Foreste e assorbimento di CO2 ridotto senza neve secondo recente ricerca scientifica

Il ruolo della neve nell’assorbimento di CO2 delle foreste
La presenza della neve nelle foreste temperate del Nord America rappresenta un elemento cruciale per il corretto funzionamento degli ecosistemi e la loro capacità di assorbire anidride carbonica. Questa copertura nevosa agisce come una barriera isolante, proteggendo il suolo dalle escursioni termiche estreme durante l’inverno. La sua scomparsa rischia di compromettere profondamente il ciclo del carbonio, riducendo l’efficacia delle foreste nel sequestro della CO2 atmosferica. Studi recenti, come quello condotto dall’Università di Boston, evidenziano come la mancanza di un manto nevoso stabile porti a un deterioramento delle condizioni del suolo, con ripercussioni dirette sulla crescita vegetativa e sull’assorbimento di carbonio, andando oltre le analisi climatiche attuali che spesso trascurano questo aspetto fondamentale.
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Nel dettaglio, l’assenza di neve incrementa la frequenza di cicli di congelamento e disgelo nel terreno, fenomeno a cui le radici non sono biologicamente adatte, indebolendo così la loro capacità di assorbire nutrienti e supportare la fotosintesi degli alberi. Di conseguenza, pur in condizioni di temperature più elevate durante la stagione vegetativa, la produttività delle foreste diminuisce, causando una riduzione significativa della capacità di assorbimento di CO2. Questo elemento diventa centrale soprattutto nelle foreste decidue del Nord-Est degli Stati Uniti, dove la perdita della neve è già in atto e si prevede un ulteriore peggioramento entro la fine del secolo.
La funzione della neve, quindi, va ben oltre quella di semplice copertura invernale: si configura come un fattore determinante per la stabilità del suolo e la salute degli alberi, elementi imprescindibili per mantenere efficiente il ruolo delle foreste come serbatoi naturali di carbonio. Ignorare questo processo nei modelli climatici limita la comprensione reale della risposta degli ecosistemi forestali agli effetti del cambiamento climatico, portando a sovrastimare la capacità futura di assorbimento della CO2 e sottovalutando le implicazioni ambientali.
Effetti del gelo e disgelo sulle radici degli alberi
La dinamica dei cicli di gelo e disgelo rappresenta uno dei fattori critici nei processi di compromissione delle radici nelle foreste temperate prive di adeguata copertura nevosa. L’assenza della neve elimina l’isolamento naturale che mantiene il terreno a temperature più costanti, esponendo le radici a frequenti variazioni termiche oltre la soglia degli zero gradi Celsius. Questi cicli alternati causano danni strutturali alle radici, riducendone la capacità funzionale di assorbire acqua e nutrienti essenziali per la crescita degli alberi.
Esperimenti condotti in ambienti controllati, come quello svolto negli ultimi dieci anni nel New Hampshire su aceri rossi, sottolineano come la rimozione della copertura nevosa invernale intensifichi notevolmente questi cicli dannosi. Gli alberi in queste condizioni mostrano una crescita radicale compromessa, che si traduce in uno sviluppo ridotto e in una resistenza minore agli stress ambientali successivi.
Da un punto di vista ecofisiologico, le radici non sviluppate per affrontare frequenti scongelamenti subiscono stress ossidativi e danni cellulari che rallentano o bloccano la loro espansione, condizionando negativamente l’intero apparato radicale. Questo effetto ha ripercussioni dirette sulla produttività degli alberi, poiché un sistema radicale indebolito limita l’assorbimento di anidride carbonica e acqua, diminuendo così l’efficacia fotosintetica complessiva degli alberi durante le stagioni calde.
La mancanza della neve quindi non agisce solo come fattore termico, ma anche come un elemento che compromette la salute del suolo e la resilienza dell’apparato radicale, amplificando gli effetti negativi climatici e pongono limiti seri alle capacità di assorbimento della CO2 delle foreste temperate.
Impatto della perdita di neve sulle proiezioni climatiche e sul ciclo del carbonio
La diminuzione della copertura nevosa invernale introduce una variabile finora sottovalutata nelle proiezioni climatiche riguardanti le foreste temperate. Le simulazioni attuali tendono a sovrastimare l’efficienza delle foreste nel sequestro della CO2, poiché non incorporano adeguatamente l’impatto negativo dei cicli di gelo-disgelo sul sistema radicale e, di conseguenza, sulla crescita degli alberi. Applicando i dati sperimentali del New Hampshire a scala regionale, emerge che la perdita del manto nevoso potrebbe tradursi in una riduzione annua dello stoccaggio di carbonio superiore a un milione di tonnellate solo nel Nord-Est degli Stati Uniti.
Questo decremento rappresenta un’alterazione significativa rispetto alle previsioni più ottimistiche e indica la necessità di affinare i modelli ecologici integrando gli effetti delle condizioni invernali. L’instabilità termica del suolo, causata dalla scomparsa della neve, non solo compromette la salute delle radici ma riduce anche la capacità delle foreste di assorbire carbonio in modo sostenibile nel lungo periodo, influenzando l’equilibrio complessivo del ciclo del carbonio.
La complessità di questi fenomeni solleva l’esigenza di una modellazione più articolata e geografica delle risposte delle diverse tipologie forestali. Alcuni ecosistemi potrebbero reagire in misura differente, ma l’attuale mancanza di dati esaustivi sulle variazioni regionali limita la previsione accurata degli impatti futuri. Integrare questi fattori nei modelli di previsione climatica è essenziale per definire strategie di mitigazione realistiche che tengano conto del reale potenziale di assorbimento delle foreste temperate in un contesto di cambiamento climatico globale.
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