Il grande e potente Oz, la recensione del film diretto da Sam Raimi con James Franco
A volte anche la magia più potente può non bastare. E’ questo il caso de “Il grande e potente Oz”, ultima fatica di Sam Raimi (“La casa”, i tre Spider-Man, “Drag Me to Hell”) a cui la Disney ha affidato la regia di questo progetto tanto ambizioso quanto rischioso. Se c’è un film della Hollywood dei tempi d’oro che anche i bambini di oggi continuano a guardare con stupore e ammirazione, è proprio “Il mago di Oz”, pellicola diretta nel 1939 da Victor Fleming. Uscito nello stesso anno in cui il regista era impegnato con le riprese di “Via col vento” (e per questo spesso sostituito sul set da una schiera di altri quattro autori che però non vennero accreditati: George Cukor, Mervyn LeRoy, Norman Taurog e King Vidor), la pellicola traeva ispirazione da “Il meraviglioso mago di Oz”, il primo dei quattordici libri dedicati al mondo incantato dello scrittore statunitense L. Frank Baum. Con l’allora sedicenne Judy Garland nei panni della protagonista Dorothy, Margareth Hamilton in quelli della malvagia strega dell’Ovest e Frank Morgan che interpretava cinque personaggi diversi (tra cui lo stesso Mago di Oz), il film fu uno dei successi indiscussi del cinema classico per ragazzi.
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Oggi, a distanza di settantaquattro anni (e dopo due tentativi di tornare nel fatato mondo “Over the Rainbow”, prima negli anni Settanta con il film d’animazione “Ritorno ad Oz” in cui Liza Minnelli, per diretta discendenza, interpretava Dorothy; poi nel 1985 con “Nel fantastico mondo di Oz”, sequel non ufficiale del film di Fleming diretto da Walter Murch) ecco che sbarca nelle sale anche prequel, ovvero la storia di come Oz sia arrivato nella città di Smeraldo e di come abbia fatto a diventare il grande e potente mago temuto e rispettato da tutti. Oscar Diggs (James Franco) è il mago di un piccolo circo itinerante del Kansas con un’etica piuttosto dubbia. Per fuggire da una situazione scomoda, sale su una mongolfiera che lo porterà dritto, complice un tornado, nel fantastico regno che porta il suo stesso nome. Quando pensa di aver dato una svolta alla sua esistenza, fino a quel momento tenuta in piedi da squallidi espedienti e trucchetti da due soldi, Oscar dovrà fare i conti con tre streghe, Theodora (Mila Kunis), Evanora (Rachel Weisz) e Glinda (Michelle Williams), alle quali dovrà dimostrare che è proprio lui il grande mago che una profezia ha destinato ad Oz per salvare il regno dal male. Sfruttando la sua arte per creare illusioni e magie, Oscar riuscirà a trasformerà se stesso nel grande e potente Oz, oltre che in un uomo migliore.
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Ci sono però alcuni elementi da tenere in considerazione prima di approcciare il film di Raimi. Per prima cosa il fatto che il regista e la Disney ce l’abbiano messa davvero tutta per non ricalcare lo stile del film di Victor Fleming, per non riprenderne le idee e le trovate visive e narrative. E tutto per motivi legali. Sebbene infatti i diritti sui libri di Baum siano scaduti da tempo, non è lo stesso per quelli sul film, posseduti attualmente dalla Warner. In attesa di sapere se Raimi sia riuscito a eludere i numerosi cavilli legali legati all’annosa questione, bisogna ammettere che per lui non dev’essere stato affatto facile barcamenarsi in un prequel che per forza di cose avrebbe dovuto riprendere almeno in parte gli elementi centrali del film del ’39, entrati ormai a far parte dell’immaginario collettivo. Pensate alle scarpette rosse di Dorothy (invenzione del film, mentre nelle fiabe di Baum erano grigie): ne “Il grande e potente Oz” non ve n’è traccia, così come della ragazzina del Kansas. Vietati, poi, i balletti sulla strada di mattoni gialli, proibite anche le camminate saltellanti: i sentieri dorati sono stati salvati, ma solo quelli.
Nonostante tutti questi impedimenti, Sam Raimi è riuscito a ricostruire un mondo diverso ma verosimilmente compatibile con quello di Oz ben noto al grande pubblico. Grazie anche all’omaggio alla pellicola di Fleming che il regista ha potuto mettere in pratica, ovvero una delle soluzioni visive più azzeccate del cinema classico. Il film del ’39 infatti iniziava in bianco e nero e in 4:3 (formato considerato lo standard per le pellicole di quegli anni) per schiudersi come un fiore in cinemascope, nel passaggio dal mondo reale a quello fatato di Oz. Questo stesso passaggio lo ha voluto ripetere Raimi con i dovuti aggiornamenti: anche il suo Oz, inizia in bianco e nero e in 4:3 con un 3D quasi impercettibile (e vi assicuro che sedersi in un cinema e vedere lo schermo tagliato in quel modo, oggi, fa davvero uno strano effetto) ma poi quando Oscar Diggs arriva a Oz lo schermo si allarga improvvisamente, si colora di tinte sature e il 3D esplode in tutta la sua profondità.
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Purtroppo la storia e la scelta del cast non arrivano a bilanciare l’immenso lavoro stilistico fatto dal regista. La sceneggiatura piuttosto labile e i dialoghi eccessivamente scarni, anche per una fiaba, non alleggeriscono certo le oltre due ore di durata e James Franco che ammicca e giggioneggia nemmeno fosse il pirata Johnny Depp o Iron-Man Robert Downey Jr. (le due prime scelte della produzione, che però non erano disponibili), non aiuta di certo. Delle tre protagoniste nei panni di altrettante streghe poi, l’unica che riesce a mettere un po’ di verve al personaggio che interpreta è la sempre brava Rachel Weisz. Mentre Mila Kunis, nonostante la trasformazione anche fisica da buona in cattiva, non arriva a un decimo della performance offerta nel ’39 da Margareth Hamilton, e l’eterea Michelle Williams, rassicurante strega buona dal viso paffuto, preferiamo ricordarla in altri ruoli, quelli in cui recitava davvero (“Marilyn”, “Blue Valentine”).
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