Hillary Clinton avverte di un complotto contro Kamala Harris in arrivo
Complotti e teorie della cospirazione
C’è complottismo e complottismo, quello che arriva da ambienti considerati di destra, deprecabile, risibile, ignorante e pericoloso, e quello che arriva dalla sinistra, predittivo e coniugato generalmente sottoforma di allarme per la democrazia. In America il complottismo viene chiamato “conspiracy theory”, teoria della cospirazione, ed è una definizione che calza perfettamente con le sparate di ieri di Hillary Clinton in seno alla Clinton Global Initiative, evento organizzato dalla fondazione del marito ex presidente Bill durante l’Assemblea generale dell’Onu.
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Secondo l’ex segretario di Stato di Obama a ottobre salterà fuori qualcosa di grosso «per fare deragliare la corsa di Kamala». «Non so di cosa si tratta», ha aggiunto la Clinton con aria di chi comunque qualcosa sa, «ma sarà enorme, e dobbiamo essere pronti ad affrontarla».
Hillary è una donna di una certa età che non ha mai digerito la sconfitta elettorale del 2016, secondo la sua opinione un furto, se non un attentato, alla democrazia americana, consumato dal rivale di sempre e di tutti, Donald Trump, con l’aiuto della Russia di Putin. Una teoria che anni di indagini della magistratura e commissioni di inchieste parlamentari non sono mai riusciti a dimostrare. In soldoni, anche questa un’autentica teoria della cospirazione che starebbe per ripresentarsi identica nella sostanza, ma in forma tuttora ignota, il mese prossimo a pochi giorni dalle elezioni.
«Ci sono Paesi molto attivi nel tentativo di influenzare le nostre elezioni», ha puntualmente sottolineato la Clinton, «come Russia, Iran e anche la Cina. Forse cercheranno di distruggere la credibilità di Harris con le menzogne», ipotizza l’ex first lady immaginandosi dunque che tale attacco alla Harris sarà uno scandalo creato ad arte che i media di destra divulgheranno rendendosene a loro volta responsabili.
«Sappiamo come funziona il meccanismo, qualcuno mette in giro sui social una storia falsa, tipo quella riguardo me stessa, che conducevo un traffico di bambini per pedofili dal sottoscala di una pizzeria di Washington. I media conservatori come la Fox tv la riprendono, senza fare alcuna verifica, e così anche gli altri sono costretti a riportarla. A quel punto tutti la sentono, anche se è una bugia. Non so cosa accadrà, ma dobbiamo aspettarci qualcosa di grosso».
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La tirannia della narrativa mediatica
Da chi ha avuto tali soffiate la Clinton? I servizi segreti hanno già segnalato supposti casi di interferenze elettorali e fake news ad opera di potenze straniere, in particolare la Russia. Negli ultimi giorni è stato ad esempio segnalato un sito web che si spacciava per un’inesistente emittente di San Francisco, chiamata KBSF-TV, che il 2 settembre ha pubblicato un articolo sostenendo che Kamala avrebbe provocato un incidente stradale in città mentre era procuratore generale della California nel 2011 e che una donna coinvolta è rimasta paralizzata. Una notizia palesemente falsa che però sembra sia stata diffusa dai social di destra molto velocemente. Il sito, aperto in Islanda pochi giorni prima della pubblicazione della notizia, è già stato chiuso e secondo l’Fbi ci sono dietro i russi.
La notizia, seppur minore, potrebbe aver impressionato la Clinton che, sentitasi chiamata in causa per aver vissuto qualcosa del genere, ha preferito prendere precauzioni mettendo in allerta il partito. Tuttavia, ella parla di cose «enormi», non di una grossolana balla facilmente confutabile, e sembra quasi essa stessa una mossa per preparare il circo accusatorio in caso di sconfitta elettorale.
La narrativa mediatica ha un potere innegabile nel plasmare l’opinione pubblica. Consapevole di ciò, la Clinton ha posto l’accento su come i media conservatori, facili alle notizie sensazionalistiche, possano amplificare menzogne e disinformazione. L’esperienza di notizie infondate e di campagne di diffamazione ha segnato profondamente il panorama politico americano, e ciò ha spinto figure come la Clinton a lanciare l’allerta, avvertendo che le elezioni potrebbero nuovamente trovarsi sotto assedio da false informazioni. Il timore è che, in questo clima di disinformazione, anche informazioni veritiere possano essere distorte, contribuendo a un’ulteriore erosione della fiducia pubblica nelle istituzioni.
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Interferenze straniere e disinformazione
Da chi ha avuto tali soffiate la Clinton? I servizi segreti hanno già segnalato supposti casi di interferenze elettorali e fake news ad opera di potenze straniere, in particolare la Russia. Negli ultimi giorni è stato ad esempio segnalato un sito web che si spacciava per un’inesistente emittente di San Francisco, chiamata KBSF-TV, che il 2 settembre ha pubblicato un articolo sostenendo che Kamala avrebbe provocato un incidente stradale in città mentre era procuratore generale della California nel 2011 e che una donna coinvolta è rimasta paralizzata. Una notizia palesemente falsa che però sembra sia stata diffusa dai social di destra molto velocemente. Il sito, aperto in Islanda pochi giorni prima della pubblicazione della notizia, è già stato chiuso e secondo l’Fbi ci sono dietro i russi.
