Gestire Flame e Crisi online: quando i politici sbagliano.
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Debora Billi non è la prima, né sarà l’ultima, politica a fare una gaffe su Twitter ma di certo ha aperto un ulteriore fronte di polemica. Fino a che punto una figura ufficiale, in questo caso addirittura una responsabile web, può esprimersi in tutta libertà e senza filtri? Fino a che punto un social network può essere usato con inconsapevolezza, come se fosse, semplicemente, il diario personale che si mostra a qualche amico? E’ evidente che nella comunicazione politica degli ultimi anni sia il turpiloquio che l’offesa gratuita sono stati sdoganati. E allora perché tanta indignazione per un tweet? Le risposte non sono facili da trovare, né è facile capire il perché ma si possono, tuttavia, fare alcune ipotesi nel tentativo di dare qualche suggerimento a chi, nel futuro, volesse cimentarsi con i social network e la cura del proprio personal brand (insomma, dell’immagine che di se stessi si dà sul web).
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Vediamo in breve le gaffe e gli errori di Debora Billi (la trovate su Twitter come @Debora_Billi).
Innanzitutto si deve considerare che la pagina Twitter non è privata (a meno che non si imposti l’opzione “proteggi i miei tweet”). Tutti possono leggere quello che viene scritto e, a maggior ragione se si copre un incarico ufficiale, i cittadini possono farsi un’idea di che politici si è da ciò che viene scritto sul proprio profilo. A causa della natura di spazio pubblico che Twitter ha, chi legge i tweet è libero, anche, di commentarli, e se per primo è il gestore del profilo ad essere offensivo come può pretendere che i follower lo trattino con i guanti?
Ecco la Tag Cloud delle parole che sono ricorse più spesso nei commenti diretti al tweet della Billi:
Spesso vengono citati Montecitorio, le istituzioni e la parola responsabile. Non è difficile tirare le somme: i lettori si aspettano responsabilità, si aspettano che un rappresentante delle istituzioni scriva tweet differenti dai loro. E poi gli utenti, come in una grande piazza, danno le loro opinioni e così saltano all’occhio le parole “basssezza”, “vergogna”, “vergognati”, “sbagliato”, “decenza”. E la Billi? La responsabile Web? Ecco cos’ha fatto invece di rispondere agli utenti, o ancora meglio, scusarsi.
Lasciando stare i moralismi ed i giudizi, e guardando la situazione sola dal punto di vista di personal branding non è difficile intuire che una risposta e delle scuse erano il minimo indispensabile, anche perché richieste direttamente dagli utenti. Ma non solo, la Billi continua pubblicando ulteriori ironie e scrive anche un tweet indignato prima di pubblicare le proprie scuse che, per di più, sono un copia incolla su Twitter di un post scritto su Facebook.
E allora, che problema c’è? Beh, è come se, dopo aver detto qualcosa di offensivo ad un’assemblea cittadina, andassimo a scusarci nella piazza del paese vicino. Ogni mezzo è peculiare, ogni ambiente social merita la propria importanza.
E le scuse, arrivate con un giorno di ritardo, non hanno placato gli animi. Cosa fare adesso? Cosa fare in un caso come questo?
Inutile dire che sarebbe meglio evitare casi come questo, ma se un politico sbaglia (e lei non è la prima che cade nell’offensivo di questi tempi) allora l’unico modo per riparare è scusarsi, scusarsi il più in fretta possibile, parlare con le persone e, magari, mandare un messaggio privato di scuse ai follower che hanno letto il nostro tweet, cercando di riparare e, ricordando sempre, che i follower hanno a loro volta chi li segue e più il numero dei loro follower è alto più è alta la visibilità della loro polemica.
E poi si deve aspettare, che lo scandalo si plachi e che i twitteriani (ma in questo caso anche i lettori dei principali quotidiani che hanno passato la notizia) dimentichino. E forse, se il tweet è davvero offensivo, se è lesivo per la carica che si ricopre, se non ci rappresenta o ci rappresenta in modo davvero negativo, forse vale la pena eliminarlo. Su questo punto sono molte le controversie ma si deve pensare che se il web non dimentica, almeno chi visita la pagina Twitter del politico in questione non sarà immediatamente al cospetto del tweet incriminato. Quindi si attenda che chiunque voglia commentare il tweet lo commenti. E poi, dopo un po’, se si ritiene opportuno si elimini il misfatto cercando di dimenticare e magari imparando dall’accaduto ad essere un responsabile web più attento.