine o centinaia di euro ciascuno) forniscono mezzi finanziari a start up di loro interesse, per importi totali che vanno dai 50mila ai 500mila euro e non richiedono in cambio necessariamente garanzie assimilabili a quelle richieste dai sottoscrittori di quote di capitale azionario di aziende già strutturate, ma semplicemente: una informativa sulle azioni svolte, una trasparenza e snellezza nelle operazioni, una propria visibilità fra quelli che hanno contribuito, un ringraziamento, un gadget, il recupero dei propri soldi in caso di successo .
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In altre parole, anche sulla base di esperienze estere, riteniamo che lo strumento Crowdfunding non debba essere assimilato e quindi sostituirsi ad altri canali di raccolta di capitale di rischio già esistenti, ma piuttosto possa essere uno strumento integrativo degli stessi o addirittura una via alternativa per altri tipi di progetti”.
L’associazione IBAN ritiene che le start up innovative che oggi potrebbero utilizzare questo strumento non superino le 200 l’anno in tutta Italia e di queste, è probabile, che solo una quota parte abbia intenzione di farlo. “Tutto ciò premesso e tenuto conto che, anche se di importi ridotti, si tratta pur sempre di mezzi finanziari di terzi, versati nelle casse di imprese nascenti e ad alto rischio” spiega Marzotto Caotorta,”ci sembra comunque necessario che siano fissate un minimo di regole di trasparenza e di comportamento che consentano, da un lato il rapido decollo di questo strumento e dall’altro portino ad una profonda riflessione e preparazione in capo ai ‘portali’ ed ai loro gestori affinché selezionino bene le proposte prima di proporle sul web e che il tutto abbia poi i requisiti per soddisfare i sottoscrittori”.
I principi che ad IBAN sono parsi più adatti ad ottenere quanto sopra esposto ed al tempo stesso a consentire a CONSOB di indicare le regole di comportamento, traendo spunto dalla propria esperienza di regolatore della raccolta di pubblico risparmio, ancorché in una dimensione ben diversa da quella in cui è abituata ad operare, sono stati:
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Porre un limite alla raccolta di fondi, limitandola a 1 ML/€ (infatti, la media degli investimenti in start up nel 2012 è stata di 350k € per i BA e di 1 ML/€ per i VC);
Introdurre un concetto di “gradualità” nella severità delle regole, avendo segmentato i livelli degli importi raccolti: regole meno rigide se la raccolta è inferiore ai 500k e più complete se è compresa tra i 500k e 1 ML/€;
Considerare l’apporto di capitale raccolto con il crowdfunding non come un importo da destinare alla sottoscrizione di quote azionarie di capitale sociale, ma semplicemente come apporto finanziario al patrimonio della start up stessa, iscritto a bilancio in una posta apposita e magari anche all’interno di un unico “veicolo” che raggruppi e possa rappresentare i numerosi sottoscrittori.
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“Il quadro regolamentare proposto nella bozza pubblicata” dice Tomaso Caotorta “risulta, a nostro avviso, eccessivamente vincolante e non adatto alla fattispecie, soprattutto per la scelta di aver richiamato la disciplina prevista dalla Direttiva MiFID in merito alla tutela dell’investitore. Infatti, all’art. 30 del DL 179/2012, coordinato con la legge di conversione 221/2012 pubblicata in GU n. 294/2012, comma 5, lett. d) viene fatto riferimento semplicemente alle ‘regole di condotta che i gestori di portali devono rispettare nel rapporto con gli investitori, prevedendo un regime semplificato per i clienti professionali’.
Pur tenendo conto dell’impianto regolamentare esistente in Italia, anche con riferimento alla tutela dell’investitore, si sottolinea che la ratio della disciplina è quella di promuovere un nuovo segmento di mercato”.
E’ importante prevedere , secondo IBAN, quindi, una procedura di autorizzazione snella e semplice, basata però su chiare garanzie offerte da parte di chi voglia aprire queste piattaforme online dedicate alla raccolta di capitale, creando meccanismi di trasparenza e informazione per rendere chiaro ai cittadini che – come in ogni investimento – corrono sempre il rischio di perdere il capitale investito.
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Una volta assicurato un livello adeguato di informazione e trasparenza e man mano che lo strumento si diffonde e entra nella cultura degli italiani, si può pensare che possa diventare particolarmente utile e un volano davvero unico per le startup al fine di reperire risorse per crescere.
Sempre nell’ottica di creare un mercato dei capitali al servizio delle start-up, l’associazione IBAN suggerisce un ampliamento e una puntualizzazione della platea di investitori professionali riconosciuti nell’art. 26, comma 1, lett. a) atto a ricomprendere in modo chiaro anche la categoria dei Business Angels; ovvero gli investitori informali in capitale di rischio che già operano su questi segmenti con professionalità e con un know how maturato nel tempo, tanto da farli accreditare nell’ambito di un’Associazione nazionale di categoria (IBAN – Italian Business Angels Network).
Uno degli scopi primario è garantire una maggiore tutela nei confronti dell’investitore e dare maggiore trasparenza allo sviluppo di start up realmente innovative. Occorre migliorare i rapporti tra investitori e start up ed affrontare il tema della gestione della base azionaria allargata, con riferimento ai profili di governance e investor relations, attraverso la previsione di titoli partecipativi correlati a diritti patrimoniali e non amministrativi.
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“Tenuto conto del contesto ‘digitale’ con cui si svolgono questi rapporti tra proponenti e sottoscrittori/investitori”, sottolinea Tomaso Caotorta,”sarebbe opportuno introdurre lo strumento di ‘reputazione on line’, tramite il quale gli investitori possano esprimersi circa il comportamento corretto o meno dei proponenti e dei gestori del portale”.
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