Intelligenza artificiale vietata in Europa: scopri quali sistemi sono esclusi dal mercato
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Sistemi di intelligenza artificiale vietati in Europa
Con l’introduzione dell’AI Act, l’Europa ha compiuto un passo significativo nel regolare l’uso dell’intelligenza artificiale. A partire dal 2 febbraio, una serie di applicazioni e sistemi di intelligenza artificiale sono stati dichiarati non utilizzabili sul territorio europeo. Questo provvedimento mira a proteggere i cittadini da possibili abusi derivanti dall’uso di tecnologie avanzate. Tra i sistemi vietati vi sono applicazioni che possono manipolare le scelte delle persone e sfruttare le loro vulnerabilità, e interventi non autorizzati nella loro vita personale. La Commissione europea ha fornito linee guida specifiche per applicare queste normative, delineando chiaramente le restrizioni e le proibizioni. Analizziamo, di seguito, quali sono i principali sistemi d’intelligenza artificiale che non possono essere utilizzati in Europa.
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- Manipolazione e sfruttamento delle vulnerabilità: Le tecnologie di intelligenza artificiale che utilizzano approcci subliminali o manipolativi sono state messe al bando per proteggere la scelta e il benessere individuale. Ad esempio, sistemi che impiegano messaggi subliminali o tecnologie capaci di modificare l’umore delle persone non possono più essere commercializzati. Inoltre, i chatbot che impersonano familiari per scopi fraudolenti sono anch’essi vietati. È fondamentale proteggere i cittadini dalle truffe, specialmente nei confronti delle categorie più vulnerabili, come i bambini e gli anziani.
- Social scoring e le sue implicazioni: I sistemi basati sull’IA per il punteggio sociale, che valutano i cittadini in base a comportamenti e caratteristiche personali, sono stati vietati per evitare discriminazioni e ingiustizie. L’uso di algoritmi capaci di trarre conclusioni sulla vita degli individui, influenzando l’accesso a servizi o prodotti, è stato dichiarato inaccettabile. Questa misura è volta a garantire che i dati personali non siano utilizzati per pratiche discriminatorie, come l’assegnazione di prestiti sulla base di fattori non pertinenti.
- Polizia predittiva e profili di rischio: L’AI Act vieta l’uso di sistemi in grado di prevedere comportamenti criminosi sulla base di dati demografici, come età o nazionalità. Le performance predittive che si basano esclusivamente su tali criteri non sono ammissibili, poiché questo approccio potrebbe portare a ingiustizie e violazioni dei diritti umani. Le autorità non possono fare uso di tecnologie che giustifichino misure punitive sulla base di profili di rischio non fondati.
- Identificazione biometrica in tempo reale: L’uso di sistemi di identificazione biometrica in tempo reale negli spazi pubblici è fortemente limitato. Le eccezioni sono solo per la ricerca di persone scomparse o alla prevenzione di minacce specifiche. Pertanto, la polizia non può utilizzare questi strumenti per monitorare la popolazione durante eventi pubblici, garantendo un fondamentale rispetto dell’intimità e dei diritti civili.
- Riconoscimento delle emozioni e limiti normativi: L’impiego dell’intelligenza artificiale per rilevare emozioni nei luoghi di lavoro e nelle scuole è anch’esso vietato, salvo che a fini strettamente medici o di sicurezza. Questa legge protegge la privacy degli individui scongiurando l’uso maligno delle tecnologie di riconoscimento emotivo, che potrebbe influenzare indebitamente l’ambiente lavorativo o scolastico.
Manipolazione e sfruttamento delle vulnerabilità
Le nuove normative europee introducono misure rigorose al fine di tutelare i cittadini da pratiche ingannevoli e manipolative nel campo dell’intelligenza artificiale. In particolare, il divieto di utilizzare sistemi di IA che sfruttano vulnerabilità personali rappresenta un passo fondamentale verso la protezione della privacy e dell’autonomia individuale. L’uso di tecniche subliminali, come messaggi visivi impercettibili, è stato bandito per evitare che gli utenti siano influenzati in modi subdoli e inconsistenti, compromettendo così la loro lucidità nel prendere decisioni. È cruciale che i cittadini siano protetti dalle tecnologie progettate per alterare il loro comportamento attraverso manipolazioni psicologiche, che possono risultare particolarmente dannose per i soggetti più deboli, inclusi bambini e anziani.
Il divieto si estende anche a sistemi di intelligenza artificiale che impersonano persone fidate mediante chatbot, pratiche utilizzate per scopi truffaldini. Queste soluzioni, seppur tecnologicamente avanzate, possono avere conseguenze devastanti, quale ad esempio l’esposizione a frodi nei confronti di utenti vulnerabili. Le autorità europee sottolineano l’importanza di proteggere le persone da tentativi di inganno che adoperano l’IA per sfruttare le loro fragilità psicologiche o sociali. Inoltre, i sistemi che incentivano comportamenti pericolosi, come giochi digitali a rischio per i più giovani, sono anch’essi inclusi nelle restrizioni, evidenziando l’impegno a garantire un ambiente digitale sicuro e sano.
