Impatto dell’intelligenza artificiale sulle professioni femminili
Nel 2024, il mercato del lavoro ha registrato un incremento significativo dei professionisti coinvolti nella tecnologia dell’intelligenza artificiale, arrivando a ben 300.000 unità, un dato che potrebbe nascondere insidie specifiche per le donne. Un’analisi dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (Ilo) ha rivelato che l’impatto dell’AI sul lavoro femminile sarà notevolmente differente rispetto a quello maschile. Infatti, si prevede che almeno l’8,5% delle donne impiegate possa essere sostituito dall’AI, contro un tasso di solo 3,9% per gli uomini. Questo fenomeno è correlated al fatto che molte professioni femminili si collocano in ambiti particolarmente colpiti dall’automazione, come quello degli impiegati d’ufficio.
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In questo contesto, è cruciale considerare i settori più vulnerabili all’adozione dell’AI. Le professioni legate ai servizi d’ufficio, ai call center e al settore della ristorazione, occupati da un’alta percentuale di donne, sono a rischio di obsolescenza a causa della crescente automazione. Gli studi indicano un rischio di perdita di posti di lavoro che potrebbero aggravare, piuttosto che ridurre, il divario di genere già esistente nel mercato del lavoro.
È necessario, quindi, adottare misure per garantire che l’AI non diventi uno strumento di esclusione per le donne. La riqualificazione e l’aggiornamento delle competenze devono diventare obiettivi prioritari, per permettere alle donne di adattarsi ai cambiamenti del mercato lavorativo, che richiederà sempre più professionisti con competenze tecnologiche avanzate. La formazione specifica in ambito STEM (Scienza, Tecnologia, Ingegneria e Matematica) potrebbe rappresentare una soluzione efficace per migliorare la posizione occupazionale femminile e per combattere le inevitabili disuguaglianze che l’AI potrebbe amplificare.
Gender gap nel mercato del lavoro
Nonostante i progressi nella lotta per la parità di genere, il mercato del lavoro continua a presentare un divario significativo tra uomini e donne. Secondo un rapporto di EY-Manpower Group, il panorama occupazionale sta evolvendo, con una crescente domanda di professioni tecniche e altamente qualificate, tipicamente dominate dagli uomini. Questo fenomeno rappresenta una sfida per le donne, le quali, pur essendo sempre più attive nel mercato del lavoro, faticano a conquistare posizioni di rilievo in settori chiave.
Il gender gap si manifesta non solo in termini di occupazione, ma anche nei livelli retributivi e nelle opportunità di carriera. Attualmente, le donne occupano solo il 42% della forza lavoro globale, con una porzione ancora più ristretta in ruoli di leadership, dove tali percentuali scendono al 25%. Queste statistiche evidenziano un quadro preoccupante, particolarmente nel contesto dell’intelligenza artificiale, che ha il potenziale di amplificare ulteriormente le disparità. L’Ilo ha messo in luce come un eventuale processo di automazione possa lasciare molte donne esposte a lavori a basso salario e scarse opportunità di avanzamento, poiché le occupazioni a rischio sono spesso quelle in cui il tasso di occupazione femminile è più elevato.
Risulta quindi cruciale che le politiche pubbliche e aziendali affrontino attivamente questa problematica, sviluppando programmi mirati per incentivare la partecipazione femminile nei settori tecnologici. Ad esempio, programmi di mentorship e formazione dedicati possono incoraggiare le donne ad intraprendere carriere in ambiti STEM. Inoltre, è essenziale promuovere una cultura aziendale inclusiva che valorizzi la diversità e favorisca l’accesso delle donne a posizioni di responsabilità. Solo attraverso un impegno coordinato sarà possibile ridurre significativamente il divario di genere nel mercato del lavoro e garantire pari opportunità per tutti.
Necessità di aggiornamento delle competenze
La rapidità con cui l’intelligenza artificiale si sta integrando nel mondo del lavoro rende impellente un aggiornamento delle competenze, in particolare per le donne. Man mano che la domanda di professionalità nel settore tecnologico continua a crescere, le donne devono affrontare la sfida di riqualificarsi per rimanere competitive in un mercato del lavoro in evoluzione. Lo studio condotto dall’Osservatorio 4.Manager di Confindustria e Federmanager ha evidenziato un notevole aumento dei professionisti esperti in AI, passati da 40mila nel 2019 a oltre 300mila nel 2024. Questo aumento ha portato ad un incremento della partecipazione femminile, dal 30% al 40%, indicando una tendenza positiva, ma non sufficiente.
Per le donne che attualmente occupano posti precarizzati o a bassa qualificazione, l’accesso a programmi di formazione specializzati risulta fondamentale. Questi programmi dovrebbero concentrarsi sull’insegnamento delle tecnologie emergenti e delle competenze digitali, affinché possano essere preparate a occupare ruoli richiesti nel mercato. È cruciale che le aziende, in collaborazione con istituzioni educative, implementino corsi di formazione pratici e teorici, per garantire agli individui un know-how adeguato alle esigenze attuali e future.
Inoltre, è essenziale promuovere un ambiente di lavoro che favorisca la continua formazione. Le organizzazioni dovrebbero riconoscere l’importanza di investire nello sviluppo professionale dei propri dipendenti, e in particolare delle donne. Creare un percorso di crescita che contempli mentorship, coaching e opportunità di networking può favorire non solo l’aggiornamento delle competenze, ma anche l’emergere di nuovi talenti femminili in ambiti definiti tradizionalmente maschili.
