Fondazione Don Gnocchi: il fine, la missione e l’identità
La Fondazione Don Gnocchi ha presentato il “Report 2015” (Bilancio di Missione). Il volume raccoglie i dati più significativi dell’Opera istituita nel secondo dopoguerra dal beato don Gnocchi – del quale si ricorda quest’anno il sessantesimo anniversario di morte – con i risultati raggiunti, i progetti realizzati e i momenti più significativi.
Una sessantina di strutture, tra Centri e ambulatori, attive in 9 Regioni; 3 milioni e 300 mila persone assistite in un anno da oltre 5.600 operatori; 266 milioni di euro il valore della produzione.
Una realtà vasta e complessa, oggi leader nel Paese nel settore della riabilitazione, con quasi 70 anni di storia alle spalle, ma sempre attenta a rispondere sempre più e meglio ai bisogni di salute delle persone più fragili.
«Mentre i dati numerici testimoniano la salute della Fondazione – ha commentato il presidente mons. Angelo Bazzari – questo Report ne evidenzia l’animo, ne fotografa la vitalità, ne esprime la passione.
L’importante è scovare le diverse opportunità che si offrono, per rispondere agli impellenti bisogni di salute delle persone più fragili con la professionalità e l’umanità di sempre, elementi che hanno contribuito a maturare negli anni un patrimonio di reputazione molto vasto e un’alta stima nell’operato della “Don Gnocchi”».
«Il 2015 è stato un anno di profondi cambiamenti a livello centrale e territoriale – sono invece parole del consigliere delegato, Marco Campari –.
Oggi la Fondazione Don Gnocchi ha di fronte a sé una grande opportunità: è presente in quasi tutti i settori sanitari e sociosanitari-assistenziali del mondo dei post-acuti. Capacità mediche e organizzative, strumenti informatici, interazione delle risorse e attuazione del percorso sanitario-assistenziale del paziente attraverso i diversi setting operativi presenti nelle strutture».
«Per operare bene in qualunque campo – ha sottolineato l’economista e docente universitario Stefano Zamagni, aprendo gli interventi moderati da Ferruccio de Bortoli – servono un fine, una missione e un’identità. Si tratta di coordinate che caratterizzano la Fondazione Don Gnocchi, la quale svolge il proprio operato non con il solo scopo di alleviare o curare il dolore ai propri pazienti, ma anche e soprattutto con il fine di consolarli e accompagnarli, facendoli sentire meno soli. Sta qui quel valore aggiunto di cui già parlava don Gnocchi nel suo splendido scritto “Pedagogia del dolore innocente”».
Il vescovo ausiliare mons. Erminio De Scalzi, nel portare il saluto della diocesi ambrosiana, ha evidenziato il ruolo della Fondazione «come realtà d’eccellenza nell’ambito dei servizi alla persona a livello nazionale, da sempre al servizio della fragilità.
Nel nostro tempo c’è ancora bisogno di un’Opera come questa e sono lieto che oggi si presenti il frutto del buon lavoro svolto dai suoi amministratori, che si sono impegnati per garantire la sostenibilità in questi anni difficili».
«Non possiamo che esprimere gratitudine e stima per la Fondazione Don Gnocchi – ha aggiunto don Carmine Arice, direttore dell’Ufficio Nazionale per la Pastorale della Sanità della CEI.»
«La Fondazione Don Gnocchi – ha rimarcato l’assessore al Welfare della Regione Lombardia Giulio Gallera – rappresenta da sempre una delle eccellenze milanesi e lombarde, per via della sua storia e della grande capacità di rendere efficace nel tempo il grande slancio caritatevole che è nato con don Gnocchi nel dopoguerra».
«La grande sfida che stiamo perseguendo come ministero della Salute – gli ha fatto eco Emanuele Calvario, segretario particolare del ministro della Salute Beatrice Lorenzin – è quella dell’umanizzazione delle cure, senza la quale qualsiasi ripensamento del ruolo delle strutture sanitarie sarebbe destinato a produrre risultati parziali».
«Don Gnocchi – ha concluso il sottosegretario al Lavoro e Politiche Sociali Luigi Bobba – è stato un gigante della carità. Se analizziamo il Report dell’attività 2015 si vede che questo concetto prende ancor oggi una sua concretezza che non ha nulla di retorico.
Con la riabilitazione e il supporto ai mutilatini nel dopoguerra, don Gnocchi ha letto un bisogno del suo tempo.
La Fondazione è poi rimasta fedele al suo carisma, sapendo sviluppare la sua azione nei decenni successivi con una lettura dei bisogni che man mano emergevano e venendo a configurarsi ai giorni nostri come una realtà del Terzo Settore di grandi dimensioni».