Le misure adottate non solo treggono gli individui, ma pongono anche interrogativi etici sul ruolo che la tecnologia deve avere nelle nostre vite. La Commissione Europea, attraverso queste normative, si impegna a stabilire un equilibrio tra innovazione e responsabilità sociale, vigilando affinché l’intelligenza artificiale sia utilizzata in modo giusto e competitivo, senza compromettere la dignità umana e i diritti fondamentali. La scrupolosa applicazione di queste regole garantirà che l’evoluzione dell’IA avvenga nel rispetto necessario della collettività.
Social scoring e le sue implicazioni
Il divieto di sistemi di punteggio sociale basati sull’intelligenza artificiale rappresenta una pietra miliare nella tutela dei diritti dei cittadini in Europa. La legislazione stabilisce chiare limitazioni all’uso di algoritmi che valutano o classificano gli individui in base a comportamenti sociali o caratteristiche personali. Queste pratiche, che possono sfociare in discriminazioni sistematiche e in ingiustizie sociali, non possono essere tollerate in un contesto normativo europeo che si impegna a proteggere l’integrità degli individui. L’AI Act ha come obiettivo primario quello di impedire che dati personali vengano abusati per influenzare negativamente l’accesso a servizi essenziali per la vita quotidiana, come prestiti, assicurazioni e opportunità lavorative.
Le normative si estendono anche a contesti privati, vietando l’uso di sistemi di intelligenza artificiale da parte delle agenzie di credito o simili, i quali non possono basare la loro valutazione sulla condotta o sulle caratteristiche personali degli utenti. La commissione sottolinea che la discriminazione basata sul punteggio sociale è non solo allettante dal punto di vista commerciale, ma può anche arrecare danno profondo alla coesione sociale, creando divisioni e ostacolando opportunità di crescita personale e professionale. Questo divieto pone l’accento sull’importanza della trasparenza sull’uso dei dati e sugli algoritmi. Il rispetto della privacy e dei diritti umani è fondamentale; pertanto, ogni tentativo di influenzare il comportamento dei cittadini attraverso valutazioni artificialmente imposte deve essere assolutamente evitato.
In questo contesto, l’AI Act si configura come uno strumento necessario per mantenere un equilibrio tra l’innovazione tecnologica e i valori fondamentali della società. La protezione dai sistemi di social scoring non solo promuove una maggiore equità nelle interazioni quotidiane, ma funge anche da deterrente contro pratiche scorrette che potrebbero portare a disuguaglianze arrecando danno alla società nel suo complesso. La Commissione Europea, attraverso l’implementazione di queste restrizioni, sta creando un quadro normativo che non solo salvaguarda i singoli, ma mira a preservare l’integrità e l’uguaglianza all’interno della comunità europea.
Polizia predittiva e profili di rischio
Il divieto di applicazioni di polizia predittiva rappresenta un’importante misura di tutela all’interno dell’ambito dell’intelligenza artificiale, stabilito dall’AI Act. La normativa proibisce l’uso di sistemi che, attraverso algoritmi di profilazione, prefigurano la possibilità di commettere reati, basandosi su dati demografici come età, nazionalità o altre caratteristiche personali. Questa pratica, infatti, non solo potrebbe condurre a ingiustizie sociali, ma potrebbe altresì violare i diritti fondamentali dei cittadini, creando profili di rischio non giustificati e discriminatori.
Le autorità competenti non possono avvalersi di strumenti che giustifichino misure punitive nei confronti di individui in base a previsioni algoritmiche. Tali sistemi, seppur studiati con l’intento di migliorare la sicurezza pubblica, possono alimentare stereotipi e pregiudizi, risultando così controproducenti per la coesione sociale e la fiducia tra le forze dell’ordine e la comunità. È cruciale che le decisioni in questo contesto siano basate su evidenze concrete e non su valutazioni di rischio infondate che possono ledere la dignità delle persone.
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Inoltre, l’AI Act sottolinea l’importanza della supervisione umana e della giustizia in ogni decisione giuridica. I sistemi algoritmici, sebbene possano analizzare dati in modo efficiente, non possono sostituire il giudizio umano, in quanto mancano della capacità di comprendere le complessità etiche e sociali di situazioni specifiche. Pertanto, il ricorso alla polizia predittiva deve essere limitato e circoscritto, garantendo che possa avvenire solo in contesti ben definiti e sotto rigorosi controlli, per evitare di scivolare verso una sorveglianza indiscriminata e non ratificata dalla legge.
Le linee guida europee, che accompagnano l’AI Act, mirano a sensibilizzare le autorità riguardo a come queste tecnologie debbano essere implementate in modo etico e responsabile. Le valutazioni di rischio non devono mai tradursi in una giustificazione per trattamenti iniqui o discriminatori, ma piuttosto fungere da avvertimento sulla necessità di procedere con cautela in un campo così delicato come quello della sicurezza pubblica. La protezione dei diritti umani rimane un obiettivo primario, affinché la tecnologia non diventi un mezzo di oppressione ma piuttosto uno strumento di tutela.