La notizia, seppur minore, potrebbe aver impressionato la Clinton che, sentitasi chiamata in causa per aver vissuto qualcosa del genere, ha preferito prendere precauzioni mettendo in allerta il partito. Tuttavia, ella parla di cose «enormi», non di una grossolana balla facilmente confutabile, e sembra quasi essa stessa una mossa per preparare il circo accusatorio in caso di sconfitta elettorale. Le interferenze straniere non sono semplici incidenti banali dal punto di vista della politica americana; sono percepite come una minaccia diretta alla democrazia. Come ha evidenziato la Clinton, la chiave per affrontare questa sfida risiede nella capacità di riconoscere e combattere la disinformazione, affinché quella verità, che può essere più confusa che mai, possa emergere.
Con la crescente sofisticazione delle tecnologie della comunicazione e dei social media, gli attacchi alla credibilità delle figure pubbliche possono diffondersi in modo capillare e rapido. La Clinton ha messo in guardia anche sulla responsabilità dei media nel verificare le notizie prima di riportarle, soprattutto in un contesto in cui le fake news possono influenzare in modo decisivo il panorama politico. Recenti eventi evidenziano come sia facile generare confusione e alimentare divisioni attraverso informazioni false e manipolate. In questo scenario, la vigilanza e la trasparenza sono elementi fondamentali per proteggere l’integrità delle elezioni e della democrazia stessa.
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La strategia di preparazione al fallimento
Qualora Trump dovesse dunque battere Kamala Harris e tornare alla Casa Bianca, verosimilmente ci si dovrà aspettare un’altra tornata di indagini sulle possibili quanto improbabili interferenze russe e relative richieste di impeachment. Il timore di una sconfitta elettorale porta non solo alla formulazione di un linguaggio difensivo, ma anche alla costruzione di narrazioni che possano giustificare una tale eventualità. Questo approccio non è nuovo nella politica americana, dove le figure di spicco tendono a prepararsi a una sconfitta potenziale attraverso messaggi che mettono in discussione l’integrità del processo elettorale.
La Clinton, evidenziando la necessità di ‘essere pronti’, sembra tentare di preparare il terreno per un racconto alternativo nel caso di un esito elettorale sfavorevole. Questa strategia di comunicazione, basata su timori realistici di disinformazione e interferenze, si traduce in una sorta di assicurazione mentale per i sostenitori e può creare un clima di paranoia, nel quale ogni sconfitta diventa il risultato di forze esterne piuttosto che un voto popolare legittimo.
La narrativa della vittima di un complotto, purtroppo, può generare una divisività che mette a disagio l’intero panorama politico. Allontanandosi dalla responsabilizzazione e dalla trasparenza, si incoraggia la proliferazione di narrative che possono risultare controproducenti per la democrazia. La Clinton sta servendo a un discorso già conosciuto, quello della ‘cospirazione’ che nessuno può effettivamente provare o confutare. La costruzione di questa narrativa alimenta la sfiducia nel sistema democratico, pavimentando la strada per la polarizzazione e la disillusione degli elettori.
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La situazione attuale, in cui i sondaggi mostrano un livellamento tra i candidati, rende cruciale la capacità di mantenere la calma e la lucidità. Se la Clinton dovesse avere ragione riguardo l’imminente apparizione di uno scandalo rivolto contro Harris, la risposta del partito dovrà essere ben più strategica e meditata che non un semplice richiamo alle ‘cospirazioni’ esterne. Sarà invece fondamentale affermare la credibilità del processo elettorale e continuare a cementare la fiducia degli elettori nel sistema democratico americano.
Le lezioni del passato: sogni e realtà nelle elezioni
La storia della politica americana è costellata di lezioni potenzialmente utili per comprendere il presente e prepararsi al futuro, soprattutto in un contesto elettorale ad alta tensione. Analizzando quello che è accaduto nelle elezioni passate, emerge un panorama complesso di aspettative deluse, strategie di comunicazione e la costante influenza delle narrazioni politiche. Nel 2016, per esempio, Hillary Clinton ha affrontato una sconfitta che molti hanno considerato sorprendente. I sondaggi suggerivano una vittoria certa, ma i risultati sono stati ben diversi.
Questo scenario ha alimentato una narrativa di cospirazioni, in cui le cause della sconfitta sono state cercate non solo all’interno del partito stesso, ma anche all’esterno, attribuendo parte della colpa a interferenze straniere e disinformazione. La narrazione del “furto di elezioni” ha avuto efficacia, influenzando le dinamiche politiche e la percezione pubblica. Gli elettori, vedendo come la Clinton ha reagito, potrebbero essere predisposti a credere che qualsiasi esito negativo sia il risultato di un complotto piuttosto che una mera espressione della volontà popolare.
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Manager e strateghi politici, consapevoli dell’impatto delle emozioni e delle paure degli elettori, sanno che un attacco a un candidato può scatenare reazioni difensive. Lezioni simili possono essere tratte dall’elezione di Joe Biden nel 2020, in cui la narrativa della pandemia e delle disuguido degli eventi giocò un ruolo cruciale nel formare l’opinione pubblica. Mentre si prepara per il futuro, Clinton sembra voler adottare una strategia simile, mettendo in guardia i suoi sostenitori riguardo ai potenziali attacchi che potrebbero minacciare la candidatura di Kamala Harris.
In un contesto in cui la sfiducia verso le istituzioni cresce, è imperativo che il partito Democratico impari dalle esperienze passate. La creazione di una narrativa coesa e realistica sulla democrazia e sul processo elettorale potrebbe rivelarsi fondamentale per contrastare non solo gli attacchi esterni, ma anche le disillusioni interne. Essere consapevoli della storia e delle sue lezioni non è solo un esercizio di nostalgia, ma un presupposto critico per affrontare le sfide del presente, rendendo più difficile la manipolazione delle narrazioni da parte delle forze avverse e garantendo, in quest’ottica, una maggiore integrità e trasparenza nelle elezioni democratiche.
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