Foreste e assorbimento di CO2 ridotto in assenza di neve secondo nuova ricerca scientifica

L’importanza della neve per la salute delle foreste
La presenza della neve sulle foreste temperate rappresenta un elemento fondamentale per la conservazione della salute degli ecosistemi vegetali e il loro ruolo nella mitigazione del cambiamento climatico. In particolare, il manto nevoso svolge una funzione di isolamento termico del suolo, proteggendolo dalle fluttuazioni estreme di temperatura tipiche della stagione fredda. Questo strato naturale impedisce al terreno di subire cicli ripetuti di congelamento e scongelamento, fenomeni che altrimenti comprometterebbero la stabilità biologica e strutturale dell’apparato radicale degli alberi.
Indice dei Contenuti:
Lo studio condotto in una foresta sperimentale nel New Hampshire evidenzia come la sparizione della coltre nevosa, prevista a causa dell’innalzamento delle temperature medie, riduca significativamente la capacità delle foreste di mantenere condizioni stabili durante l’inverno. Senza una copertura protettiva, il suolo subisce escursioni termiche più ampie che mettono sotto stress gli alberi e rallentano la loro crescita. Questa dinamica influenza non solo la vitalità degli aceri rossi analizzati, ma rappresenta un segnale preoccupante per tutte le foreste temperate che condividono caratteristiche climatiche simili.
L’attenzione degli scienziati si sposta quindi sulla necessità di integrare nei modelli climatici la variabile della perdita del manto nevoso, un elemento finora trascurato che può modificare profondamente l’equilibrio ecologico e la funzione di assorbimento del carbonio da parte delle foreste. Una minore copertura nevosa significa un ambiente più esposto a sollecitazioni termiche dannose, con ripercussioni sulla salute generale degli ecosistemi e sulle loro capacità di sequestrare CO2 atmosferica.
Gli effetti del gelo e disgelo sulle radici degli alberi
La ciclicità dei fenomeni di gelo e disgelo indotta dalla mancata protezione del suolo da parte della neve genera condizioni estremamente dannose per l’apparato radicale delle piante forestali. L’assenza del manto nevoso espone il terreno a ripetuti cicli in cui la temperatura oscilla attorno allo zero, un’alternanza che favorisce il congelamento e lo scongelamento dei tessuti radicali. Questi eventi ripetuti danneggiano la struttura cellulare delle radici, compromettendone la capacità di assorbire acqua e nutrienti, e quindi influenzano negativamente la crescita e la vitalità complessiva degli alberi.
Le radici, infatti, non sono adattate a sopportare l’intensità e la frequenza di questi cicli termici che diventano sempre più frequenti a causa del cambiamento climatico. Lo stress termico e meccanico causato dal gelo e disgelo favorisce la formazione di microlesioni e riduce la funzionalità del sistema radicale, limitando lo scambio di gas e la velocità di assimilazione dei nutrienti.
Un esperimento condotto nel New Hampshire, dove alcune parcelle sono state private della protezione nevosa, ha dimostrato che gli aceri rossi sottoposti a questa condizione crescono molto meno rispetto a quelli solo riscaldati durante la stagione calda. Ciò evidenzia come il danno alle radici generato dall’esposizione ai cicli di gelo e disgelo rappresenti un fattore chiave nel rallentamento della crescita e nella ridotta capacità degli alberi di assorbire CO2. La neve, pertanto, agisce come un elemento cruciale che attenua queste sollecitazioni e salvaguarda la funzionalità delle radici durante i mesi invernali.
Implicazioni della perdita di neve per il ciclo del carbonio forestale
La riduzione del manto nevoso invernale comporta impatti rilevanti sul ciclo del carbonio nelle foreste temperate, incidendo negativamente sulla capacità di questi ecosistemi di sequestrare CO2 dall’atmosfera. La perdita di stabilità termica del suolo, dovuta alla minore copertura nevosa, altera i processi biologici del terreno e limita la crescita degli alberi, con una conseguente diminuzione dell’assorbimento di carbonio. Studi recenti stimano che, nel Nord-Est degli Stati Uniti, questa dinamica possa tradursi in una perdita superiore a un milione di tonnellate di carbonio immagazzinato ogni anno.
Questo dato rivela un significativo vuoto nelle attuali proiezioni climatiche, poiché molti modelli predittivi non integrano ancora le implicazioni della scomparsa del manto nevoso sui meccanismi di accumulo di carbonio. La mancanza di neve non solo aggrava i danni alle radici, ma modifica anche la composizione microbica del suolo e i processi di decomposizione della materia organica, elementi fondamentali per il ciclo del carbonio. Ne consegue una minore efficienza nell’assorbimento e nello stoccaggio del carbonio, con ramificazioni a livello globale.
Gli scienziati sottolineano inoltre come questa condizione possa portare a una sovrastima delle capacità di resilienza delle foreste nel sequestro del carbonio, compromettendo le strategie di mitigazione climatica basate sulla gestione degli ecosistemi forestali. La variabilità delle risposte ecologiche tra differenti biomi innevati rappresenta una sfida ulteriore per la modellazione ecologica, che deve tenere conto delle diverse dinamiche legate alla neve e alle variazioni termiche del suolo per fornire previsioni più accurate e utili a orientare le politiche ambientali.
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