Identificazione biometrica in tempo reale
Il rinnovato AI Act stabilisce restrizioni severissime per l’uso della identificazione biometrica in tempo reale negli spazi pubblici, orientandosi decisamente verso la tutela della privacy individuale e dei diritti civili. I sistemi di riconoscimento facciale che operano in modalità continua per scopi di sorveglianza sono così vietati, in quanto questi approcci sollevano significative preoccupazioni etiche e legali. L’uso di tali tecnologie da parte delle forze dell’ordine è consentito in circostanze molto limitate, ad esempio nel caso della ricerca di persone scomparse o di gravi minacce alla sicurezza pubblica, e solo con specifici permessi delle autorità competenti. Questa normativa rappresenta un fondamentale passo verso il rispetto dell’intimità degli individui, evitando che i cittadini vengano monitorati incessantemente in contesti che non giustificherebbero un simile grado di sorveglianza.
È importante notare che, mentre la prevenzione di crimini e comportamenti antisociali è legittima, l’AI Act proibisce misure che possano sfociare in una forma di controllo sociale invasivo e generalizzato. Laddove l’uso della tecnologia sia stato pensato per apportare benefici, è necessario che sia implementato all’interno di quadri normativi rigorosi che prevengano qualsiasi abuso, garantendo che non ci siano ripercussioni sproporzionate sui diritti dei cittadini. La Commissione Europea ha chiaramente affermato che strumentalizzare l’IA in contesti pubblici senza un’equilibrata supervisione possa compromettere la fiducia della pubblica opinione nelle istituzioni, aumentando il senso di paura e insicurezza tra gli individui.
In aggiunta, rimane cruciale il dibattito etico riguardante il bilanciamento tra sicurezza e libertà personale. La legislazione sull’identificazione biometrica in tempo reale rappresenta una risposta alle preoccupazioni circa la sorveglianza di massa e il rischio di discriminazione da parte delle forze dell’ordine, specialmente in ambiti dove la libertà di espressione e di movimento dovrebbe essere garantita. Le linee guida della Commissione Europea, pertanto, enfatizzano che le tecnologie di monitoraggio devono essere impiegate solo nel rispetto dei principi fondamentali della dignità umana, e nel pieno rispetto delle norme legali che difendono i diritti individuali. L’attenzione è sempre rivolta alla prevenzione di eventuali abusi e alla creazione di un ambiente in cui i cittadini si sentano protetti, ma mai oggetto di un eccessivo controllo.
Riconoscimento delle emozioni e limiti normativi
Il riconoscimento delle emozioni da parte di sistemi di IA è soggetto a rigide restrizioni nei contesti scolastici e lavorativi, sulla base del principio di tutela della privacy e della dignità individuale. Il divieto, sancito dall’AI Act, si applica in particolare alle tecnologie che tentano di dedurre gli stati emotivi attraverso l’uso di webcam o sistemi di riconoscimento vocale. Queste pratiche, sebbene possano apparire innocue o perfino benefiche per la gestione delle dinamiche aziendali o educative, sollevano significativi interrogativi etici e pratici.
L’uso di algoritmi per monitorare e valutare le emozioni di studenti e dipendenti durante prove di ammissione o responsabili di interazioni quotidiane può infatti sfociare in malintesi e abusare della vulnerabilità degli individui. Non è raro che tali tecnologie vengano interpretate male, con il rischio di creare un ambiente di lavoro o di apprendimento oppressivo, dove il benessere psicologico risulta compromesso. La legislazione, quindi, vuole tutelare i cittadini dagli effetti potenzialmente dannosi di un ingerenza continua nella loro vita emotiva.
Vi sono, tuttavia, eccezioni a questo principio; l’uso di tali sistemi è consentito solo in contesti medici o per ragioni di sicurezza, sottolineando l’importanza di un utilizzo giustificato e limitato. Questa linea divisionale è fondamentale per garantire che le tecnologie non siano impiegate come strumenti di controllo o valutazione indiscriminati, proteggendo al contempo situazioni relative ad emergenze sanitarie o necessità di sicurezza.
Inoltre, il riconoscimento delle emozioni può incidere sul modo in cui gli individui interagiscono con le istituzioni. Se le loro emozioni vengono monitorate e analizzate, potrebbero apparire vulnerabili a manipolazioni o discriminazioni in base a elementi non quantificabili dei loro stati d’animo. L’accesso a opportunità professionali o accademiche potrebbe essere influenzato da interpretazioni erronee delle loro reazioni emotive.
Alla luce di quanto sopra, la Commissione Europea ha stabilito chiare indicazioni per l’attuazione di queste normative, garantendo che le pratiche di riconoscimento emotivo siano sempre guidate da principi di equità, trasparenza e rispetto dei diritti umani. L’AI Act non solo segna un passo avanti nella regolamentazione dell’IA, ma si impegna a costruire una società equa e rispettosa, libera da forme di controllo subdole e da pratiche invasive che non possono mai trovare giustificazione nel contesto della dignità umana.
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