In un contesto in cui l’intelligenza artificiale continua a trasformare le dinamiche di lavoro, è chiaro che l’adeguamento delle competenze non è solo una necessità, ma un’opportunità per le donne per ribaltare i pregiudizi di genere e accedere a nuove possibilità professionali. Investire nella formazione tecnologica è, dunque, un passaggio cruciale verso un futuro lavorativo più equo e inclusivo.
Algoritmi e pregiudizi di genere
La questione degli algoritmi e del loro impatto sulla parità di genere è complessa e intricata. Molti dei sistemi intelligenti utilizzati per le assunzioni, l’analisi delle prestazioni e le promozioni, sono influenzati da pregiudizi di genere intrinsecamente presenti nei dati storici sui quali sono addestrati. Questo significa che, se i dati di input contengono informazioni discriminatore o stereotipi, gli algoritmi non solo li apprenderanno, ma tenderanno anche a perpetuarli. Secondo Barbara De Micheli, esperta in giustizia sociale, gli algoritmi “imparano” dai dati non in modo neutro, ma piuttosto in base a una visione distorta della realtà, influenzata dalla scarsità di rappresentanza delle donne in tali dataset.
Questa distorsione diventa evidente quando consideriamo l’assegnazione delle posizioni nei settori tecnici e di leadership, spesso dominati dagli uomini. Gli uomini tendono ad essere considerati più idonei a questi ruoli, semplicemente perché gli algoritmi si basano su modelli passati di occupazione che escludono le donne. Ad esempio, in un contesto di assunzione automatizzata, un algoritmo potrebbe penalizzare le candidate per ruoli tecnici o di responsabilità basandosi sull’assunto implicito che tali posizioni siano meglio adatte agli uomini. Questo tipo di selezione non solo danneggia le prospettive professionali delle donne, ma contribuisce a consolidare ulteriormente la divisione di genere nel mondo del lavoro.
Il problema diventa più grave considerando che le donne sono sottorappresentate nei dataset utilizzati per alimentare tali sistemi. La crescente dipendenza dagli algoritmi, che ricevono dati da una società intrisa di stereotipi di genere, crea un ciclo vizioso difficile da spezzare. La ricerca di dati più equi e rappresentativi è cruciale per affrontare la disparità di genere nell’ambito tecnologico. La responsabilità non ricade solo sugli sviluppatori delle tecnologie, ma anche sulle istituzioni e le aziende che utilizzano tali strumenti di selezione. Solo attraverso una riflessione critica sull’uso degli algoritmi sarà possibile garantire che non diventino un ulteriore ostacolo per le donne nel mondo del lavoro.
Affinché il potenziale dell’intelligenza artificiale non si traduca in un incremento delle disuguaglianze, è essenziale promuovere la trasparenza nei processi di sviluppo degli algoritmi e garantire che essi siano progettati con un occhio di riguardo verso l’inclusività. Le aziende devono essere pronte a investire nella revisione dei loro processi decisionali automatizzati, introducendo meccanismi di controllo per identificare e correggere eventuali bias di genere. Solo così potremo sperare in un futuro in cui l’AI svolga un ruolo positivo e non discriminatorio nel panorama occupazionale.
Proposte per un futuro inclusivo nel settore tecnologico
Affinché l’intelligenza artificiale possa trasformarsi in uno strumento di parità ed equità, è necessario intraprendere azioni concrete da parte di istituzioni e aziende. Secondo le raccomandazioni del Women7, organismo che promuove le pari opportunità nel contesto del G7, la creazione di organismi nazionali dedicati allo sviluppo responsabile dell’AI rappresenta un passo fondamentale. Tali organismi dovrebbero focalizzarsi su responsabilità, trasparenza e inclusività, con l’obiettivo di monitorare e migliorare i processi decisionali automatizzati utilizzati nel mercato del lavoro.
In primo luogo, è imprescindibile fornire report periodici sui dati utilizzati per addestrare gli algoritmi. Una tracciabilità accurata di questi dati permetterebbe di evidenziare eventuali discriminazioni in atto. Inoltre, la formazione degli operatori impiegati nella progettazione e gestione dell’AI deve includere una rappresentanza diversificata, per assicurare che ogni gruppo sociale sia adeguatamente rappresentato e considerato.
Un altro aspetto cruciale riguarda la valutazione dell’impatto degli algoritmi sui diversi generi. Creare spazi per segnalare in modo anonimo le problematiche legate agli algoritmi discriminatori sarà un passo essenziale per garantire un monitoraggio continuo e una risposta adeguata. È fondamentale garantire un’analisi obiettiva degli effetti delle tecnologie sulla vita lavorativa delle donne.
Progetti innovativi potrebbero altresì provenire da una gestione dell’intelligenza artificiale che non solo minimizza i pregiudizi, ma che aspira a creare opportunità. Annamaria Tartaglia di Angels4Women sottolinea come una gestione oculata dell’AI possa facilitare processi di selezione equi e garantire un’equità salariale basata su analisi dati imparziali. In questo contesto, accelerare l’accesso delle donne nelle professioni STEM e aumentarne la rappresentanza nei team tecnici diventa imperativo.
La promozione di una cultura aziendale inclusiva, che valorizzi la diversità e favorisca l’inclusione delle donne in ruoli dirigenziali nel settore tecnologico, rappresenta una garanzia di progresso. Investire in programmi di mentorship e di sviluppo professionale non solo contribuisce alla crescita delle singole individui, ma anche all’intero ecosistema lavorativo, dove competenze diverse possono coesistere e prosperare. Affrontare le disuguaglianze attraverso politiche mirate e azioni concrete è la chiave per costruire un futuro in cui l’intelligenza artificiale diventi un veicolo per la vera inclusione nel mercato del lavoro.